di Alberto De Marchi

È doveroso il ricordo di un fulgido esempio quale fu Pino Tosca all’interno di un convegno esplicitamente dedicato alla Tradizione Cattolica per una molteplice serie di motivi.

Ancor più nello specifico, inerentemente la tematica princeps delle conferenze di quest’anno, “Pensatori e Letterati della Controrivoluzione”: Pino, infatti, fu acuto pensatore e letterato di razza al servizio della nostra “Vandea culturale”; sistematizzatore di opinioni proprie ed altrui, sempre disposto ad ascoltarle tutte ma giammai in un’ottica relativistica, quella stessa che considera equamente corrette tutte le visioni del mondo, bensì in quella che possiamo a tutti gli effetti definire “alla Pio X”, ovverosia col non tollerare le convinzioni erronee, per quanto sinceramente possano essere sentite dagli erranti e – tenendo in considerazione primaria lo zelo caritatevole finalizzato al miglioramento intellettuale e morale, nonché al benessere materiale – traghettarli amorevolmente ma al contempo severamente sulla retta via, quella che giunge a Cristo Nostro Signore per tramite della Sua Santa Chiesa.

Autore di un profluvio tra articoli e saggi, apparsi più che altro sui cosiddetti “fogli d’Area” ma non soltanto, ritiene il qui presente – ma sono sicuro anche tutti voi che state ascoltando o a breve leggerete questo mio modesto intervento – si debba presto procedere ad una sistematizzazione degli scritti di Pino Tosca in modo che più persone possibile vi possano accedere nella maniera più agevole. Per la verità, lavoro principiato dalle benemerite Iniziative Editoriali “Il Cerchio” di Rimini, le quali, già nel 1995 – quando Pino era ancora in vita – provvidero alla raccolta in volume dei lavori più essenziali dell’autore in questione, andando a “formare” quello che è Il cammino della Tradizione e altri scritti, ad oggi “opus magnum” di Pino Tosca, riproposto in veste integrata (specialmente con interventi in chiusura di amici, conoscenti e camerati di Pino) dieci anni dopo, nel 2005, a quattro anni dalla nascita al Cielo del Nostro.

Lavoro in certo qual modo proseguito pochi anni fa da Eclettica Edizioni di Massa, per i cui tipi è nel 2018 apparso Pino Tosca – Un uomo della Tradizione, testo curato dal fratello minore Michele Tosca, appassionato e capace ricercatore storico il quale – nell’apprezzabilissimo insieme di interventi di e su Pino – ci ha permesso di godere specialmente della trascrizione precisa e puntuale di un Corso di Storia Moderna dedicato a “Le insorgenze antigiacobine dalla Vandea ai Cristeros” (passando ovviamente per quelle in territorio italiano) tenuto dal nostro Pino nell’oramai abbastanza lontano 1997 nei pressi di Londra, precisamente al Siddons Institute di Dover House (intitolato a sir Arthur Warry Siddons, 1876 – 1959, matematico e pedagogo britannico). Corso nel quale esplicitamente si parla del diritto/ dovere, per la Storia, di essere revisionista; punto sul quale neppure è necessario mi soffermi: se infatti siamo qui a Civitella del Tronto, presso la “Fedelissima” del fu Regno Duosiciliano, è proprio per ricordare – in opere e in preghiera, col sorriso e col pianto – i dimenticati dalla storia scritta dai vincitori col sangue dei vinti, quindi per un’opera di revisione intellettuale; opera che – ne sono certo – continueremo e già abbiamo svolto al di fuori di questo contesto cameratesco nel senso più alto del termine, nel piccolo o grande a cui le nostre rispettive vite ci hanno già chiamato, chiamano o chiameranno.

