Un nuovo convegno sui fatti di Bibbiano scatena gli animi dei toscani. Il cardinale Giuseppe Betori e il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi, uniti nella battaglia per la censura.
 
 

Bambini abusati, schiacciati da pressioni psicologiche, plagiati da pensieri umani figli di ideologie esasperate. Dagli scandali del Forteto toscano ai Diavoli della bassa modenese, fino alla più recente inchiesta guidiziara sui bambini di Bibbiano. A distanza di vent’anni le une dalle altre, ripercorrendo queste storie si compongono gli orrori di 50 anni di violenze sui minori che hanno rovinato centinaia di vite e distrutto intere famiglie.

 

 

Ma parlarne è quasi un reato. Dirlo è offensivo e legare vicende che hanno alla base un dato comune, nonché l’ideologia, per qualcuno è strumentalizzazione. Per i progressisti uomini della sinistra la soluzione sarebbe tacere davanti a tanto squallore. Lo avevano fatto intendere agli inizi delle indagini sui “demoni” di Bibbiano, fingendosi, a comodo, garantisti e gridando all’unisono “no alle strumentalizzazioni. Lasciamo che la giustizia faccia il suo corso”. Che importa denunciare gli abusi, le violenze psicologiche sui minori affinchè non si ripetano, in nome di un dovere morale che serva ad accendere i riflettori su un tema che forse, visti i fatti, meriterebbe alcune riflessioni? A loro, niente. L’importante è silenziare le questioni, sopratutto quelle in cui, in qualche modo, i sinistri sono coinvolti, anche solo perchè condividono le stesse ideologie, o hanno creduto in metodi che si sono verificati pericolosi.

É successo di nuovo. Che qualcuno abbia cercato di censurare un momento di confronto e, questa volta, la squadra che si è schierata contro la libera espressione di un pensiero è numerosa e ben assortita. Succede che, il 30 novembre, a Bergamo, si terrà un convegno, Da Barbiana a Bibbiano. Tra gli ospiti, il giornalista Pucci Cipriani, il garante per l’infanzia e l’adolescenza del Lazio, Jacopo Marzetti, e Francesco Borgonovo, vicedirettore della Verità. Il tema è quello dell’abuso dei minori e il titolo fa intuire il focus. Barbiana è, infatti, una località in provincia di Vicchio, il paese in Toscana, casa del celebre don Lorenzo Milani. Bibbiano, il paese nel reggiano finito al centro delle cronache con l’inchiesta “Angeli e demoni”. Un evento per continuare a parlare di storie che mai riusciranno ad essere seppellite e che hanno ancora bisogno di essere tinte della verità più pura, almeno finché la giustizia non farà il suo corso. Ma c’è chi non è d’accordo. Insorgono i garantisti sui social e, a questo giro, dice la sua persino il cardinale Giuseppe Betori, arcivescovo di Firenze. “Non si può accettare che la figura di don Lorenzo Milani, servitore esemplare del Vangelo e testimone di Cristo, sia strumentalizzata”, ha dichiarato. Ci risiamo. Con la stessa filastrocca. Strumentalizzazione sembra essere diventata la parola d’ordine. “Si tratta dell’ ennesima distorsione e travisamento che da varie e diverse parti, in maniera ricorrente nel corso dei decenni, è stata fatta e continua ad essere fatta del pensiero e dell’ azione di questo nostro sacerdote – ha proseguito Betori – vicende inaccettabili come questa suscitano amarezza e dolore per il ricordo di don Milani, per la diocesi, e per tutti coloro che lo hanno conosciuto”.

Eppure ci sono episodi che di amarezza e dolore ne hanno sicuramente causato di più. Che nel titolo della locandina del convegno venga accostata Barbiana ai più recenti fatti di Bibbiano dipende da un fatto semplice e chiaro. È proprio dalla “scuola di don Milani” che provenivano alcuni tra i fondatori del Forteto, la comunità degli orrori gestita da Rodolfo Fiesoli, tornato ad occupare le pagine di cronaca pochi giorni fa quando la Cassazione ha confermato la sua condanna a 14 anni e 10 mesi di carcere per maltrattamenti e violenza sessuale su minori.

