Giuseppe (Pucci) Cipriani

rivista “Controrivoluzione” (www.controrivoluzione.it) Organo ufficiale dell’ANTI 89

Pier Luigi Tossani

blog https://lafilosofiadellatav.wordpress.com/

Pier Luigi Tossani

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Lettera aperta alle Istituzioni civili e religiose nel centenario della nascita di don Lorenzo Milani:”Circa le imminenti iniziative di commemorazione 

del priore di Barbiana, raccomandiamo la ricerca della verità”

Firenze, 21.4.2023

Comitato Nazionale per il centenario della nascita di don Lorenzo Milani il Presidente, on. le Rosy Bindi 
info@istituzionedonmilani.org
 Associazione di Volontariato “Gruppo don Lorenzo Milani – Calenzano”

il Presidente, Alessandro Santi

segreteria@donmilani.eu

Arcidiocesi di Firenze

l’Arcivescovo, S. E. Card. Giuseppe Betori

segreteria@diocesifirenze.it

Conferenza Episcopale Italiana

il Presidente, S.E. il Card. Matteo Maria Zuppi

segrgen@chiesacattolica.it

 Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
il Ministro, Prof. Giuseppe Valditara
segreteria.ministro@istruzione.it

Regione Toscana
il Presidente, Eugenio Giani
eugenio.giani@regione.toscana.it
Segreteria del Presidente
il Responsabile, Paolo Becattini

paolo.becattini@regione.toscana.it

 Comune di Firenze
il Sindaco, Dario Nardella
sindaco@comune.fi.it

Comune di Vicchio 

il Sindaco, Filippo Carlà Campa
sindaco@comune.vicchio.fi.it

Comune di Calenzano

il Sindaco, Riccardo Prestini
sindaco@comune.calenzano.fi.it

Comune di Montespertoli

il Sindaco, Alessio Mugnaini

sindaco@comune.montespertoli.fi.it

Gentilissimi, 

non è a cuor leggero, quanto piuttosto gravato da dispiacere e preoccupazione

, che vi inviamo la presente missiva. 

Ci riferiamo all’imminente centenario della nascita di don Lorenzo Milani, che ricorrerà il 27 maggio prossimo e per il quale è stata organizzata una nutrita serie di manifestazioni, incontri, giornate di ricordo e di studio, che si protrarranno anche nel 2024. Ne leggiamo sul sito web dell’Istituzione Culturale don Milani, a questo link, dove si dà notizia della costituzione di un Comitato nazionale dedicato, la cui presidenza è stata affidata all’on.le Rosy Bindi. Ci rivolgiamo a Voi, poiché siete stati chiamati a vario titolo alla composizione del Comitato e alla collaborazione con esso.

Da parte nostra, ci presentiamo: Giuseppe (Pucci) Cipriani, scrittore e giornalista pubblicista di Borgo San Lorenzo, direttore della rivista “Controrivoluzione”, e Pier Luigi Tossani, cittadino e blogger fiorentino.

Vi scriviamo dunque, per porgervi alcune considerazioni sulla figura del priore di Barbiana. Leggiamo nel testo precedentemente linkato, che il sindaco di Vicchio, Filippo Carlà Campa, ha affermato:

“La strada che stiamo seguendo, quella di non interpretare soggettivamente i testi di don Milani ma di leggerli nel loro significato  profondo e vero, ha portato coesione e finalità d’intenti. La figura di don Lorenzo è divisiva nel senso che i suoi scritti, il suo messaggio chiamano, spingono a una riflessione, a prendere posizione, ma proprio per questo unisce, indica la direzione. Ci sprona – conclude – a ricercare sempre la verità nei suoi scritti”.

E’ appunto questo che noi intendiamo fare: non tanto interpretare, quanto piuttosto semplicemente leggere direttamente alla fonte gli scritti del priore di Barbiana nel loro significato anche letterale, in quanto manifestazioni puntuali del suo pensiero, per trarne le conseguenze, circa la sostanza della sua lezione.

