di Pucci Cipriani

Gonfaloni dei comuni (rossi) del Mugello, Sindaci “tricolorati”, Bandiere arcobaleno, rappresentanti dei sindacati e dell’ARCI, delle femministe e del “cattocomunismo” con in testa la “Presidenta” del Comitato, non so se per la beatificazione o la glorificazione di don Milani, Rosy Bindi e il Presidente della Regione Toscana Giani…insieme ai vecchi rappresentanti dell’ateismo militante, del democristianume molliccio e del clero “conciliare” con due cardinali : il Presidente della CEI Zuppi e l’arcivescovo di Firenze Card. Betori (il successore dei compianti cardinali Elia Dalla Costa che spedì don Milani, che aveva tolto il Crocifisso dalla scuola parrocchiale di Calenzano, a Barbiana ed Ermenegildo Florit definito da don Milani: “Un arteriosclerotico indemoniato”)…assente (giustificato) Rodolfo Fiesoli, il tenace estimatore di don Milani, fondatore del Lager rosso “Il Forteto”, dove venivano violentati i  ragazzini, uscito di scena da quando la Corte di Cassazione ratificò la sua condanna a 14 anni di carcere.

Nulla di stupefacente; la variegata mandria “arcobaleno” che saliva verso Barbiana, nel “verde Mugello”, era già stata preceduta, anni orsono, in quel periodico pellegrinaggio “laico”, da Walter Veltroni e da Bertinotti, allora Segretario di Rifondazione Comunista e, recentemente, addirittura dal Papa di Roma: Jorge Mario Bergoglio.

Ormai siamo a raschiare il barile. L’onda rivoluzionaria ormai ha sommerso la società: “La Rivoluzione – come afferma Donoso Cortés – è il termine ultimo a cui è arrivato l’orgoglio” e don Milani precorse (morì nel 12967) la più grande Rivoluzione, quella del Sessantotto, con il libro “lettera a una professoressa” “vera e propria summa della pedagogia 

o se si preferisce – scrive Enrico Nistri – dell’anti-pedagogia di don Milani (…) dominata da due elementi: un classismo rozzo e manicheo(…)un autoritarismo rigido, fondato su una spiccatissima componente di egolatria(…)del resto si può leggere nella stessa “Lettera a una professoressa” che nella “scuola di Barbiana” si faceva se necessario uso della frusta. Una pratica sulla quale tanti apologeti libertari del manesco priore hanno a lungo preferito scivolare”.

Barbiana divenne un importante punto d’incontro per il “Cattocomunismo” – come testimonia il Segretario mugellano del PCI Siro Cocchi nel suo libro Ricordi di vita politica” edito nel 1999 da Polistampa con la prefazione di Paul Ginsborg scritto ” a quattro mani” con Luigi Tassinari – “Fu un momento di grande vivacità culturale (…) in seguito all’affermazione di don Milani “al figlio del contadino di Vicchio o di Gattaia , anche se non sapeva niente, bisognava assicurargli il dieci mentre per il figlio del Marchese Frescobaldi, si sarebbe dovuti partire dal cinque”; queste iniziative – continua Siro Cocchi – agirono anche in modo estremamente positivo sullo sviluppo culturale e politico dei militanti del PCI”.”

In effetti i don Milani, i don Mazzi, i padri Balducci, non furono comunisti (intesi come militanti del PCI) ma, anzi, “sorpassarono a sinistra” gli stessi dirigenti e militanti del PCI, accusandoli di essersi accodati alla cultura borghese tout court…

