(A. Pettinari e F. Panfili, Calabria News – 12 gennaio 2019) “Una compenetrazione tra massoneria e la ‘Ndrangheta? Penso che ci sia sempre stato”. “La P2 di Gelli? Gelli è stato inventato dalla Cia, dagli americani, perché il governo americano aveva perso fiducia in Moro e Andreotti e iniziava a temere che in Italia ci potesse essere il sorpasso comunista. Una volta mi offrì gli elenchi veri della P2 per essere riammesso al Goi (Grande Oriente d’Italia)”.
Sono queste solo alcune delle dichiarazioni che il Gran Maestro Giuliano Di Bernardo ha rilasciato (venerdì 11 gennaio ndr) durante l’udienza al processo ‘Ndrangheta stragista, in corso davanti alla Corte d’Assise di Reggio Calabria e che vede come imputati il boss siciliano Giuseppe Graviano e Rocco Santo Filippone ritenuti mandanti degli agguati ai carabinieri nella stagione delle stragi dei primi anni Novanta.
Una deposizione piuttosto articolata in cui Di Bernardo, uomo chiave nella storia della massoneria italiana, ha ripercorso diversi momenti vissuti al vertice del Grande Oriente d’Italia (fu eletto l’11 marzo 1990, ndr), in un momento storico in cui la più grande organizzazione massonica italiana era riconosciuta dalla massoneria inglese e rientrava quindi nel novero delle cosiddette “massonerie regolari”.
Nel corso delle sue funzioni, Di Bernardo venne a conoscenza di un fenomeno di infiltrazione della mafia nei vertici meridionali del Grande Oriente d’Italia e, prima di andare via sbattendo la porta, indagò a fondo raccogliendo diversi documenti.
E sul punto fu anche sentito dal giudice Agostino Cordova che in quegli anni stava conducendo la delicatissima indagine “Mani segrete”. Il lavoro di Cordova era partito dalla morte sospetta di un notaio esponente della ‘ndrangheta, Pietro Marrapodi, Grande Oratore della loggia di Reggio Calabria ‘Logoteta’ che iniziò a rivelare retroscena scottanti sui rapporti tra ‘Ndrangheta e massoneria calabrese ed iniziò a fare i nomi dei massoni reggini collusi.
Nonostante una richiesta di scorta negata, Marrapodi fu trovato morto impiccato nello scantinato della sua abitazione in città e la sua morte fu archiviata velocemente come omicidio, anche se ancora oggi i dubbi sulla sua dipartita rimangono.
La giusta direzione
Di Bernardo, rispondendo alle domande del Procuratore aggiunto Giuseppe Lombardo ha confermato che l’inchiesta del giudice Cordova stava andando nella giusta direzione comprendendo che i clan calabresi controllavano il Nord Italia attraverso le infiltrazioni le logge. “Io gli misi a disposizione documenti importanti e i risultati delle mie scoperte – ha ricordato in aula – ma poi non è successo nulla.
Quando l’inchiesta gli fu tolta il fascicolo è passato in mano a più procuratori. Poi venne trasferita a Roma per competenza e lì è stata archiviata per decorrenza termini”. Dunque il Gran Maestro è entrato nello specifico dei fatti: “Ettore Loizzo, ingegnere di Cosenza e mio vice al Goi nel corso di una riunione della Giunta del Grande Oriente d’Italia disse che poteva affermare con certezza che in Calabria su 32 logge, 28 erano controllate dalla ‘ndrangheta.
Io saltai e gli dissi: ‘E cosa vuoi fare?’. Lui mi rispose: ‘Nulla, assolutamente nulla’. E mi spiegò che viceversa lui e la sua famiglia rischiavano gravi rappresaglie. Mi recati allora dal duca di Kent a cui esposi la situazione, ma mi disse che ne era già a conoscenza”.
“A Londra – ha specificato – mi dissero che grazie all’ambasciata ed ai servizi di sicurezza erano a conoscenza delle infiltrazioni della ‘Ndrangheta e questo è normale, perché in Inghilterra la massoneria è un’istituzione riconosciuta. Il capo è il duca di Kent se ci fosse il Re, sarebbe il Re, quindi è normale che le associazioni con cui sono in rapporti siano sotto osservazione”. Di Bernardo allora, su suggerimento del duca di Kent ha fondato un nuovo ordine la Gran loggia regolare d’Italia.
