“Il caro amico Alessandro Giunti, Presidente del Coordinamento toscano Benedetto XVI (…) dopo ardua lotta contro la Sla, è spirato, poco fa. Ci uniamo al dolore dei suoi familiari e raccomandiamo la sua anima all’infinita misericordia di Dio”

Questo l’annunzio che ieri 26 settembre 2021 hanno fatto gli amici del “Coetus Joseph Ratzinger – pro liturgia gregoriana”…Conoscere Alessandro voleva dire volergli bene: una persona solare, coerente, coraggiosa, buona, pronta al “combattimento”, che ti incoraggiava con il suo sorriso contagioso…lo incontravamo spesso alle celebrazioni liturgiche nel rito romano antico (è stato un difensore davvero “usque ad effusionem sanguinis” della Messa di sempre) alle manifestazioni della Tradizione e alla annuale Marcia per la vita … Il più bel necrologio lo ha scritto lui stesso in questo articolo che di seguito pubblichiamo dal blog di Sabino Paciolla : “Ironia della SLA” e firmato “un babbo con la Sla”.Scrive Giusi Quaranta : “Io non lo conoscevo ma avevo letto proprio questo scritto dove parlava della sua malattia. E’ facile essere cristiani quando si sta bene. Esserlo e rimanere fedeli con una malattia come la sua è un grande merito davanti al Signore…Sicuramente sta riposando in pace”

In questo mondo in cui si rifiuta la sofferenza invocando la morte per i malati gravi e per gli anziani, in cui si uccidono i bambini nel ventre materno, Alessandro con la sua morte, ci ha lasciato un luminoso messaggio di vita.Per te, caro Alessandro, le nostre preghiere  e grazie per la tua testimonianza. Aiuta anche noi nel momento del trapasso. Che il Signore ti accolga tra le su braccia.

P.C

Ironia della SLA

di Alessandro Giunti

“Accettare le cose che non si possono modificare…”, diceva un vecchio adagio. Ma che c’è di più inaccettabile di una malattia che ti conduce alla morte dopo aver imprigionato una mente vigile in un corpo immobilizzato? L’ineluttabilità di certi eventi rende difficile la rassegnazione: la SLA ti priva del movimento, ti impedisce di fare le cose a cui tenevi di più. Correre, camminare, andare a funghi, coltivare il tuo lavoro, i tuoi impegni sociali, goderti boschi, albe, tramonti, mare e paesaggi sconfinati: tutto questo se lo è portato via la SLA, la Stronza, come la chiamava un malato illustre, il calciatore Borgonovo. 

Ma capacità di ragionamento e sensi intatti ti permettono di godere ancora del meglio che ti riserva la tua vita. Prima di tutto l’amore, quello che dai ai tuoi cari e ai tuoi amici, quello che da loro ricevi e il circuito affettivo che da qui si genera. Quanto più forte è la pena, tanto più tangibile diventa l’amore che la contrasta. E’ così forte, l’amore, che ti sembra di poterlo toccare come un oggetto materiale, o di vederlo e sentirlo nell’aria come una nube di incenso profumato. Ogni bacio, ogni attenzione, ogni cura è un balsamo che lenisce le piaghe del cuore. Un affetto grande che è immagine dell’amore che Dio ha per noi, e che si manifesta tanto più forte nei panni che riceviamo per ripararsi dal freddo che ci attanaglia. Ho tanto freddo in questo momento, ma ho anche tanti panni (di cashmere!). A consolarmi infatti, oltre all’amore di Dio e dei miei cari, c’è anche la possibilità che ho di attingere alle risorse della mente, che mi hanno sempre guidato anche quando stavo bene. 

La prima fra queste è la capacità di stringere i denti nelle avversità e temperarle con tanti sentimenti positivi, tra i quali regna su tutte l’ironia della vita. Sembra che ci voglia un gran coraggio per mettersi a ridere in una situazione come questa, ma a pensarci bene, di fronte a una forchetta che ti cade di mano o a una gamba che cede sotto il tuo peso, richiede meno sforzo riderci sopra che affliggersi e macerarsi. L’ironia in casa mia non è mai mancata, abbiamo imparato l’uno dall’altro a ridere di tutto soprattutto di noi stessi.  “Un po’ per celia, un po’ per non morire” come diceva Madama Butterfly. Quante tensioni, quanti rovelli mentali e quanti strascichi rancorosi ci risparmia una visione della vita scanzonata e positiva anche in frangenti come questo in cui verrebbe spesso da dire “ma che c’hai da ride?”. Che c’ho da ride? Rido perché comunico! Rido perché ricevo baci e cortesie, perché prego, perché sono fedele a me stesso e a quello in cui ho sempre creduto. Rido perché so’ vivo, perché ragiono e perché ogni mattina che vedo il sole sorrido e ringrazio la Provvidenza. 

La mia forza è dentro di me, ma l’amore e l’allegria che ricevo dall’esterno la fanno emergere, la coltivano e la fortificano. Quando la malattia sarà ai suoi gradi peggiori, non lo so se tutto questo riuscirà a sostenermi come adesso, però intanto vivo, rido, prego, combatto la Stronza e amo. 

“Soffrirò… Morirò… Ma intanto: sole, vento, vino, trallallà.”

Miša Sapego

Alessandro Giunti

 (Un babbo con la SLA)