Il governatore Enrico Rossi e l’arcivescovo Giuseppe Betori attaccano il convegno in programma a Bergamo in cui si affronterà pure la vicenda del Forteto: «Insulto a don Milani». Intanto Alfonso Bonafede annuncia una inchiesta amministrativa in Emilia.

Ormai è un riflesso condizionato. Ogni volta che qualcuno prova a esprimere un pensiero anche solo leggermente differente dal loro, i progressisti italiani reagiscono invocando la censura, gettando discredito e tirando in ballo l’odio. Convegni, presentazioni di libri, dibattiti: nulla viene risparmiato. Succede così che, per l’ennesima volta, un momento di discussione dedicato a temi importanti diventi il bersaglio di una campagna di mistificazione. In questo caso hanno fatto le cose in grande, tirando in ballo persino un vescovo e un governatore di Regione.

 

Spieghiamo. Il 30 novembre, a Bergamo, si terrà un convegno intitolato «Da Barbiana a Bibbiano». Tra i partecipanti ci saranno il giornalista Pucci Cipriani, il garante per l’infanzia e l’adolescenza del Lazio, Jacopo Marzetti, e Francesco Borgonovo, vicedirettore della Verità. Il titolo dell’evento è piuttosto chiaro. Barbiana è il paese simbolo di don Lorenzo Milani, mentre Bibbiano è l’epicentro dell’inchiesta «Angeli e demoni». Il filo rosso che lega queste due realtà è ovviamente quello dell’ideologia.

Non appena la locandina è stata diffusa sui social network, si è scatenato il pandemonio. È intervenuto addirittura il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze: «Non si può accettare», ha detto, «che la figura di don Lorenzo Milani, servitore esemplare del Vangelo e testimone di Cristo, sia strumentalizzata o peggio offesa, accostando l’esperienza di Barbiana a vicende neppure lontanamente accostabili. Si tratta dell’ennesima distorsione e travisamento che da varie e diverse parti, in maniera ricorrente nel corso dei decenni, è stata fatta e continua ad essere fatta del pensiero e dell’azione di questo nostro sacerdote. Vicende inaccettabili come questa suscitano amarezza e dolore per il ricordo di don Milani, per la diocesi, e per tutti coloro che lo hanno conosciuto».

A stretto giro anche Enrico Rossi, presidente della Regione Toscana, si è fatto sentire. Assieme ai sindaci del Mugello, ha organizzato una marcia a Barbiana.

 

Domenica il governatore e gli altri amministratori si sono presentati nel paese di don Milani per difenderne il buon nome dagli attacchi dei perfidi destrorsi: «L’esperienza di Barbiana è così alta che non può essere infangata. Tutti devono rispettarla e attingere ad essa, come ad una fonte, per riflettere sul presente e sul futuro, proprio e della propria comunità. A me pare che mai come oggi tutti noi siamo chiamati in causa, personalmente, per un impegno di solidarietà verso chi ha bisogno, senza distinzioni di appartenenza nazionali, etniche o di classe», ha detto Rossi. Messaggi di sdegno sono giunti anche dall’associazione Pax Christi e dal Pd.

Luca Lotti ha diffuso un durissimo comunicato stampa contro Simone Pillon, senatore leghista che avrebbe dovuto intervenire al convegno: «Pillon ha superato ogni limite di decenza», ha scritto Lotti. «È inaccettabile che la figura di don Milani venga strumentalizzata per miseri scopi di propaganda politica». Pure il garante Marzetti ha subito pressioni, aggravate dal fatto che egli ricopre un incarico istituzionale.

