di Pucci Cipriani

Anche nel mio “verde Mugello” arriva luglio che, per dirla con Renzo Pezzani: _”falcia le messi al solleone” _per , poi, affidarle ad agosto che _”avaro, ansando, le ripone”._

Luglio, il mese agreste in cui i grilli e i ranocchi, a notte, ti fanno lunghe serenate. Ero per dire che con luglio arrivano le lucciole…ma le lucciole non ci sono più : _”Nei primi anni Sessanta – scrive un grande scrittore antimoderno come Pier Paolo Pasolini – sono cominciate a scomparire le lucciole (…) dopo pochi anni le lucciole non c’erano più, sono un ricordo abbastanza straziante del passato”.

E, con le lucciole, tante altre cose care sono scomparse, si lamenta ancora Pasolini nei suoi “Scritti Corsari”, come il latino : “il povero latino delle medie è (ahimè, era! n.p.c.) un primo, minimo mezzo di conoscenza di quella storia che la ferocia capitalista cerca di mistificare facendola sua”.

Poi, con il Sessantotto, anche il latino è scomparso dalla scuola lasciando il posto al “piffero” e, con il Concilio e il “post concilio”, (il  “Sessantotto della Chiesa”, come allora lo definì uno dei suoi sostenitori, il Cardinale Suenens) la Chiesa gettò dalla finestra il latino liturgico e, insieme al latino, il canto gregoriano, le balaustre, i reliquiari (insieme alle reliquie), gli stendardi delle Compagnie, le pianete rinascimentali, i turiboli e le navette, i messali, i candelieri e i manipoli che potevi, poi, trovare, a poche lire, dai robivecchi …ma soprattutto gettò via la “pietà popolare”.

Ho voluto fare questa premessa prima di ricordare la Festa del SS. Crocifisso dei Miracoli, che si venera nella “chiesa dei salesiani” del mio paese, una festa dettata proprio dalla “pietà popolare” perché , vorrei che i lettori mi compatissero, qualora i miei “pezzi” apparissero loro come delle Geremiadi più che delle “care memorie”, perché, sempre citando Pasolini : _”un uomo anziano che abbia un tale ricordo (quello delle lucciole… e non solo n.p.c) non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane,  dunque non può avere i bei rimpianti di una volta”.

Mah…eppure quanti rimpianti (e che rimpianti!) ci sono, eccome!

L’ultima domenica di luglio si festeggiava e si festeggia tuttavia al mio paese il SS. Crocifisso dei miracoli : nel 1400, l’anno giubilare, i pellegrini si recano a Roma, predicando penitenza, per lucrare l’indulgenza plenaria, cantando il “Miserere” e lo “Stabat Mater” e implorando:

_Misericordia, eterno Dio

_Pace pace, o signor pio:

_Non guardate il nostro errore,

_Date pace al peccatore.

E in quell’anno si abbatté su Firenze e sul Mugello una terribile pestilenza che mieteva vittime, per cui molti fuggivano: “Eravi in quei giorni di lutto, in Borgo San Lorenzo, – si legge in “Memorie del Crocifisso dei Miracoli di Borgo San Lorenzo” Ciardetti, Firenze 1838 –  una compagnia di pellegrini scesi dall’Alemagna (…) una gran parte di questi infelici perirono al primo assalto di peste: l’altra si dette a fuga precipitosa abbandonando tutto e perfino l’immagine di Gesù Crocifisso, dietro alla quale avea peregrinato”.

La pia tradizione vuole che la sacra immagine, animatasi, abbia passato la Sieve e si sia fermata nella sede dei “Battuti” presso il Convento francescano: i “Battuti” cambiarono poi nome in quello di “Compagnia del Corpus Domini” e quindi “Compagnia de’ neri” quando cambiarono la cappa bianca con quella nera in segno penitenziale nel ricordo della Passione di Cristo (ad oggi è rimasto sempre il nome di “Compagnia de’ Neri” anche se i confratelli hanno ripreso la “cappa bianca” n.p.c); ancora la benemerita Compagnia, opera, secondo i gloriosi capitoli delle antiche Confraternite, e ad essa è affidata la miracolosa immagine del SS. Crocifisso.