A dirlo è chi non avrebbe mai voluto farlo e a cui questa consapevolezza ha provocato sì, sofferenze e tanto, dolore. La “denuncia” è partita da alcuni soci della sede di Bologna del Centro formazione e ricerca “don Lorenzo Milani” e scuola di Barbiana che hanno spiegato del legame fra alcuni discepoli di don Milani e il Forteto. Motivo per cui, hanno poi deciso di dimettersi e tirare giù la saracinesca della sede bolognese del centro. “Un socio fondatore della nostra associazione di Vicchio, Edoardo Martinelli, è stato anche fondatore del Forteto, poi fuoriuscito, che da anni sapeva delle violenze che ivi venivano commesse”, hanno spiegato i soci di Bologna. Che poi hanno aggiunto, senza mezze parole, che “i documenti raccolti hanno messo in evidenza la piena commistione tra la vicenda Forteto e Barbiana attraverso l’abuso distorto del pensiero di don Milani, ma anche attraverso l’inerzia di coloro che, consapevoli da anni, avrebbero potuto e dovuto intraprendere una battaglia in difesa dei più deboli”. Come se non bastasse tra i fatti ricordano che “un noto esponente della nostra associazione di Vicchio, Manrico Velcha, in rete definito segretario generale, ha per anni partecipato al cda della Istituzione Centro di documentazione don Milani del Comune di Vicchio a fianco del pregiudicato per reati di violenza sessuale, atti di libidine violenti e continuati ai danni di minori disabili Rodolfo Fiesoli, partecipazione protrattasi fino al giorno dell’arresto di Fiesoli, 20 dicembre 2011”. Evidentemente si parla di una esasperazione malata, di un utilizzo improprio di un ideologia per compiere atti disumani. Ma infatti, dato che il convegno ancora non si è tenuto, con ogni probabilità nessuno avrebbe partecipare con l’intento di voler infangare il nome di don Milani. Una strana interpretazione di un titolo volto a collegare due vicende purtroppo legate da un filo rosso. Una cosa però è certa: i rapporti tra alcuni seguaci di don Milani e i protagonisti della vicende del Forteto meritano di essere chiariti. Senza censura. Senza che questo possa offendere nessuno che, piuttosto, dovrebbe essere sconcertato dalle ultime denunce.

E invece, a farsi sentire è stato anche il presidente della Regione Toscana, Enrico Rossi. Con lui, anche il sindaco del Mugello, che ha aderito persino ad una marcia a Barbiana. Una trasferta speciale per salvaguardare il nome di don Milani che Rossi ha annunciato persino sulla sua pagina Facebook dove, peraltro, non gli è passato di mente di dedicare due parole alla notizia della condanna del mostro del Forteto. Così, giusto per dire. Della gita ha invece scritto: “L’esperienza di Barbiana è così alta che non può essere infangata. Tutti devono rispettarla e attingere ad essa, come ad una fonte, per riflettere sul presente e sul futuro, proprio e della propria comunità. A me pare che mai come oggi tutti noi siamo chiamati in causa, personalmente, per un impegno di solidarietà verso chi ha bisogno, senza distinzioni di appartenenza nazionali, etniche o di classe”. D’accordo anche Luca Lotti che ha invece diffuso un comunicato contro il leghista Simone Pillon. Anche lui, tra i partecipanti al convegno. “Pillon ha superato ogni limite di decenza”, ha scritto Lotti. Per poi arrivare puntuale al ritornello: “È inaccettabile che la figura di don Milani venga strumentalizzata per miseri scopi di propaganda politica”.

Tutti adirati per la paura che si associ il nome di don Milani alle storie scandalose sui bambini. Nessuno che proferisce due parole per condannare la condotta disattenta (ci si augura) di chi, prima di loro, ha appoggiato e, ancor peggio, finanziato il Forteto nonostante le denunce e le condanne per reati che fanno accapponare la pelle. Per Bibbiano in fondo, è stato lo stesso.

Forse però, qualcuno dovrebbe rendersi conto che è arrivato il momento di mettere da parte la propria tanto amata concezione del mondo progressista e ammettere che condannare i danni di un’ideologia smisurata non ha niente a che vedere con la strumentalizzazione politica. Che difendere le vittime condannando i colpevoli non ha niente a che vedere con la volontà di infangare gli innocenti.

L’insurrezione ingiustificata per ostacolare convegni, eventi, spazi di discussione su Bibbiano, sul Forteto, su Veleno, è una censura contro la ricerca della verità. Perché? Fa paura a qualcuno?

 

Costanza Tosi, 12 novembre 2019 

(fonte ilgiornale.it)