Si intitola Il dio mercato, la Chiesa e l’Anticristo l’ultimo libro di Antonio Socci. Un’analisi appassionata, e di ampio respiro, sull’attuale situazione della Chiesa, situazione ormai oltre i limiti del sostenibile vista la linea Bergoglio e la compresenza di due papi che, al di là delle cortesie cerimoniali, dicono cose opposte. Come leggere quanto sta accadendo? E che cosa ci aspetta? Ne abbiamo parlato con l’autore.

Antonio Socci, il tuo nuovo libro si apre con una citazione di Joseph Roth: “L’Anticristo è venuto: travestito in modo tale che noi, noi che siamo abituati ad attenderlo da anni, non lo riconosciamo. E già abita in mezzo a noi, in noi stessi. E su di noi grava l’ombra pesante delle sue ignobili ali. […] È da tanto che sparge veleno nelle anime innocenti dei nostri bambini. Ma noi non ce ne accorgiamo!”.  Dopo di che proponi anche una frase di Noam Chomsky: “Si credono i padroni dell’umanità e purtroppo lo stanno diventando: la politica democratica ha cessato di resistere loro, spianando la strada alla dittatura incondizionata dei poteri forti, economici e finanziari, che ormai dettano le condizioni della nostra vita pubblica”. Allora, l’Anticristo è già qui e ha il volto dei famigerati poteri forti?

Joseph Roth scrive il suo romanzo nel 1934, al tempo dei totalitarismi e parla dell’Anticristo come un gelido veleno che contagia tutti e ammorba le anime e il linguaggio stesso che ormai ha perso ogni contatto con la realtà e confonde il bianco e il nero, il vero e il falso.  “Il suddito ideale del regno totalitario”, scriveva Hannah Arendt, “non è il nazista convinto né il comunista convinto, ma l’uomo per cui la distinzione tra fatti e finzione, e la distinzione tra vero e falso, non esistono più”. Oggi sembra di trovarsi in una situazione del genere. Non a caso Benedetto XVI ha parlato di “dittatura del relativismo”. Questa dittatura negli ultimi anni è diventata più soffocante di prima. Sembra che sia stata spenta la luce (anzitutto la luce della e nella Chiesa) e sembra non solo che sia stata spazzata via la questione della Verità (è addirittura considerato disdicevole ricordare che la Verità esiste ed esistono il bene e il male e l’ordine della creazione), ma sembra pure che non ci sia più nessuna evidenza riconosciuta. Sembra realizzarsi la “profezia” di Chesterton che prevedeva un tempo in cui sarebbe divampato il finimondo anche solo per affermare che due più due fa quattro o che le foglie sono verdi in estate. Questo clima ideologico – nel mondo e nella Chiesa – ovviamente non si è formato per caso, ma perché i poteri di questo mondo (economici, politici, mediatici) hanno spinto pesantemente in questa direzione ideologica. Del resto si è voluto che la Chiesa cancellasse la “pretesa di verità” del Vangelo e al tempo stesso si è imposto un “pensiero unico” che domina dogmaticamente e non ammette discussione critica o domande.

Sai meglio di me che certi testi di papa Francesco sembrano scritti dal segretario delle Nazioni Unite e che le accademie pontificie invitano ormai regolarmente esponenti del nuovo ordine mondiale. Con questo pontificato la Chiesa cattolica ha sposato il mondialismo, l’ideologia migrazionista, il politically correct, i nuovi dogmi imposti dalla dittatura del relativismo. Ma perché? Secondo te che cosa passa nella mente e nel cuore del papa e degli altri esponenti cattolici che prendono queste posizioni?

Anzitutto vorrei ricordare che Benedetto XVI nel maggio 2013, al Laterano, spiegò che un papa non può e non deve usare la cattedra di Pietro per affermare idee e opinioni sue personali, ma solo e sempre l’insegnamento della Chiesa. Perché il papa non è superiore alla Parola di Dio, ma è suo servo. Con ciò non ci sarebbe da aggiungere altro. Ma immagino che a questo punto qualcuno potrebbe obiettarmi che Bergoglio non è affatto uscito dal mandato petrino e che cerca soltanto una traduzione pastorale della fede adatta ai tempi. Anzitutto è chiaro che la cosiddetta “rivoluzione pastorale” in realtà sta demolendo la dottrina stessa, quindi è una furbesca finzione. Ma tu mi chiedevi il perché e cosa passa nella mente e nel cuore degli attuali vertici. Provo a rispondere a questo. Naturalmente nessuno può giudicare le intenzioni o le coscienze individuali. Tuttavia bisogna dire che quando una persona agisce in buona fede è disposta a prendere atto dei dubia di chi gli sta vicino, a mettersi in discussione e soprattutto a riconoscere le smentite della realtà. In questo caso si poteva anche ipotizzare all’inizio che – in buona fede – si perseguisse l’idea “pastorale” dell’“avvicinarsi” al mondo per riportare gli uomini alla Chiesa, ma già questa idea (equivoca) si era dimostrata fallimentare nel post concilio e soprattutto in America Latina, quindi fin dall’inizio era una strada pessima. Quei risultati fallimentari degli anni Sessanta e Settanta sono stati confermati in questi sei anni, ma nessuno ha avuto ripensamenti: anzi, si è proclamato che bisogna portare fino in fondo la rivoluzione. Allora, errare è umano, ma perseverare è diabolico. Quando poi ai risultati fallimentari si accompagna l’ormai evidente sottomissione ideologica ai poteri di questo mondo (certamente anticattolici) e addirittura il pugno di ferro contro chi, fra i religiosi e i laici, vuole mantenersi fedele all’insegnamento di sempre della Chiesa, direi che siamo di fronte a vertici ecclesiastici che lavorano contro la Chiesa.