Fin dal 1400 molti furono i miracoli e le grazie che promanavano (e tuttavia promanano) dalla Sacra Immagine di Gesù crocifisso. I primi miracoli: una donna, “chiamata Bona, figlia di una Giovanna di Mugello” fu guarita, al contatto della Sacra immagine dalle sue infermità, essendo cieca, storpia e muta; lo stesso accadde al mugellano Ausone di Cambino , che era storpio a una gamba e guarì “immantinente” dopo aver baciato il volto del Cristo (Cfr. P. Lino Chini “Storia del Mugello” Vol III, pag.31).

Come ci informa Marco Pinelli ne “L’Oratorio del SS.Crocifisso dei Miracoli e la Compagnia del Corpus Domini detta de’ Neri a Borgo San Lorenzo. Arte, storia, devozione” Ed. Dell’Acero, 2000 – sia detto, per inciso, considero questo lavoro di Matteo Pinelli, scritto in un buono e scorrevole italiano (cosa rara oggidì), con un’ottima documentazione ed una eccezionale bibliografia, il miglior libro di storia locale mugellana scritto da cinquanta anni a questa parte – _”per quanto riguarda la Toscana, l’attività delle numerose Confraternite fu bruscamente interrotta nel 1784, quando il Granduca di Toscana Pietro Leopoldo (un “laicista” giacobino, la pecora nera di una famiglia pia e figlia devota della Chiesa come quella dei Lorena n.p.c.), ne decretò la soppressione, con la  conseguente incamerazione dei cospicui patrimoni da parte dello Stato Toscano. Successivamente alle soppressioni (…) le compagnie furono ripristinate, anche se non tutte ebbero la forza di ricostituirsi  nel corso del XIX Secolo vissero un periodo di relativa fortuna, fino all’avvenuta grande “riforma” voluta dal Concilio Vaticano II, che ha notevolmente ridotto il significato e il valore di questa esperienza di vita cristiana, in favore di altre, ritenute più adeguate al mutare dei tempi.” (Cfr. Matteo Pinelli, op.cit. sopra pag 15).

Insomma: “_QUOD NON FECERUNT BARBARI FECERUNT BARBERINI”_

E Pietro Leopoldo, ostile alle Confraternite e alla religione, che convocò il “Conciliabolo di Pistoia”, che decretò l’abolizione del latino e delle Sacre reliquie, la “Messa in vernacolo” etc., fu costretto, con il “suo” arcivescovo giansenista Scipione de’ Ricci, a fuggire, quando il popolo insorse  assaltando  la loro carrozza al grido : “O funzioni vecchie o legnate nuove”…vi fu anche: “il 4 agosto 1844 – scrive ancora Marco Pinelli – il granduca Leopoldo II di Lorena e la granduchessa Maria Antonia delle Due Sicilie (che) inviarono il secondogenito Carlo a pregare davanti all’immagine del SS. Crocifisso , scoperto per l’occasione, per la guarigione del terzogenito Ranieri, che si trovava malato alla villa di Cafaggiolo. Il successivo 7 agosto, lo stesso granduca, si trovò a pregare presso l’immagine del Crocifisso (per cui)fu notato un manifesto miglioramento al momento istesso in cui fu scoperta l’immagine…(Marco Pinelli op.cit. pag 57).

E poi il terremoto del 1919, la ricostruzione, mentre il SS.Crocifisso fu ospitato, temporaneamente, nella chiesa della Venerabile Confraternita di Misericordia.

Ma torniamo ai ricordi, ai rimpianti, alle “lucciole scomparse”…

Quand’io ero ragazzo, nei “meravigliosi anni Cinquanta”, la festa del SS Crocifisso era davvero “grande”  già, durante il triduo di preparazione, al quale partecipavo con i mie familiari – e quante famiglie partecipavano – il SS. Crocifisso veniva “scoperto” mentre i fedeli intonavano a “una voce” quel bellissimo inno scritto da Mons. Bonardi e musicato dal maestro Domenico Bartolucci caro al cuore di ciascuno di noi:

_Da secoli venisti _

_Gesù in mezzo a noi _

_le braccia ai figli tuoi_

_nel gran perdono apristi_

_né stanco è ancor l’amore_

_del tuo trafitto cuore._

_Nostra speranza tu_

_sei pur sempre o Gesù!_

_O immensa carità_

_abbi di noi pietà. _

Ora anche l’inno hanno cambiato…è rimasta la musica, ma i Soloni hanno cambiato molte delle parole, forse troppo compromettenti per loro e infatti, ad esempio, _”a Te Gesù, le sorti / fidiam de’ santi altari,/ de’ dolci focolari,/ i cari vivi e morti,/ l’Italia la vittoria, / la pace, e la Tua gloria.” _è diventato : “_A te Gesù, affidiamo / le nostre incerte sorti / i cari vivi e morti, / a te raccomandiamo/ Sii sempre tu la luce, / la mano che conduce…”_

Si potrebbe andare avanti…e vien rabbia veder “sbertucciato”, dal primo “asinus clericus”, l’inno di un insigne letterato come Mons. Bonardi, musicato da uno dei più insigni musicisti del XX Secolo, il Maestro Domenico Bartolucci, poi cardinale di Santa Romana Chiesa.