Quegli stessi vinti a cui Pino Tosca, pur conscio della fatica cui sarebbe incorso eppure offrendo anche questa per la Buona Battaglia, è riuscito a ridare dignità all’interno di un “partito tricolorato e giacobino” (la perifrasi è dell’amico Pucci Cipriani, che ringrazio una volta ancora di avermi voluto qui insieme a lui e voi)  quale quasi complessivamente fu il MSI (ancorché con le dovute, gloriose eccezioni, tra cui – chiaramente oltre a Pino – l’Onorevole Silvio Vitale, 1928 – 2005, fondatore, per anni direttore e principale animatore della tuttora esistente rivista L’Alfiere – Pubblicazione Napoletana Tradizionalista), per la precisione all’interno della sottocorrente della corrente rautiana denominata “Tradizionalismo Popolare”: e di coraggio, com’è sempre stata sua usanza, Pino Tosca certamente non ha mancato di dimostrarne, affermando, all’interno di un partito ove non in pochi consideravano l’Idea un continuum del Risorgimento e le camicie nere eredi di quelle rosse garibaldine e che festeggiava in pompa magna il venti settembre, che il Fascismo fu certamente una “prassi intuitiva”, per certi versi e in determinati frangenti anche apprezzabile ma non un’ideologia (alla cui categoria faceva invece appartenere liberalismo e marxismo) né tantomeno una “dottrina politico-giuridica” (apice massimo cui possa tendere un qualsiasi portato il quale, oltre a strutturare la vita di un popolo nell’aldiquà, ambisca a prepararlo a quella vera nell’aldilà) come esclusivamente il Tradizionalismo può essere definito (tripartizione desunta dal Tosca direttamente dagli studi dello storico e filosofo tradizionalista spagnolo Francisco Elías de Tejada, 1917 – 1978, tra i numi tutelari del suo percorso d’intellettuale non conforme).

Ma anche, è doveroso ricordare in questo contesto Pino poiché la sua vita è sintomatica di un percorso: magari un percorso similare qualcuno tra noi qui lo ha pure compiuto, certamente lo avrà fatto qualcuno di nostra conoscenza: parlo del passaggio dal mondo della destra pagana e cosiddetta rivoluzionaria a quello della consapevolezza che la Tradizione non può essere altro che Cattolica; quindi una reazione alla precedente visione del mondo o anche una riqualificazione della rivoluzione secondo il significato corretto del termine, che, derivante dal latino “revolvĕre”, ha senso di ri(av)volgimento, ritorno alle agognate origini, non certo di sconvolgimento aberrante contro Dio e l’umanità.

Sono, le seguenti, parole di Pino Tosca in persona: “Dopo qualche mese [dall’incontro col sacerdote salesiano Don Giuseppe Pace, 1911 – 2000, avvenuto nel 1974] tutto il gruppo ‘neo-pagano’ di Europa Civiltà di Torino [il primo movimento all’interno del quale Pino dette prova delle sue innate qualità organizzative e leaderistiche] partecipava, alle sei del mattino, alla Messa ‘solitaria’ nel rito di San Pio V che Don Pace celebrava a Maria Ausiliatrice, nella stanza di Don Bosco”.

Di lì in avanti furono molteplici le attività – politiche e metapolitiche, di milizia e società/socialità – cui Pino si dedicò, sempre e comunque facendo garrire al vento quale vessillo principale la Croce di Cristo. Attività sublimatesi nella fondazione, ritornato a vivere nella terra materna di Modugno, in provincia di Bari, del Centro Tradizione e Comunità nel 1993, tuttora esistente e dal meritorio valore di contribuire a non far spegnere la fiamma del ricordo di un Cavaliere di ventura errante (suo malgrado) per le vie del mondo contemporaneo quale fu Pino Tosca; attività ancor più meritoria agli occhi di chi appartiene alla mia stessa generazione (quando Tosca chiuse gli occhi a questa vita io avevo sette anni appena), che può quindi accedere al pensiero profondo eppure così semplicemente esternato di chi è stato sì dimenticato dalla storiografia ufficiale, ma sono sicuro – tutti quanti qui credo possiamo dircelo – nemmeno avrebbe voluto essere da essa ricordato, magari per piegarlo alle proprie falsità!