Attribuire tutti i mali della scuola alle “classi privilegiate” che cercavano di “fermare e pesticciare i poveri”, installare tra le classi un odio profondo fu – scrive su “Repubblica” (fonte non sospetta) Sebastiano Vassalli – “una mascalzonata”, poi il Milani, attaccò la classe insegnante segnata a dito e braccata dalle folle: “erano loro la causa di tutti i dissesti e di tutti i mali della scuola italiana! Loro si ostinavano – scrive ancora il 30 giugno 1992 Sebastiano Vassalli su “Repubblica” – a insegnare l’algebra e l’Eneide, e che non capivano che per eliminare la differenza di classe bastava promuovere tutti, indiscriminatamente! (cosa che avvenne nel Sessantotto…e anche dopo n.p.c) …molti degli insegnanti più esperti e più preparati che avevano raggiunto l’età pensionabile se ne andarono…altri “fecero autocritica”. Trionfò l’ignoranza boriosa del “voto unico dequalificato” e “senza registri”, dunque si tentò di schiacciare l’orrendo mostro della “meritocrazia”, e di mettere al bando le odiose “nozioni” (ma che altro può trasmettere la scuola seria e dignitosa se non, appunto, nozioni?). I posti lasciati liberi dai vecchi professori, esperti e infami, vennero occupati da gente appena uscita dall’Università con il “voto politico”, giovanotti che non erano in grado di insegnare l’algebra e di spiegare l’Eneide…

Insomma, la catastrofe sessantottarda e la rovina della scuola “meritocratica” la si deve principalmente a don Lorenzo Milani che, davvero, profeticamente, dettò la linea alla contestazione pilifera…ancor prima dell’inizio del Sessantotto…

Si rimane esterrefatti di fronte all’odio di don Milani (un odio che trasmetteva anche ai suoi alunni) di fronte alla cultura classica che, secondo lui era scritta in maniera difficile, per i ricchi in odio alle classi povere per cui scriverà a Oreste Del Buono di farsi messaggero presso la Casa Editrice Rizzoli chiedendole di “compilare un’edizione de “I Promessi Sposi” depurata di tutte le parole difficili…usare le note o il vocabolario era troppo faticoso?

Insomma, il Manzoni “corretto e ammodernato”, lo stesso si doveva fare con l’Iliade tradotta dal Monti…

Ma a tutti sarebbe andato bene?

“Se qualche professore storce il naso – scrive su quel manuale pre sessantottardo “Lettera a una professoressa!” don Lorenzo Milani – gli diremo che amava i signorini raffinati della media di ieri che hanno la cultura come privilegio di pochi, gli diremo che stia attento perché quando andremo al potere quelli come lui li manderemo in Siberia” Cfr “lettere di don Milani ed Mondadori)

Chi come il sottoscritto ha vissuto quei tempi sa bene cosa intendesse dire il “Prete rosso” quando avrebbe voluto mandare “in Siberia” quelli che, a suo parere, quando si sarebbe instaurato il Comunismo (“quando andremo al potere noi) sarebbero stati considerati “dissidenti”. Ebbi l’onore di accogliere, insieme al Senatore Ivo Butini, a Firenze, nei primi anni Settanta molti “dissidenti” dell’Est che dettero la loro testimonianza sul Comunismo: Andrej Sinjavskij, Eugeny Vagin, Cicerone Cirnegara, la Zakharova, Mons. Hnilica etc.…provenivano dai Gulag…alcuni da quelli siberiani, gli stessi dove don Milani e i suoi accoliti avrebbero voluto inviare coloro che avessero contestato quel “sistema sovietico” di scuola voluto dal priore. Ebbene tutti ci dissero che i comunisti sovietici e dei paesi satelliti si servivano dei preti del “Movimento Pax”(I preti per la pace) come spie, per arrestare i “dissidenti cattolici”…

Anni fa fece molto scalpore un Convegno tenutosi a Bergamo (30 novembre 2019) e organizzato dal consigliere comunale di quella città Filippo Bianchi, dal titolo: “Da Barbiana a Bibbiano” con la partecipazione, dello stesso Bianchi, del Commissario del “Forteto”Jacopo Marzetti e dai giornalisti Francesco Borgonovo e Pucci Cipriani al quale era stata affidata la relazione: “Attacco alla famiglia: da ‘donmilanismo’ al Forteto”.

