tratto da: Stilum Curiae

Marco Tosatti

Cari amici e nemici di Stilum Curiae, il video che abbiamo postato poche ore fa su quanto accaduto questa mattina a Cerveteri, dove una messa in streaming e a porte aperte ha provocato l’incredibile – a mio parere, perché contro il buon senso – intervento della Polizia Locale che avrebbe forse fatto meglio a esercitare altrove le sue occhiute funzioni, ha fatto sì che l’avvocato Fabio Adernò ci scrivesse giustamente indignato. Anche perché non vedo perché la gente possa fare la fila al supermercato, dove certamente le possibilità di contatto ci sono, eccome, e non stare seduta all’aperto a tre metri di distanza dal prossimo. Follie del burocratismo italico. Buona lettura.

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Caro Tosatti,

vede, avrei voluto tanto aver torto nell’aver sollevato la questione… e invece la realtà ha superato assai velocemente le mie previsioni, con buona pace della visione irenistica di molti benpensanti che ritengono che l’attuale sospensione delle libertà per motivi di pubblica sanità sia “cosa buona e giusta” (leggasi l’ottimo Marcello Veneziani stamane su La Verità).

La notizia che sia il Suo blog sia alcuni amici mi segnalano è scandalosa e allarmante: a Cerveteri (RM), entro i confini della Diocesi di Porto Santa Rufina, si interrompe in una chiesa all’inizio di una celebrazione di culto attuata con le dovute cautele igieniche (così com’è evidente dal video) in ottemperanza al DPCM ma con una evidente lesione del diritto di libertà di culto e libertà religiosa dei cittadini, tutelati dall’art. 19 cost. e dall’art. 405 c.p., che stabilisce «Chiunque impedisce o turba l’esercizio di funzioni, cerimonie o pratiche religiose del culto di una confessione religiosa, le quali si compiano con l’assistenza di un ministro del culto medesimo o in un luogo destinato al culto, o in un luogo pubblico o aperto al pubblico, è punito con la reclusione fino a due anni»

L’azione dei funzionari della Polizia locale è esuberante ogni margine stabilito dello stesso DPCM che, all’art. 2, lett. v, è esplicito nello stabilire che i luoghi di culto rimangono aperti con le dovute cautele; e ribadiamo che i luoghi di culto servono al culto pubblico, e non a quello privato ovvero domestico, per cui la loro apertura non può che importare un esercizio del culto stesso! Altrimenti non ha senso che stiano aperti.

Naturalmente non possiamo non constatare (e con profondo rammarico) quanto questo increscioso fatto verificatosi a Cerveteri sia – ahinoi – anche il frutto della confusione seguita alle disposizioni della CEI che abbiamo decisamente criticato (e che invece qualcuno ha inteso difendere oltre l’indifendibile, e verso le quali persino il Papa ha mosso alte perplessità, fino a stamattina) e che di fatto parrebbero legittimare, in via ipotetica ma scriteriata, un simile deprecabile comportamento che, lo ribadiamo, è e resta illegittimo da parte dello Stato.

Assistiamo, infatti, a dei funzionari di polizia locale che irrompono in un luogo di culto senza alcun riguardo (col berretto in testa) e turbano in modo brusco lo svolgimento della funzione imponendone l’immediata sospensione, facendo allontanare quei pochi fedeli che si trovavano lì.

Ciò è innanzitutto un reato gravissimo che infrange anche il vigente Accordo tra lo Stato e la Chiesa che all’art. 5, 2 stabilisce che «Salvo i casi di urgente necessità, la forza pubblica non potrà entrare, per l’esercizio delle sue funzioni, negli edifici aperti al culto, senza averne dato previo avviso all’autorità ecclesiastica.».

Oggettivamente non ricorre la fattispecie della “urgente necessità” nella circostanza per la quale un sacerdote sta celebrando una Messa e sul sagrato (che è parte integrante il luogo di culto ancorché ad esso “esterno”), alla distanza prevista e senza recar danno ad alcuno, vi si radunino alcune persone che partecipano spiritualmente con la preghiera personale, poiché detto comportamento è perfettamente in linea col libero e pacifico esercizio di libertà religiosa.

L’intervento della forza pubblica è esorbitante i margini della civiltà giuridica e del rispetto dei diritti soggettivi di libertà a cui tutela qui s’invoca accoratamente e assai rapidamente nelle sedi opportune (CEI, Diocesi di Porto Santa Rufina e Nunziatura Apostolica in Italia) una protesta e un intervento dell’Autorità Ecclesiastica competente perché rivendichi la propria indipendenza e sovranità e la propria libertà di espressione e di esercizio del diritto di libertà religiosa per sé e per i fedeli, poiché è intollerabile una simile ingerenza dello Stato in una materia sulla quale non ha competenza al di là dei limiti marcati dal diritto vigente (come ho già diffusamente avuto modo di osservare).

Con grata stima,

Fabio Adernò

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