Oltre a ciò, nel testo di riferimento di questa missiva, diamo la parola ad alcuni testimoni che lo conobbero personalmente, e anche ad altre voci. Tale testo di riferimento è il dossier in undici capitoli che accompagnava la “supplica”, che lo scrivente Pier Luigi Tossani – integrando le testimonianze fornitegli dall’altro scrivente Giuseppe Cipriani, senza le quali il dossier non avrebbe potuto essere completato nella sua interezza – volle rivolgere il 14 giugno 2017 a Papa Francesco e a tre Cardinali, nell’imminenza della visita del Pontefice a Barbiana, per metterli in guardia sui contenuti discutibili della lezione di don Milani. Dossier e “supplica” sono tuttora leggibili online, sul blog dello scrivente Pier Luigi Tossani, al seguente link: 

L’indice del testo è il seguente:

Introduzione

1. Obbediente?… no, ribelle

2. Lettera da una professoressa

3. “Pacifista”, ma non operatore di pace

4. Cuore di tenebra

5. Le  pulsioni omosessuali/pedofile, e la questione del padre

6. Esperienze pastorali… infelici

7. Tre maestri spiegano la crisi. E la risolvono

8. Tristi eredità orgogliosamente milaniane: Il Forteto e don Santoro

9. Un sistema fallimentare, da far evolvere

10. Una riabilitazione inopportuna

11. Supplica a Papa Francesco: “Santità, non vada a Barbiana!…”

La posta in gioco è di estrema importanza, poiché nel tempo il pensiero milaniano è divenuto ormai un paradigma non solo italiano, ma in certo modo anche internazionale, per fare non solo pastorale ecclesiale, ma anche educazione in senso lato, fare scuola e, infine, anche di interpretare il tema del lavoro e la politica. Procediamo dunque per punti, accennando sinteticamente in questa sede solo ai punti principali, e rimandando, per ogni necessario approfondimento, al testo del dossier. 

1. Obbediente?… no, ribelle

Don Milani, lungi dall’essere quel “ribelle obbediente” alla Chiesa, come viene correntemente definito, viveva invece in uno stato di permanente ribellione verso di essa (vedi capp.1, 3, 6, 10 del dossier). 

L’ultimo superiore di don Milani, il Card. Ermenegildo Florit, sa valutare correttamente il temperamento del suo prete, nonché la cifra del suo lavoro pastorale, e ha la carità di dirglielo con garbo, ma anche con franchezza e fermezza. Florit è misericordioso davanti all’aggressività di don Milani, tipica di una personalità problematica. Ne esce quindi un don Milani, secondo Florit, che glielo scrive personalmente, “assolutista”, che fa una pastorale ispirata alla “lotta di classe”, caratterizzato da uno “zelo fustigatore” che lo fa apparire “dominatore delle coscienze prima ancora che padre”. 

Don Milani pretende da Florit che il suo lavoro a San Donato a Calenzano e a Barbiana sia “solennemente e pubblicamente onorato”, ma è fuori dalla realtà. Il priore non è quindi in grado di recepire la correzione del vescovo. Dal libro di Mario Lancisi “Processo all’obbedienza: la vera storia di don Milani” (Laterza, 2016), si evince che il priore si sfoga, per lettera, con uno dei suoi ragazzi, Francuccio Gesualdi. Al quale il 30 gennaio 1966 scrive che la risposta di Florit consiste in “tre pagine di crudeltà di falsità di ingiurie”, e che non gli era mai stata data una parrocchia perché 

“…manco di carità pastorale, sono classista, sferzante, credo di prendere la gente con l’aceto, invece ci vuole il miele, ecc. ecc. Ci ho sofferto per qualche ora, poi mi è passata perché lui (il Cardinale Florit, ndr) è un deficiente indemoniato (basti pensare la scelta del momento!) mi accusa ora che sono fuori combattimento di cose che se avesse creduto vere aveva il dovere di dirmi quando ero giovane e potevo correggermi. Pensa che è il primo rimprovero che ricevo dai ‘superiori’ in 19 anni di sacerdozio”. (pag. 103)

Per il priore di Barbiana il suo Vescovo è dunque “un deficiente indemoniato”, che gli scrive una lettera piena “di crudeltà di falsità di ingiurie”. Questo è. 