Una questione che ti sta molto a cuore e hai studiato a fondo: la rinuncia di Benedetto XVI. Perché Ratzinger si è fatto da parte? Possibile non immaginasse che cosa sarebbe successo dopo? Oppure lo sapeva benissimo ed ha voluto che alcuni processi in corso arrivassero alle estreme conseguenze per contrastarli meglio?

Anche in questo caso nessuno può pretendere di conoscere i pensieri di Benedetto XVI. Di certo papa Bergoglio non è stato eletto da lui, ma da un collegio cardinalizio che palesemente non aveva conoscenza del candidato e durante un conclave e un pre-conclave su cui molte cose sono da chiarire. Ma, per quanto riguarda la rinuncia e la scelta di essere “papa emerito”, io credo che, documenti alla mano, sia ormai evidente che Benedetto XVI non intendeva rinunciare – o rinunciare totalmente – al munus petrino. Come ha spiegato lo stesso monsignor Gaenswein nella famosa conferenza alla Gregoriana: “Prima e dopo le sue dimissioni Benedetto ha inteso e intende il suo compito come partecipazione a un tale ‘ministero petrino’. Egli ha lasciato il Soglio pontificio e tuttavia, con il passo dell’11 febbraio 2013, non ha affatto abbandonato questo ministero”. C’è un altro passo che vorrei sottolineare di monsignor Gaenswein su Benedetto XVI: “Egli non ha abbandonato l’ufficio di Pietro, cosa che gli sarebbe stata del tutto impossibile a seguito della sua accettazione irrevocabile dell’ufficio nell’aprile 2005”. A me sembrano parole esplosive (e non sono mai state smentite dal papa emerito). Il più stretto collaboratore di Benedetto XVI ci spiega che per Joseph Ratzinger “l’accettazione dell’ufficio” di Pietro è “irrevocabile” e abbandonarlo è “del tutto impossibile”. Per quanto in Vaticano si continui a fingere che tutto sia chiaro, a noi cristiani del popolo è lecito porsi la domanda su cosa sia veramente successo nel febbraio 2013 e quale sia oggi la collocazione di Benedetto XVI nella Chiesa.

Di fronte al materialismo totalitario soft, la Chiesa dovrebbe salire sulle barricate, come ultimo baluardo a difesa dell’uomo. Invece appare spesso ansiosa di correre in soccorso del vincitore. Che cos’è? Ignoranza? Il solito, vecchio senso di inferiorità rispetto al mondo? Oppure pura e semplice mancanza di fede?

Io distinguerei – come ci hanno insegnato i santi – la Chiesa dagli uomini di Chiesa. La Chiesa resta la sposa di Cristo, desiderosa di piacere a Dio; invece gli uomini di Chiesa, in parte, si rivelano molto desiderosi di ricevere l’applauso del mondo, cioè dei poteri di questo mondo. Non sembrano molto sfiorati nemmeno dal pensiero del giudizio di Dio. Come ricorderai, Paolo VI confidava all’amico Jean Guitton proprio questa sua angoscia: “C’è un grande turbamento in questo momento nel mondo e nella Chiesa, e ciò che è in questione è la fede. Capita ora che mi ripeta la frase oscura di Gesù nel Vangelo di san Luca: ‘Quando il Figlio dell’Uomo ritornerà, troverà an- cora la fede sulla terra?’”.

E poi proseguiva: “Ciò che mi colpisce, quando considero il mondo cattolico, è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte. Ma esso non rappresenterà mai il pensiero della Chiesa. Bisogna che sussista un piccolo gregge, per quanto piccolo esso sia”.

E quale consiglio ti senti di dare al “piccolo gregge”?