Nessun concilio potrà cancellare quei ricordi: la domenica la “Grande Messa”, cantata, e, presso i salesiani, la grande “fiera di beneficenza” e poi, il pomeriggio, arrivavano, a frotte, dalla campagna i contadini vestiti a festa (anche noi, un tempo, nei giorni festivi si metteva il “vestito buono”), e, davanti alle “Logge dei Marroni”, la grande tombola con Bellelle che tirava su i numeri: _”…88 gli occhialoni…77 le gambe delle donne …48 morto che parla…90 la paura…45 i’ vino buono…66 le due zittelle…” _E quando c’era qualcuno che faceva “terno”, “quintina” e “tombola” ecco Stronca, con la sua tromba, che suonava la carica…in piazza dell’Agostini arrivavano le giostre, ovvero i seggiolini volanti, la giostrina che andava “a spinte”, e il trenino che andava lanciato con una spinta della mano su un binario ripido che doveva colpire, in alto, il fulminante: i giovanotti si toglievano la giacca e facevano “gara di forze”…e poi al tirassegno, con le carabine con la canna “storta”, si tirava ai gessetti e alle lampadine,  chi faceva più centri vinceva la scimmietta con l’elastico o la bottiglia di Albana…arrivavano da Lamporecchio i venditori di brigidini e di volane (nocciole) al grido di “chi le stiaccia?”, e Marmarica e il Tattone con il banco del cocomero (il primo sul Poggio e il Tattone in piazza Curtatone e Montanara) e quando aprivano l’anguria bella rossa allora gridavano _”Brucia Faenza!”_, o, se, troppo fatto, _”Glié pe’ __l’oche”_, mentre Manovre, friggendo i suoi bomboloni, mandava il richiamo”_Caaaardiii”_ …e in casa si festeggiava con il pranzo…la mia nonna faceva l’anatra in umido, con i fagiolini serpenti, i maccheroni sull’anatra, il popone e il ciambellone…_” va mangiato per devozione” _diceva.

Del resto eravamo nel tempo in cui il Sole entra nella costellazione del Leone per cui  :_”Quando sol est in Leone / bonum vinum cum popone / et agrestum cum pipione. (quando il Sole è nel Leone , buon vino con popone/ e agresto col piccione”).

Ma il momento più alto della festa era, a sera, quando la venerata,immagine, veniva portata in processione, sotto un grande baldacchino a “quattro mazze” (anch’esso sparito), tenuto dai confratelli della Compagnia dei Neri, per le vie del paese – la gente illuminava i balconi e metteva alle finestre la “coperta buona” –   e la banda musicale, con in testa il Giovannini, accompagnava il canto dei fedeli:

_”Gesù della tua croce / il sole in noi riaccenda / la fé, la speme splenda: / e al secolo feroce / battesimo d’amore / sia il Sangue redentore…”_

E quella processione, con le candele nel “cartoccio colorato”, sembrava non finir mai e a me veniva da piangere nel ricordare, già allora, i miei molti peccati e vedere quel mio Cristo dolente sulla croce..

Al passaggio la gente si inginocchiava, la commozione era grande: e si ringraziava il SS. Crocifisso che benediva le famiglie, i raccolti, quel Cristo a cui ci rivolgevamo perché ci liberasse dalle calamità _”a peste, fame et bello – libera nos Domine”_, quel Cristo che veniva “scoperto” perché assistesse gli agonizzanti nel loro “passaggio estremo”, quel Crocifisso ligneo a cui la popolazione del Mugello aveva fatto una “corona” di ex voto che tinnivano quando veniva portato in processione…

E quando i miei pronipoti o, un tempo, i miei alunni, mi domandavano quando questo accadesse rispondevo : _”In un tempo lontano…quando ancora c’erano le lucciole…”.

Pucci Cipriani