Apriti cielo e spalancati terra: fu un coro di volgari contumelie nei confronti degli oratori a cui si associarono perfino due cardinali…ma a spiegare il “caso” fu Costanza Tosi su il Giornale.it: “Che nel titolo della locandina venga accostata Barbiana ai più recenti fatti di Bibbiano dipende da un fatto semplice e chiaro. E’ proprio dalla “scuola di don Milani” che provenivano alcuni tra i fondatori de “Il Forteto”, la comunità degli orrori fondata da Rodolfo Fiesoli(…)la Cassazione ha confermato la sua condanna a 14 anni e 10 mesi per maltrattamenti e violenza sessuale su minori. A dirlo è chi non avrebbe voluto mai farlo e a cui questa consapevolezza ha provocato sofferenze e tanto dolore. La “denuncia” è partita da alcuni soci della sede di Bologna del centro informazione e ricerca “don Lorenzo Milani” e Scuola di Barbiana che hanno spiegato del legame tra alcuni discepoli di don Milani e il Forteto .Motivo per cui hanno poi deciso di dimettersi e tirare giù la saracinesca della sede bolognese del centro: “Un socio fondatore della nostra associazione di Vicchio , Edoardo Martinelli, è stato anche fondatore del Forteto, poi fuoruscito, da anni sapeva delle violenze che ivi venivano commesse”, hanno spiegato i soci di Bologna che, poi, hanno aggiunto senza mezze parole , che: “i documenti raccolti hanno messo in evidenza la piena commistione tra la vicenda Forteto e Barbiana attraverso l’uso distorto del pensiero di don Milani, ma anche attraverso l’inerzia di coloro che, consapevoli da anni, avrebbero potuto e dovuto intraprendere una battaglia in difesa dei più deboli”! Come se non bastasse tra i fatti ricordano che : “un noto esponente della nostra associazione di Vicchio , Manrico Velcha, in rete definito segretario generale, ha per anni partecipato al cda della costituzione del Centro di documentazione don Milani del Comune di Vicchio a fianco del pregiudicato per reati di violenza sessuale, atti di libidine violenti e continuati ai danni di minori disabili Rodolfo Fiesoli, partecipazione protrattasi fino al giorno dell’arresto del Fiesoli, 20 dicembre 2011”

Evidentemente si tratta di esasperazione di un utilizzo improprio di una ideologia per compiere atti disumani, cose che, infatti, vennero fuori dal Convegno. come venne fuori la necessità di un chiarimento tra i rapporti di certa gente seguace di don Milani con “Il Forteto”. E forse qualcuno avrebbe dovuto prendere atto di come il “Comunismo” donmilaniano dei Gulag sovietici fosse arrivato ai Laogai cinesi: praticamente i ragazzi venivano tolti alle famiglie, lezione trecentosessantacinque giorni all’anno, comprese domeniche, Pasqua e Natale, uso della frusta, abolizione del latino, naturalmente e di tante cose inutili (non dimentichiamo che la scuola a tempo pieno iniziò con il Sessantotto : i ragazzi venivano (e vengono tuttavia) tenuti a scuola per tutta la giornata deresponsabilizzando le famiglie) e naturalmente lui, nella scuola di Barbiana era il “guru”….e il suo essere prete?

