Tratto da Stilum Curiae

di Ettore Gotti Tedeschi

Caro Tosatti, chiedo ospitalità per un commento su un libro appena uscito di Virginia Coda Nunziante (VCN), Presidente dell’Associazione Famiglia Domani, sull’importanza della moda.

Questo libretto, in cento pagine circa, spiega perché la moda influenza lo stile di vita e magari anche il pensiero stesso. E VCN lo spiega con logica e naturalezza, senza troppo preoccuparsi che taluni possano considerare le sue riflessioni frutto di “bigotta cultura figlia dell’inquisizione”.https://googleads.g.doubleclick.net/pagead/ads?client=ca-pub-2687058496598385&output=html&h=200&slotname=2072951844&adk=2806403734&adf=4021153654&pi=t.ma~as.2072951844&w=803&fwrn=4&lmt=1650047993&rafmt=11&psa=1&format=803×200&url=https%3A%2F%2Fwww.marcotosatti.com%2F2022%2F03%2F21%2Fla-moda-cristiana-e-la-chiesa-gotti-tedeschi-commenta-un-libro-di-coda-nunziante%2F&wgl=1&dt=1650047993273&bpp=2&bdt=461&idt=137&shv=r20220413&mjsv=m202204140101&ptt=9&saldr=aa&abxe=1&cookie=ID%3Dec3151dfdbe4f181-22902fda77cd00bc%3AT%3D1650047971%3ART%3D1650047971%3AS%3DALNI_MaoeV1Iux1owjVm-n49MRGMRHzfMg&prev_fmts=0x0%2C803x280&nras=1&correlator=7760940953456&frm=20&pv=1&ga_vid=770746769.1650047993&ga_sid=1650047993&ga_hid=578673974&ga_fc=0&rplot=4&u_tz=120&u_his=3&u_h=1080&u_w=1920&u_ah=1032&u_aw=1920&u_cd=24&u_sd=1&adx=420&ady=1265&biw=1920&bih=919&scr_x=0&scr_y=0&eid=44759876%2C44759927%2C44759842%2C44761792%2C44761044%2C31067131&oid=2&pvsid=3755846070669250&pem=240&tmod=421405270&nvt=1&ref=https%3A%2F%2Fwww.marcotosatti.com%2F%3Fs%3Dmoda%2Bnunziante&eae=0&fc=1920&brdim=-8%2C-8%2C-8%2C-8%2C1920%2C0%2C1936%2C1048%2C1920%2C919&vis=1&rsz=%7C%7CpeEbr%7C&abl=CS&pfx=0&fu=128&bc=31&ifi=3&uci=a!3&btvi=1&fsb=1&xpc=90kvaQyWkJ&p=https%3A//www.marcotosatti.com&dtd=231

Ben sapendo chi e perché usa con disprezzo questa connotazione.

Come reagiremmo oggi se sentissimo una persona autorevole parlare di “Moda onesta o disonesta”? Forse rabbrividiremmo e richiameremmo il “buio periodo medioevale”?

Eppure solo 65anni fa ne parlava esattamente con questa espressione Papa Pio XII, con intento educativo apostolico, non temendo il pensiero politicamente corretto e non preoccupandosi di compiacere o no il mondo-mondano.

VCN ci fa riflettere se è vero o no che “l’abito non fa il monaco” trovandosi d’accordo con la Bibbia, Libro del Siracide cap. 19, 25-27, che dice “Dall’aspetto si conosce l’uomo…Il vestito di un uomo, la bocca sorridente e la sua andatura rivelano quello che è”.

Ma chi legge più ormai la Bibbia? L’abito dovrebbe fare il monaco o la monaca, perché attraverso il proprio abbigliamento si esprime anche una visione del mondo e lo si comunica, supportando e valorizzando ciò che comunica.

Si pensi a quei sacerdoti quando, dopo il Vaticano II, con retta intenzione, ma suggestionati dal modernismo, si tolsero la tonaca per indossare il maglione, certi di poter avere più facili rapporti di apostolato, perdendo però parte di quella identità che li contraddistingueva e li valorizzava.

Suggerisco la lettura di questo libretto perché VCN propone una stimolante e provocatoria storia della moda e della evoluzione dello stile nell’abbigliamento legato al comportamento morale.

VCN, nella sua narrazione, parte dal Medioevo fino al Rinascimento, accenna all’aspetto misterioso della Rivoluzione Francese sulla moda ed infine arriva ai tempi moderni. Dalla rivoluzione di Coco Chanel, alla controrivoluzione di Christian Dior che provocò la successiva rivoluzione di Mary Quant, per arrivare al ’68 con la moda demagogica di Yves Saint Laurent (“abbasso il Ritz, viva la strada.!”.).

Leggendo questa storia narrata in poche pagine si direbbe che hanno fatto quasi più rivoluzione culturale gli Stilisti che gli intellettuali. Naturalmente sempre alla insegna della libertà, di vestirsi come si vuole e di essere ciò che si vuole.

Moda, ci ricorda VCN, significava “maniera” diventato poi “stile- fashion”, per definizione volatile e volubile, al fine di “sentirsi se stessi”, ostentandolo.

Ma che significava allora sentirsi se stessi? Oggi già significa qualcosa di molto diverso VCN ci ricorda che Papa Pio XII chiedeva alla moda di sottomettersi ai principi della morale perché la moda comunica, magari inconsapevolmente, proposte o scelte anche morali.

Un Papa peraltro si dovrebbe esprimere con valutazioni morali, non estetiche, no?

VCN racconta anche il pensiero in proposito di più Papi negli ultimi cento anni: Benedetto XV, Pio XI, Pio XII. Impressiona leggere che Pio XII, solo 65anni fa, chiedeva ai sarti maschili e femminili di mantenere stili secondo la dignità dell’uomo e donna.

Ma poi, dal Concilio Vaticano II, la rivoluzione nell’abbigliamento entra all’interno della Chiesa stessa e accompagna le successive fasi dottrinali.

Ho letto che un famoso creatore di moda, Karl Lagerfeld, (con sottile ironia allusiva) disse che “la moda non è né morale né immorale, però è fatta per tirar su il morale”.

Chissà come cambierà la moda in futuro, dovendo diventare anche lei sostenibile, visto che l’industria della moda è la più inquinante al mondo dopo il petrolio?

Non ci vestiremo più o ci vestiremo meno? (con la foglia di fico?).

Grazie per la ospitalità.

Ettore Gotti Tedeschi