Infiltrazioni in Sicilia e in Calabria
Secondo Di Bernardo: “La Calabria era indubbiamente il centro di questo fenomeno di infiltrazione, come messo in evidenza da Procuratore Cordova, ma già segnali venivano dalla Sicilia. Ci fu un fatto che fece tremare i vertici del Grande Oriente ossia l’arresto del sindaco di Castelvetrano per suoi coinvolgimenti con la mafia, ma in Sicilia ebbi altri segnali da parte dei vertici del GOI”.
Questi segnali venivano da un avvocato massone, Massimo Maggiore di Palermo, ai vertici del Grande Oriente siciliano, che informò confidenzialmente Di Bernardo di rifiutare l’invito a visitare la loggia che faceva capo ad un noto avvocato del trapanese perché in quella zona tutte le logge del GOI erano state occupate da mafia. “Gli chiesi come avevano potuto permetterlo – ha aggiunto il teste – e li mi rispose che non aveva potuto evitarlo.
Lì cominciai a capire che i vertici che avrebbero dovuto applicare le regole della massoneria nel territorio erano in realtà state subordinate a logiche di altro potere. E questo avveniva già prima dell’inchiesta di Cordova” ha affermato Di Bernardo. “Io sono stato eletto Gran Maestro ignorando completamente quali fossero le realtà locali” ha proseguito dando l’impressione di volersi giustificare rispetto a determinati fatti avvenuti.
Il sostituto procuratore Giuseppe Lombardo, rifacendosi ad un verbale del maggio 2014 in cui Di Bernardo aveva dichiarato che la situazione in Calabria era più preoccupante di quella siciliana, ha voluto chiarire la differenza tra le logge in quei territori. Secondo Di Bernardo “nella massoneria siciliana non c’era per cosi dire un punto di vista unitario. La massoneria era frastagliata e ogni parte aveva il suo centro di potere.
In Calabria invece c’era una mente che regolava, al di la di tutti, i contrasti che esistevano tra le obbedienze massoniche di quel territorio. Si percepiva un filo conduttore” continua Di Bernardo “Loizzo mi diede l’imprinting più forte però poi io iniziai a vedere il contorno e sono arrivato a capire che la massoneria calabrese è più potente di quella siciliana per la visione unitaria che possiede”.
I movimenti separatisti e la stagione stragista del 92-94
Rispetto ai movimenti separatisti che si stavano diffondendo in quegli anni in tutto il territorio nazionale, Di Bernardo parla delle informazioni che aveva dalla sua posizione di Gran Maestro del Grande Oriente in Italia. La sua fonte era il suo segretario personale Luigi Savina che riceveva informazioni direttamente dai massoni calabresi i quali sostenevano i movimenti separatisti e cercavano un appoggio del loro Gran Maestro.
“Il mio segretari persona mi diceva che parte della massoneria appoggiava i movimenti separatisti. Reggio Calabria era il centro propulsore di questi movimenti separatisti – ha dichiarato Di Bernardo – Cosenza aveva una sua specificità e la situazione era meno grave. Catanzaro non contava molto.
Quella visione non rientrava nella mia visione d’Italia, per questo fin quando sono stato Gran Maestro ho sempre respinto tali richieste di coinvolgimento ch arrivavano. Non conosco la situazione al Nord, ma posso immaginare che non fosse interessato, sebbene non possa escludere che ci fosse chi gettava benzina sul fuoco”.
Rispetto al collegamento tra la massoneria e la mafia durante la stagione delle stragi, Di Bernardo ha detto al sostituto Lombardo: “Io un’idea me la sono fatta e penso che fosse tutto all’interno di uno stesso contesto seppur con separazioni interne. L’idea che mi sono fatto era che lì c’era qualcuno che tirava le fila all’interno di contesti diversi. Sì quella stagione è maturata a contatto con ambienti massonici”.
