Premessa.

La democrazia, intesa come sistema politico, non è un fine né un valore in sè, ma in determinate circostanze storiche può essere accettata e/o tollerata.

Seconda premessa.

La politica è l’arte del compromesso. E gli italiani, come la storia dimostra, sono maestri del compromesso.

Corollario di quanto sopra: il sistema partitico/democratico non è altro che l’espressione formale di idee e principi che nulla hanno a condividere con una visione Tradizionale dell’uomo e della vita, sanamente orientata a Dio. Un sistema che pone al centro la (presunta) volontà della maggioranza, del volere dei molti a discapito della Verità, non può che essere quanto di più lontano per chi si professi controrivoluzionario. 

Lungi dal ritirarci nella torre, ci vediamo costretti giornalmente a confrontarci con la politica e con la sua estrinsecazione fattuale (il sistema partitico), a condividerne le scelte e a subirne le ricadute. E’ perciò naturale, e doveroso, prendere posizione sui temi di attualità, influenzare, se possibile, le decisioni di coloro che si proclamano nostri rappresentanti, senza però cadere nel tranello partitico.

Fatta questa necessaria premessa, onde scongiurare j’accuse del più intransigente degli intransigenti, in vista delle prossime elezioni amministrative (principalmente nei giorni 3-4 ottobre 2021) mi sono venute in mente alcune considerazioni sparse, che senza velleità di organicità e completezza, cerco di esporre qui di seguito.

Come molti sapranno, le prossime elezioni amministrative si terranno in alcune importanti città italiane tra le quali Bologna, Latina, Milano, Napoli, Novara, Ravenna, Rimini, Roma, Salerno, Torino e Trieste.

Dunque un banco di prova importante del termometro politico anche se, ad onor del vero, la campagna elettorale è passata un po’ in sordina, complice la questione vaccinale, che imperversa e monopolizza il dibattito politico e mediatico.

Le attese sull’esito delle urne sono tante, in particolar modo per l’area c.d. del centro-destra, unica area politica (quantomeno con rappresentanza parlamentare) divisa tra sostenitori della maggioranza (Lega) e opposizione (Fratelli d’Italia).

Da diverse settimane i sondaggi si sono concentrati sul testa a testa tra i due partiti per ottenere il titolo di primo partito nazionale, quasi che il primato dell’uno o dell’altro dovesse influire a livello di assetti governativi e decisioni centrali. Da una parte la Lega, che forte dell’esperienza governativa, cerca di avvalorarsi come partito moderato, e non più movimentista, capace di mediare tra le esigenze della realpolitik e i cavalli di battaglia del proprio elettorato.

Dall’altra Fratelli d’Italia, che giocando sulla possibilità/opportunità di rappresentare l’unica voce di opposizione parlamentare, si presenta come esclusiva e credibile alternativa per la gestione amministrativa delle città interessate dal voto.

Negli ultimi mesi, poi, complice l’ambigua posizione della Lega sul green pass, si è poi assistito ad una lenta, ma costante, transumanza di esponenti politici (da Strasburgo al più piccolo comune italiano) dalla sponda leghista a quella del partito della Giorgia nazionale.

Senza voler entrare nel merito delle motivazioni personali di coloro i quali hanno effettuato tale scelta, (motivazioni che non conosco nella maggioranza dei casi, e per quelle poche conosco, ritengo siano da condividere), il mio primo pensiero, oltremodo banale, è stato: ma Fratelli d’Italia è veramente diversa dalla Lega, e in cosa si differenzia?

Anticipo subito l’esito delle mie divagazioni: no, differenza non ce n’è, ed anzi, avanzare l’idea che il cambio di casacca permetta di cambiare anche il flusso delle decisioni (prese in altri e più ristretti circoli), rischia di tramutarsi in una speranza vana, e mal riposta.

Mi si obbietterà: ma allora chi ha cambiato partito ha sbagliato? La risposta non può che essere duplice: 

  • si, se ritiene che Fratelli d’Italia rappresenti il luogo ideale dove portare avanti le battaglie del centro destra (quali battaglie non è dato sapere), il partito dell’identità nazionale (rigorosamente tricolorata, cioè dell’identità nata poco più di 150 anni fa sulle macerie di Porta Pia), il luogo cioè ove meglio portare avanti la battaglia per i valori non negoziabili;
  • no, se si ha la capacità di capire che nessun partito politico, per sua stessa essenza, non può mai assicurare il perseguimento del vero bene comune, e la costruzione di una società tradizionale. E dunque la scelta di passare da un partito ad un altro, non può che essere giustificata, a tutto concedere, da esigenze contigenti di natura strategica, avendo ben chiaro che il partito può essere un mezzo (talvolta necessario) ma non può mai diventare il fine.

E allora tanto vale votare Lega?

No, tanto vale votare le persone che, volta per volta, caso per caso, diano l’impressione (perché ahimè su quella ci dobbiamo basare) di essere buoni cattolici e amministratori disinteressati, di essere sensibili alle tematiche dei c.d. principi non negoziabili (tutela della vita in primis) e, papale papale, di non ostracizzare quelle piccole ma combattive realtà tradizionali che, schiacciate dalla “misericordia” ecclesiastica, resistono stoicamente, anche se a fatica. Purtroppo, e l’esperienza ce lo dimostra, proprio allorquando nei comuni si sono insediate giunte a trazione destrorsa, si sono viste le più infamanti e vergognose censure nei confronti del nostro mondo: aule pubbliche negate all’ultimo momento, permessi prima rilasciati e poi revocati, patrocini e premi promessi e frettolosamente sconfessati. Il tutto, ovviamente, per compiacere il vescovo locale (rigorosamente costruttore di ponti e non di muri) o il politicuzzo del quartiere, geloso delle proprie prerogative.

In conclusione, cari amici, gli accadimenti dell’uno e dell’altro partito poco ci interessano, e i passaggi dall’uno all’altro schieramento, sbandierati come atti estremi di coraggio ed eroismo, poco ci emozionano.

Che si guardi la persona, che questa sia retta e fedele ai sani principi, e non prona ai voleri di qualche grembiulino (i quali affollano, repetita iuvant, le fila della Lega e di FdI).

Per il resto, a voi il tempo, a noi l’eternità!