“dopo la ribellione esteriore -scrive ancora Enrico Nistri – fu la volta…della “conversione”(…) il giovane Lorenzo Milani entra in Seminario, con una scelta che egli avrebbe definito “aristocratica”. Ma aristocratica in che sen senso, visto che la virtù fondamentale per un cattolico e in particolare per un sacerdote dovrebbe essere l’umiltà? E’ egli stesso a farcelo capire quando presenta il sacerdozio nelle lettere ai familiari come: “un mestiere col quale posso divertirmi tanto senza declassarmi neanche un attimo” un’espressione assai più rivelatrice di quanto possa sembrare a prima vista, perché ci conferma che nonostante le conclamate scelte di campo “dalla parte degli ultimi”, Lorenzo Milani non perse neppure per un momento la consapevolezza della sua superiorità intellettuale persino sociale: non si spiegherebbe, altrimenti, l’utilizzazione del termine “declassare”, che sta a indicare una caduta di prestigio esteriore piuttosto che un abbassamento morale(…)Il futuro sacerdote sembra quasi snobbare certe materie (“siamo costretti a stare in silenzio in latino” – scriveva n.p.c),certi insegnamenti (e conseguentemente certi insegnanti)e perfino certi suoi colleghi ritenuti intellettualmente inferiori. Anche nella benevola biografia della Neera Fallaci si accenna a una “tagliente ironia” nei confronti dei compagni di seminario, di cui più tardi diserterà i periodici incontri”

Don Milani monta in cattedra nella “scuola degli asini” come, appunto, diverrà la scuola italiana dopo il Sessantotto e potrà scrivere orgogliosamente nelle sue “Lettere”: “<Io a scuola sputtano tutto quello che mi passa per il capo…posso benissimo permettermi di dire tutte le cose più sporche ed eretiche”

Don Enzo Mazzi, capo della Comunità eretica dell’Isolotto, padre Ernesto Balducci (adepto della setta massonica), Padre David Maria Turoldo (quello che durante le omelie spezzava e calpestava il Santo Rosario), don Gomiti, don Salucci, Mons. Gino Bonanni (raccolti intorno alla “chioccia” modernista mons. Agresti, allora Segretario della CEI) furono la punta di diamante della contestazione ecclesiale fiorentina; e l’onda montante di quel “popolastro”, non di Dio ma del demonio, giunse a dare l’assalto alla Curia di Firenze e a intentare un “processo popolare” ne confronti di quel grande cardinale che fu S.E. Mons. Ermenegildo Florit, arcivescovo di Firenze che, insieme al vescovo coadiutore Mons. Bianchi, portò sulle sue spalle la pesantissima croce della contestazione fiorentina di cui don Milani e padre Balducci furono gli ispiratori.

Pagine tristissime e a nulla valsero i paterni richiami del vescovo a don Milani che era riuscito ad estorcere con l’inganno l’Imprimatur e la prefazione di Mons. D’Avack al suo primo libro “Esperiente pastorali” (Cfr; P. Tito S. Centi in “Esperienze Pastorali”)

E’ stato contestato il Presidente Mattarella che, presente a Barbiana, non ha però fatto discorsi demagogici e, anzi, ha stigmatizzato i “contestatori” che, a Torino, hanno impedito al Ministro Roccella di presentare il suo libro.Poi c’è stata l’adesione del Ministro “laicista” Valditara (“Ahi quantum mutatus ab illo”), lo stesso che ha fatto sospenderte(come un tempo succedeva in Unione Sovietica) una maestra per un mese dalla scuola e dallo stipendio perché aveva fatto recitare un’Ave Maria” ai suoi alunni; un Ministro, proveniente dal movimento di Gianfranco Fini (di infelice memoria)e che dovrebbe promuovere anche la “meritocrazia”…tanto detestata da don Milani Milani…lo ricordo un tempo quando tentava la scalata al Senato ardente sostenitrice del CNADSI (Comitato Nazionale Associazione Difesa Scuola Italiana nel quale il sottoscritto ha militato trent’anni)della professoressa Rita Calderini che fu la prima, insieme al Preside Berardi, a contestare don Milani e la sua “Lettera a una Professoressa…e poi arriva, dulcis in fundo, l’aiuto di Pisa, eccoti Antonio Socci che “more solito” vuol stupire con i suoi voli pindarici ; da “Non è Francesco” all’apologia dell’Argentino e che ora afferma con sicumera “Don Milani comunista? Ma scherziamo? Fu un vero anticomunista anzi -risum teneatis – un vero “Prete tridentino”.

Povero don Milani davvero! Noi al priore di Barbiana dedicheremo le nostre preghiere.