La levata di scudi, tuttavia, è semplicemente grottesca. Tanto per cominciare, non si capisce per quale motivo un senatore e un garante dell’infanzia non possano liberamente partecipare a un momento di discussione riguardante vicende in cui i minori sono vittime. Soprattutto, però, il convegno non c’è ancora stato, dunque nessuno ha potuto proferire insulti contro don Milani. Non solo: nella locandina del convegno si cita Barbiana come luogo simbolico del «donmilanismo», una tendenza culturale che merita di essere seriamente indagata. Perché è proprio dall’area «donmilanista» che provenivano alcuni fondatori del Forteto, la comunità degli orrori gestita dal padre padrone Rodolfo Fiesoli, a cui – pochi giorni fa – la Cassazione ha confermato la condanna a 14 anni e 10 mesi di carcere per maltrattamenti e violenza sessuale anche su minori.

 

A parlare esplicitamente del legame fra alcuni discepoli di don Milani e il Forteto sono stati, non più tardi del giugno scorso, i soci della sede di Bologna del Centro formazione e ricerca don Lorenzo Milani e scuola di Barbiana. Costoro hanno dato le dimissioni e chiuso la sede bolognese del centro. «Abbiamo appreso», hanno scritto i bolognesi, «che un socio fondatore della nostra associazione di Vicchio, Edoardo Martinelli, è stato anche fondatore del Forteto, poi fuoriuscito, che da anni sapeva delle violenze che ivi venivano commesse». E hanno aggiunto: «I documenti raccolti hanno messo in evidenza la piena commistione tra la vicenda Forteto e Barbiana attraverso l’abuso distorto del pensiero di don Milani, ma anche attraverso l’inerzia di coloro che, consapevoli da anni, avrebbero potuto e dovuto intraprendere una battaglia in difesa dei più deboli».

C’è di più. I bolognesi hanno ricordato che «un noto esponente della nostra associazione di Vicchio, Manrico Velcha, in rete definito segretario generale, ha per anni partecipato al cda della Istituzione Centro di documentazione don Milani del Comune di Vicchio a fianco del pregiudicato per reati di violenza sessuale, atti di libidine violenti e continuati ai danni di minori disabili Rodolfo Fiesoli, partecipazione protrattasi fino al giorno dell’arresto di Fiesoli, 20 dicembre 2011».

Diteci: per quale motivo, a maggior ragione dopo denunce come quella che abbiamo appena riportato, non si dovrebbe parlare dei rapporti fra alcuni seguaci di Milani e il Forteto? I politici toscani, invece di invocare la mordacchia, dovrebbero piuttosto chiedere scusa a nome dei loro predecessori progressisti, che hanno sempre sostenuto e finanziato il Forteto nonostante denunce e condanne per reati ignobili. Lo stesso discorso vale per Bibbiano. Per quale motivo non se ne dovrebbe parlare a Bergamo o in Toscana o in qualunque altra zona d’Italia?

Proprio ieri il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, ha fatto sapere di avere disposto un’inchiesta amministrativa da parte dell’ispettorato del ministero della Giustizia al tribunale per i minorenni di Bologna. In estate Bonafede aveva prima inviato gli ispettori al tribunale di Bologna, poi aveva creato una squadra speciale per investigare sul sistema di gestione dei minori.

 

«Sin dall’inizio ho chiarito che la protezione dei bambini è una priorità», ha detto il ministro, «e su questo fronte andremo fino in fondo. La prossima settimana presenteremo i dati sul monitoraggio degli affidi effettuato dalla squadra speciale di giustizia per la protezione dei minori. È la prima volta che si è in grado di fornire un quadro di dati chiaro, omogeneo e su base nazionale».

Avere dati chiari sarebbe già un enorme passo avanti. E il fatto che si indaghi ancora sui casi emiliani significa che Bibbiano non è stata «un raffreddore», come ha dichiarato il capo della commissione tecnica istituita dalla Regione Emilia Romagna. Il problema è che l’intero universo culturale progressista continua a fare muro. Non vuole che di Bibbiano, del Forteto e dei danni prodotti dall’ideologia si parli. Ecco perché in ogni dove i convegni vengono boicottati o censurati, ecco perché la mistificazione è potente e quotidiana. Hanno paura della verità.

 

Riccardo Torrescura, 23 novembre 2019

fonte La Verità