Tratto da: Destra.it

di Franco Maestrelli

La storiografia italiana, a parte Renzo De Felice, ha sempre classificato il regime portoghese di Antonio de Oliveira Salazar (1889-1970) in maniera sbrigativa tra i movimenti fascisti. Dopo la fine della guerra naturalmente questa classificazione ha comportato il disinteresse e la damnatio memoriae della quarantennale esperienza dello statista portoghese.  Solo un acuto saggio pubblicato nel 2003 da Ideazione scritto dal politologo della Yale University, Juan J. Linz ha proposto una diversa lettura dell’”entre deux guerres” europeo distinguendo le esperienze totalitarie dai governi autoritari e tra questi ha saggiamente collocato l’Estado Novo di Salazar.

Ma come è stato già notato sulle pagine di destra.it tempo fa nella recensione di Domenico Bonvegna delle memorie di Mircea Eliade sul suo soggiorno portoghese (Salazar e la rivoluzione in Portogallo, Bietti, Milano 2013), chi volesse approfondire il regime e la figura di Salazar troverebbe ben poco.  A parte i saggi di Ploncard d’Assac  (Salazar, Edizioni del Borghese, Milano 1968) e Paul Sérant  (Salazar e il suo tempo, Editore Giovanni Volpe, Roma 1963) ormai fuori commercio, dovrebbe ricorrere alla storiografia schiava di quel pregiudizio antifascista.  Nel 2020 però il coraggioso editore Solfanelli di Chieti ha pubblicato un breve saggio dello studioso romano Paolo Rizza intitolato I fondamenti ideali del regime di Salazar. Una rivoluzione sconosciuta del XX secolo che permette quantomeno un inquadramento del pensiero dello statista lusitano.

Rizza non affronta nel libro gli aspetti biografici né elenca le realizzazioni del regime nel lunghissimo arco di tempo di quaranta anni di Governo ma focalizza quelle che potremmo definire le linee guida a cui si ispirò Salazar. Chiamato a ricoprire il ruolo di Ministro delle Finanze dal governo militare che aveva messo fine a decenni di disordini sociali alimentati dalle sinistre e dalla massoneria liberale, comprendenti anche un regicidio e l’assassinio politico di un capo di governo, il giovane e timido professor de Oliveira Salazar assurse presto al gravoso ruolo di Presidente del Consiglio nel 1932 a seguito di un trionfale plebiscito e lì rimase fino a che la malattia lo tolse dalla scena politica nel 1968.

La morte sopraggiunta nel 1970 gli impedì di vedere la distruzione della sua costruzione statale e dell’Impero portoghese ad opera della “rivoluzione dei garofani” effettuata da giovani ufficiali socialisti. Negli anni della sua presenza al Ministero delle Finanze risollevò lo stato economico disastrato del paese e da Capo del Governo estromettendo i partiti politici responsabili sia dello sfascio dell’economia sia dei disordini sociali e indirizzando il paese verso un regime corporativo ottenne la pace sociale in Portogallo. Seppe mantenersi neutrale durante il secondo conflitto mondiale ma questa saggia scelta non gli procurò nel 1945 la riconoscenza delle democrazie liberali occidentali.

In tutte le sue dichiarazioni Salazar manifestò sempre grande attenzione alla famiglia come cellula base della società e si sentì più educatore del suo popolo di cui difese sempre l’eredità storica e missionaria che economista. L’educazione cattolica ricevuta in famiglia e nei primi studi in seminario lo resero l’esempio di governante cattolico fedele alla dottrina sociale della Chiesa all’epoca espressa nella Quadragesimo anno di Pio XI.  Creò l’Estado Novo e definì la sua impresa come Rivoluzione Nazionale anche se nella realtà fu più una contro-rivoluzione che una rivoluzione.

A questo proposito ci si chiede perché Salazar in 40 anni di Governo non abbia previsto la restaurazione monarchica: nel 1908 Re Carlos fu assassinato e il suo successore Manuel fu deposto dal trono due anni dopo e in Portogallo c’era una debole Monarchia liberale e quindi lo statista, pur così legato alla tradizione storica portoghese, non affrontò mai il tema istituzionale. A lui premeva sempre avanti a tutto il riordinamento sociale ed economico del paese e del resto l’esperienza contemporanea della Spagna dimostra che talvolta la scelta della restaurazione monarchica affrettata non dà esiti felici.

In conclusione il saggio di Paolo Rizza rappresenta un’utile introduzione allo studio di questa lunga esperienza politica di cui oggi pare persa ogni eredità anche se, per obiettività, va detto che lo studio è stato condotto su una bibliografia parziale e sui soli testi tradotti in italiano mentre, come dimostra il sopracitato saggio del Linz, nel frattempo negli USA sono apparsi notevoli e aggiornati studi storici. L’invito quindi rivolto a qualche volonteroso ricercatore storico è di allargare lo studio di Salazar.

Paolo Rizza I fondamenti ideali del regime di Salazar. La rivoluzione sconosciuta del XX secolo. 
Edizioni Solfanelli, Chieti 2020, pagine 102, euro 10,00