L’ex Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia aveva parlato di questo anche con i vertici della massoneria inglese, nello specifico con il Duca di Kent che era già al corrente di tutto quello che riguardava la massoneria italiana e la situazione politica nazionale.
Il traffico di armi e il Grande Oriente d’Italia
All’interno del quadro descritto questa mattina da Giuliano Di Bernardo, su sollecitazione dl procuratore aggiunto Lombardo, vi è anche una misteriosa telefonata che l’ex Grande Maestro del GOI ricevette di notte nella sua residenza romana a Villa Vascello in cui un uomo dall’accento straniero, che lui definisce africano, scambiandolo per il suo predecessore, Armando Corona, iniziò ad avanzare delle richieste di armi pesanti e leggere.
“Ero nella mia residenza sul Gianicolo e suona al telefono alle tre di notte. Era il 1991. Mi sento dire con una voce da straniero ‘Gran maestro noi avremmo bisogno delle stesse cose che ci ha dato prima’.
Io avrei potuto dire ‘sta parlando con un’altra persona’. Però sono stato al gioco e ho chiesto ‘cosa avete bisogno in particolare?’ e inizia a farmi un elenco di armi non solo leggere ma anche pesanti. Quando lui si accorge del senso delle mie domande, mi dice ‘Sto parlando con Armando Corona?’. Io dico ‘No con Giuliano Di Bernardo’ e lui mette giù. Per me si è accesa una spia. Capii che quella telefonata proveniva dall’Africa, forse dalla Somalia”.
Di Bernardo avvisò subito i vertici della massoneria francese da cui dipende a livello massonico il territorio africano e venne a sapere dai francesi dei legami che Corona, e quindi i vertici del GOI, avevano con il Presidente del Gabon, anche egli massone, e degli scambi di armi presenti a livello internazionale tra massoneria e il paese africano. Anche di questo Di Bernardo parlò al Procuratore Cordova.
Di Bernardo ha anche sostenuto di aver presentato la questione anche alla giunta del Grande Oriente d’Italia per giudicare Corona ma coloro che dovevano esprimere un giudizio “erano suoi amici e quindi tutto si concluse con un nulla di fatto. La corte centrale del GOI era presieduta dal numero uno della massoneria siciliana”.
Massoneria e mafia a confronto secondo Giuseppe Di Bernardo
Di Bernardo nel corso dell’interrogatorio ha poi descritto quello che accomuna l’appartenenza massonica e quella mafiosa e che potrebbe essere una delle chiavi per spiegare la fitta rete di legami che intercorre tra queste appartenenze. “Penso che punto di giuntura tra mafia e massoneria sia nel rituale.
Quello usato in massoneria e quello nella ‘Ndrangheta hanno una base in comune: in entrambi i casi si usa un rituale che ha lo stesso significato cioè vincolarti ad un segreto una volta che sei dentro” afferma Di Bernardo. “Questo secondo me ha facilitato molto la compenetrazione in Calabria tra mafia e massoneria. Penso che questo ci sia sempre stato” ha continuato.
Massoneria inglese e massoneria americana in Italia
Nel suo racconto Giuliano Di Bernardo ha anche ripercorso la storia della massoneria italiana spiegando che l’indirizzo contemporaneo delle logge italiane si è formato in seguito alla seconda guerra mondiale quando in Italia la massoneria è rinata dopo lo sbarco in Sicilia “su basi nettamente differenti rispetto alla massoneria ottocentesca terminata con la prima guerra mondiale e l’avvento del fascismo”.
“Quando gli americani vengono in Italia – ha spiegato il teste – portano una nuova immagine della massoneria che è quella della massoneria democratica diversa da quella nata in Inghilterra e in questo cambia tutto”.
Licio Gelli e il Grande Oriente d’Italia
Altro tema importante toccato durante l’udienza odierna dal Gran Maestro è stato quello sui contatti con la P2 e Licio Gelli. Secondo l’ex Gran Maestro del GOI, Licio Gelli sarebbe stato l’uomo che gli americani attraverso Cia e FBI, avrebbero ‘inventato’ per evitare il sorpasso comunista in Italia nel momento in cui Moro e Andreotti avevano tradito la loro fiducia. “Il governo americano iniziava a temere che ci potesse essere il sorpasso comunista.