Convertirsi sempre più e restare fedeli e uniti. Fedeli a Cristo, fedeli alla Chiesa, al Catechismo della Chiesa cattolica, fedeli al papato, a ciò che la Chiesa ha sempre e dovunque insegnato da san Pietro a Benedetto XVI: testimoniare la verità come Gesù ci chiede nel Vangelo (cioè eroicamente) e pregare per il ravvedimento di Bergoglio, perché torni sui suoi passi, si corregga e non guidi più la distruzione della Chiesa. Infine pregare Gesù Cristo che ridia visibilmente un papa cattolico alla Sua Chiesa e ci doni di poterlo testimoniare per la salvezza del mondo.

A cura di Aldo Maria Valli

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(Europa Cristiana, 3 marzo 2019) È uscito in questi giorni un nuovo libro della storica Cristina Siccardi, dal titolo I primi anni di papa Francesco e non solo raccontati su “Corrispondenza Romana” – 2012-2018, pubblicato dall’Editore Solfanelli. Si tratta di un’opera particolare: corposa (560 pagine), ma allo stesso tempo di agevole lettura grazie alla sua organizzazione interna, suddivisa in capitoli, ciascuno dei quali propone articoli tanto intensi e belli nel caratteristico stile letterario della Siccardi, quanto attuali e che, proprio per queste ragioni, sono stati tradotti anche all’estero, particolarmente in spagnolo ed in francese.

La chiarezza dei contenuti esposti e la profondità spirituale che vi soggiace contribuiscono a catturare l’attenzione dei lettori, che nella storia ritrovano la bellezza della scoperta di realtà tanto antiche quanto nuove, nell’accezione agostiniana. Nel leggere queste pagine si avrà la sensazione di immergersi nell’inedito dei fatti raccontati e nella bellezza di ritrovare nel passato le certezze perse nell’oggi, così confuso e imbevuto di errori: è la perenne attualità di ciò che è eterno ed immutabile.

La copertina del libro è stata realizzata da Elena Manetti, che cura le vignette per la nostra rivista.

Per gentile concessione della Casa Editrice Solfanelli, cui vanno i nostri più sentiti ringraziamenti, riportiamo un brano tratto dalla Nota introduttiva a firma dell’Autrice:

I primi anni del pontificato di papa Francesco hanno sorpreso e spesso sconcertato molti osservatori, vaticanisti, intellettuali e credenti. Il malcontento, sia clericale che laicale, è forte e assume caratteri diversi a seconda dei contesti, più o meno progressisti, più o meno conservatori, più o meno tradizionali, ma permangono caratteri comuni: la critica, la denuncia, la polemica, talvolta equilibrate e talaltra esacerbate, talvolta gridate e talaltra caritatevoli. Il tutto potrebbe essere riassunto in questi termini: le anime non hanno pace pensando alla Chiesa contemporanea.

 Questo libro si propone come un diario di bordo dei nostri tempi, dove i fenomeni che si sono verificati in questi anni bergogliani risultano essere logica conseguenza di ciò che era stato precedentemente preparato, predisposto e sviluppato.

 Nei tumulti di quest’epoca, nella quale si sono smarrite le coordinate cattoliche della Chiesa, non più in grado di guidare le anime, e collaborando per l’Agenzia di informazione settimanale «Corrispondenza Romana», fondata (1980) e diretta dal professor Roberto de Mattei, è giunto da più parti l’auspicio di raccogliere gli articoli apparsi in sei anni di presenza su questa testata. I contributi scelti toccano più tematiche, dalla cultura alle questioni inerenti la Chiesa, dalla Storia alla devozione, dai Santi, modelli di vita evangelica e maestri di dottrina e di etica, all’Arte Sacra, dal costume alla musica.

 Particolare rilievo hanno, per usare la bella espressione di Ernest Hello, le «fisionomie» dei Santi, proprio perché rimangono testimonianze e insegnamenti di perfezione cristiana eternamente contemporanei e, quindi, immediatamente pedagogici. I Santi sono eterni, perché perennemente in lotta contro il mondo, i suoi valori ed i suoi eroi.

 La Chiesa, come prima Gesù Cristo, ha sempre richiesto, per essere tali, il rifiuto della mentalità mondana e la disponibilità ad essere accusati di ogni nequizia: «Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi.» (Mt, 5, 11-12).

 Al contrario di quanto la Chiesa abbia fatto per quasi duemila anni, i cattolici “adulti”, i cattolici “aperti”, in una parola i modernisti, essendosi dottrinalmente venduti al mondo, devono conciliare l’inconciliabile, vale a dire i Santi con il mondo, Nostro Signore con Satana. A questo scopo provvedono a quella che essi chiamano «attualizzazione» dei Santi, realizzata attraverso parametri di aggiustamento: li confezionano a proprio uso e consumo, scorporandoli dal loro vissuto e dalle loro opere, finanche raccontando menzogne e corbellerie per portare acqua al proprio mulino, nascondendo e camuffando la realtà delle cose, addomesticando e truccando i protagonisti della Chiesa secondo ideologie e opinioni soggettive. […]». Libro disponibile nelle librerie online e non solo.