di Pucci Cipriani

Riceviamo e volentieri pubblichiamo:Caro Direttore,Oggi ho indossato la storica veste nera della Misericordia con una cerimonia durante la S. Messa presieduta dal Vescovo; con l’occasione sono stato scelto per posare una corona di fiori al reliquiario che conserva il Sacro Cingolo della Regina dei Cieli nella cattedrale della nostra città.

Alberto Ammirati – Prato, 8 dicembre 2021.

Caro Alberto,

non immagini il piacere che mi ha fatto la tua missiva con il video e le foto della tua “vestizione” con la “cappa nera” della nostra gloriosa Misericordia. Scriveva il caro Mons. Luigi Stefani, Cappellano militare della “Tridentina” e Cappellano della Arciconfraternita di Misericordia Madre, quella di Firenze:

“La divisa dei Fratelli della Misericordia si chiama “veste”(…) ha una sorta di eleganza tutta sua; uno stile austero, come si conviene a chi tratta con la sofferenza. La diresti una toga. Il colore è nero, che, nel “linguaggio” della Chiesa, simboleggia il sacrificio e la penitenza. Come la veste dei preti. Ed oggi che i preti hanno appeso a un chiodo la loro sacra veste, quella dei Fratelli della Misericordia è ancor più apprezzata. Cambiarla…sarebbe un errore . La veste è cinta con una corona, anche questa, oggi, in disuso. La benedetta corona del Rosario. Esprime lo spirito di preghiera e di devozione alla dolce protettrice della Misericordia, la Madonna. Nella preghiera ha le sue radici la fede. Alla preghiera attinge la sua fecondità l’amore. (…)Tutto, insomma, in stile evangelico; perfino la tunica , che noi non dobbiamo stracciare!” 
(Luigi Stefani: “Non sono un teologo” Pucci Cipriani Ed. Firenze 1973).

Un tempo la veste della Misericordia era bianca e rossa e i Fratelli portavano un medaglione della Vergine, il nero è il colore della gloriosa Riforma della Chiesa (la “Controriforma”) : anche i preti iniziarono a portare la talare con il Concilio di Trento che fece prosperare congregazioni e vocazioni. Anche i “fratelli” di molte Compagnie iniziarono ad indossare la “veste nera” che, appunto, indica la penitenza, fino alla penitenza estrema ossia la morte: “Memento mori”…ricordati che devi morire. Un tempo anche così si esorcizzava la morte che, oggi, disperatamente, ma invano, si cerca di nascondere. La veste nera è stata fino agli anni 70, la “divisa” dei Fratelli della Misericordia ed è, come la veste dei preti, un “Sacramentale”. Lo ricordava il Cardinale Elia Dalla Costa ai suoi sacerdoti: amatela la vostra talare perché è un Sacramentale, baciatela più volte durante il giorno, perché vi ricorda la penitenza e la sofferenza dei fratelli. E così io, caro Alberto, da vecchio Capo di Guardia della Misericordia, parafrasando le parole del Cardinal Dalla Costa, ti dico: amala e baciala la tua veste, perché è con quella veste che tu hai indossato, con giusto orgoglio, nel giorno dell’Immacolata, che generazioni di buoni cristiani si sono chinati sui malati, sui moribondi, sugli appestati, per portare soccorso ai miseri : Misericordia: Miseris – cor – dare, dare il cuore ai miseri.

La cappa nera ti ricorda che quando soccorri qualcuno, quando hai tra le braccia il malato, tu tieni tra le braccia Gesù…e quando aiuti il “misero”, con un sorriso e un carezza, sorridi e accarezzi il volto e il corpo piagato del Cristo. I fratelli della Misericordia, con la cappa nera che ricorda la penitenza e la morte, sono chiamati ad aiutare, a dare, la vita; ogni e qualsiasi vita dal concepimento alla morte naturale. E quando ti chinerai sul sofferente fai che, sfiorandolo con un una carezza, possa capire che la tua mano è quella misericordiosa del fratello in Cristo e non quella assassina di chi, protetto da leggi inique, lo voglia uccidere…per pareggiare i conti dell’INPS, così come gli “assassini in camice bianco” uccidono, ogni giorno, la vita nel corpo materno.

Ecco, caro Alberto, l’importanza della tua “veste”, l’importanza che un Concilio, il più grande Concilio della Chiesa, seppe dare ai simboli…e la pochezza di un altro Concilio iconoclasta che, insieme ai simboli, sembra aver tolto anche la fede…

Anch’io, amico mio, nel cassetto, ho conservato la mia veste nera che mi ricorda la giovinezza, l’ho conservata, insieme alla corona, per il prossimo, forse imminente, ultimo viaggio, sperando che poche opere di carità servano a farmi perdonare i miei molti peccati.