Quando gli americani non hanno più fiducia negli organi istituzionali, vanno alla ricerca dell’uomo nuovo, fuori da ogni contesto” ha ricordato Di Bernardo. Per evitare l’ascesa del comunismo in Italia, secondo il teste, gli americani intervennero tramite Frank Gigliotti, importante massone che favorì lo sbarco Usa in Sicilia chiedendo aiuto alla mafia.
“Fu lui a rifondare la massoneria in Italia – ha spiegato Di Bernardo – e sempre lui propose Gelli. Disse: ‘Il salvatore dell’Italia è quest’uomo’. Da quel momento Gelli è stato il referente unico ed esclusivo del governo americano, per evitare che in Italia si facesse il sorpasso dei comunisti. Gelli ha avuto montagne di dollari, ma soprattutto il governo americano ha messo all’obbedienza di Gelli i vertici italiani economici, militari e della magistratura. Tutti nella sua obbedienza.
Quest’uomo all’improvviso si è ritrovato un potere che penso nessuno ha mai avuto in Italia. Ed è vero: si parla di questo progetto politico di Gelli, il piano di rinascita. Ma cosa avviene? Gelli si era impegnato a modificare l’Italia per evitare il sorpasso.
Ma quando Gelli riceve i soldi dagli americani fa i suoi affari e non pensa allo scopo fondamentale. Gli americani cominciano a sollecitarlo. E allora lui, come confidato a qualche suo collaboratore, non ce la fa più e si mette a scrivere così un progetto a caso. Tradisce gli americani, mettendo da parte i fini politici”.
Di Bernardo ha spiegato come il “Venerabile” godesse di grande approvazione anche all’interno del Grande Oriente d’Italia: “Aveva una base molto forte. Ufficialmente tutti osannavano Gelli. Ma io ho avuto modo di capire che questo non era vero. Gelli, dopo la mia elezione, mi invia due lettere in cui mi chiede di essere riammesso.
Io le leggo e informo la giunta che mi sono arrivate queste lettere e non faccio nulla. Una sera Eraldo Ghinoi mi viene a trovare e mi chiede se ho ricevuto le lettere. Io dico che, a parte la mia idea personale, Gelli non può né deve tornare. E che se anche io volessi voluto proporre il suo rientro, l’avrei dovuto presentare in Gran Loggia con la certezza che sarebbe stato bocciato a grande maggioranza.
E lui mi dice: qui ti sbagli. Prova a metterlo all’approvazione e vedrai che sarà approvato. A questo punto, mi dice, ‘io sono amico di Gelli da tanto tempo’ e mi fa vedere una medaglia di oro e platino ricevuta da Gelli. Io cominciai a pensare: è questa la massoneria”.
I veri elenchi della P2
Ma i tentativi di riammissione non si conclusero qui. Di Bernardo ha ricordato di aver ricevuto anche una prima offerta in denaro e, successivamente, una proposta indecente: il possesso del vero elenco della P2. “Quello sequestrato dalla magistratura era solo parziale.
Gelli mi offrì l’elenco vero della P2 tramite un suo emissario che commentò: ‘così puoi ricattare tutta l’Italia’”. Alla domanda del pm Lombardo su chi fosse questo soggetto il teste ha preferito trincerarsi nel silenzio: “Preferisco non dirlo”. “No dico di non averci pensato – ha ammesso Di Bernardo – Ma poi ho deciso di non procedere”.
Che l’elenco segreto della P2 fosse qualcosa di reale il teste si è convinto dopo un altro episodio: “Dopo la mia elezione chiede di incontrarmi il segretario personale del gran maestro Battelli. Questo segretario voleva fare una dichiarazione al Gran maestro da firmare. Infatti lo incontro e mi dice che una sera Gelli si presenta nello studio del Gran maestro Battelli con un gran fascicolo e gli dice ‘questo è l’elenco della P2’.
