Di Vittorio Acerbi
La musica è rigore ed armonia. Severamente legata alle regole non ammette errori. È il suo essere così precisa e puntuale che la eleva e la santifica. Non c’è spazio al caos. Se la musica italiana ha da sempre avuto un posto d’onore nello scenario mondiale, penso alla musica barocca: dove si distinse uno stupendo (e solitamente poco menzionato) Claudio Monteverdi (che fu, per altro, autore del “Vespro della Beata Vergine”), Antonio Vivaldi, Domenico Scarlatti, per citare i più grandi; durante la seconda metà del ‘700 l’attenzione su altri paesi, su altri compositori: Mozart e Beethoven per citarne due casuali. Tuttavia c’è un artista che sarà fondamentale e di ispirazione per molti altri artisti del suo tempo e che daranno nuovo lustro all’Italia come Rossini e Donizetti. Sto parlando di Vincenzo Bellini. Scomparso prematuramente all’età di 34 anni. Il contribuito che ha saputo dare alla musica sacra è qualcosa di imponente. In particolare è doveroso ascoltare il suo Te Deum in Do Maggiore. Un crescendo che sale lentamente, come quello di un penitente alla redenzione, culminando in quella perfezione finale che solo Dio sa donare a coloro che si affidano alla Sua Grazia: “In Te, Domine, speravi: non confundar in aeternum”.
Dopotutto se a Bellini avevano dedicato la banconota da 5.000 Lire, significa che non stiamo parlando di uno sprovveduto.
Vittorio Acerbi