Battelli inizia a sfogliarlo e diventa di tutti i colori. Alla fin fine, Battelli chiude e dice a Gelli: ‘Riprendilo, questo io non l’ho mai visto’. E dice al suo segretario che i nomi che ha visto lì non li vuole dire. Il segretario si sente in dovere di fare questa dichiarazione. Io ho la cognizione che il vero elenco esiste ma non sappiamo dove. Questo avviene dopo che la loggia P2 è stata sciolta. Per sciogliere la P2 è stata necessaria la legge Anselmi, anche se non scioglie proprio nulla perché contiene una contraddizione che contrasta con un articolo della Costituzione”.
Questa tesi è stata perseguita recentemente anche dall’ultima Commissione antimafia.
In questo modo, secondo Giuliano Di Bernardo, anche il suo predecessore Armando Corona, poté fondare una loggia coperta i cui partecipanti non erano individuabili se non dal Gran Maestro.
Di questa vicenda Di Bernardo venne a conoscenza quando fu Gran Maestro del GOI: “Un giorno mi viene a trovare un personaggio calabrese che mi dice: Gran Maestro io sono all’obbedienza di Armando Corona della loggia coperta, però voglio stare sempre accanto al numero uno e voglio entrare nella sua loggia coperta – ha proseguito nel racconto Di Bernardo – E io dissi che per prendere in considerazione la sua richiesta avevo bisogno di un documento scritto. Cosi mi scrisse una lettera su carta intestata in cui allegò una foto con Corona vestito con paramenti massonici e mi fornì la prova documentale dell’esistenza di una loggia coperta.
Non ho mai saputo se fosse in Calabria ma il soggetto che venne da me era un calabrese. Io quel punto diedi tutto a Cordova. Le logge coperte sono di fatto comitati d’affari. Corona ha preso quegli imprenditori che secondo lui potevano essergli utili nei suoi progetti e li ha riuniti in una loggia coperta”.
Gli indirizzi massonici di Di Bernardo
Viste le infiltrazioni del Grande Oriente con la mafia e la presenza di correnti interne che non rispecchiavano più il suo ideale massonico, Giuliano Di Bernardo ha poi parlato delle sue dimissioni nel 1993 dal Grande Oriente d’Italia e della fondazione della “Gran Loggia Regolare d’Italia” riconosciuta dalla Gran Loggia Unita d’Inghilterra che pochi mesi dopo la formazione di questa nuova realtà massonica in Italia, troncò i rapporti con il Grande Oriente d’Italia.
Di questa nuova realtà massonica, nata su ispirazione inglese, Di Bernardo fu Gran Maestro per nove anni fino al 2002. Dopo poco tempo si ritirò dalla massoneria per fondare l’Accademia degli Illuminati. All’interno dell’udienza Di Bernardo ha dichiarato di come anche la Gran Loggia Regolare d’Italia, come risulta dalla relazione della Commissione Antimafia, ha il 77,3 percento di affiliati non identificabili in regioni come la Calabria e la Sicilia.
Vaticano e massoneria
Nel corso dell’udienza il pm Lombardo ha anche chiesto al teste le sue conoscenze sui legami che si sviluppano tra le massonerie ed il Vaticano. “Per me sono solo invenzioni – ha detto il teste – Tuttavia non escludo che ci siano stati rapporti tra massoneria e vaticano ma oggi non esistono più. Il Vaticano oggi si è buttato alle spalle queste cose, i cardinali accusano di questo altri cardinali per le loro lotte interne”. Di Bernardo ha poi raccontato di non aver avuto rapporti con il Vaticano quando era Gran Maestro del GOI.
“Nel 2002 quando avevo costituito l’Accademia degli Illuminati, ricevetti richiesta di includere un rappresentante del Vaticano nell’Accademia e mi proposero un signore bulgaro, capo servizi segreti e diplomazia, personaggio che aveva seguito la pista bulgara dell’attentato al Papa” ha detto rivolgendosi alla Corte.
“Lui – ha concluso Di Bernardo – mi disse che in Vaticano c’era una persona che mi voleva conoscere personalmente e mi ritrovai di fronte il Sottosegretario agli Esteri Pietro Parolin. C’è stato subito sintonia sulle cose da fare. Più volte sono tornato li e ho aiutato Parolin a risolvere un problema con il governo cinese di qualche anno fa”. Il processo è stato rinviato al prossimo 18 gennaio.
Fonte: corrispondenza romana