Dopo la valutazione di Florit circa il lavoro di don Milani, rimandiamo al dossier, ancora al capitolo 1, per vedere l’opinione del primo Vescovo di don Milani, il Venerabile Cardinale Arcivescovo Elia Dalla Costa. Al capitolo 10 riferiamo anche del parere di Angelo Giuseppe Roncalli, che all’epoca è patriarca di Venezia, e sarà poi il pontefice Giovanni XXIII. Nonché accenniamo alla severa critica del celebre testo milaniano “Esperienze pastorali” da parte de “La Civiltà Cattolica”, stampata con l’assenso del papa, che a quella data è Pio XII.

2. Il progetto educativo milaniano – Lettera “da” una professoressa 

L’insieme degli aspetti problematici del priore ha ovviamente influenzato il suo progetto educativo (vedi al cap. 2 del dossier), attribuendo ad esso un carattere ideologico e classista, che ne ha pregiudicato gravemente il livello nella qualità e nei contenuti. Ciò si è risolto in un danno, paradossalmente proprio nei confronti di quei poveri e di quegli ultimi che egli diceva di aver a cuore e voler aiutare, vale a dire in prima istanza i suoi allievi. Secondariamente verso tutti coloro, docenti e discenti, che si sono ispirati al suo esempio educativo. Si evince infatti dal dossier, ancora al capitolo 2, che tutta la scuola italiana è stata largamente contaminata in modo negativo dal portato milaniano, che come si sa ha avuto moltissimi estimatori e seguaci. 

Svolgiamo questo tema, in prima istanza, con l’ausilio della relazione della prof. Michela Piovesan, che cinquanta anni dopo la famosa Lettera a una professoressa, risponde al priore di Barbiana. Nel medesimo capitolo, seguono poi altri interventi, a firma della prof. Cesarina Dolfi, di Roberto Berardi e di Maurizio Grassini. I testi degli interventi sono tratti dalla rivista web fiorentina di cultura “Il Covile”, diretta da Stefano Borselli, che nella circostanza ringraziamo. 

3. “Pacifista”, ma non operatore di pace

Il priore si dichiara “pacifista”, ma non è operatore di pace. Si veda, ad esempio, quando egli scrive nella Lettera ai cappellani militari toscani:

“…E se voi avete il diritto, senza essere richiamati dalla Curia, di insegnare che italiani e stranieri possono lecitamente anzi eroicamente squartarsi a vicenda, allora io reclamo il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i ricchi.

 E almeno nella scelta dei mezzi sono migliore di voi: le armi che voi approvate sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e vedove. Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente: lo sciopero e il voto”.

Il che ci fa dedurre che il “pacifismo” del priore sia di matrice ideologica, strumentale alla lotta di classe. Egli riesce infatti a promuovere il “combattimento contro i ricchi” perfino quando si esprime sull’obiezione di coscienza, che, in quanto tale, in teoria dovrebbe ripudiare il combattimento. Don Milani, in effetti, dice che

“Le uniche armi che approvo io sono nobili e incruente…”

però già agli albori del suo ministero, nell’ormai lontano 1950, quando era vice parroco a San Donato a Calenzano egli scriveva nella famosa Lettera a Pipetta:

“Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione.

Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione”.

Pare dunque che le due posizioni milaniane, quella disarmata e quella armata, vadano fatalmente a confliggere.

4. Cuore di tenebra

Andiamo ora a verificare in questo importante capitolo se la valutazione di Dalla Costa e Florit su don Milani era giusta. E’ un servizio che rendiamo molto volentieri a questi due grandi della Chiesa fiorentina. Capire don Milani è dopotutto abbastanza semplice, potendo accedere direttamente al suo pensiero tramite i suoi scritti. 

Rileviamo dunque che in alcuni suoi testi il priore di Barbiana si rivela un sostenitore della violenza rivoluzionaria (vedi capp. 3 e 4 del dossier). Egli infatti scrive nella famosa Lettera a Gianni, 

che porta la data del 30 marzo 1956:

“Ma domani, quando i contadini impugneranno il forcone e sommergeranno nel sangue insieme a tanto male anche grandi valori di bene accumulati dalle famiglie universitarie nelle loro menti e nelle loro specializzazioni, ricordati quel giorno di non fare ingiustizie nella valutazione storica di quegli avvenimenti. Ricordati di non piangere il danno della Chiesa e della scienza, del pensiero o dell’arte per lo scempio di tante teste di pensatori e di scienziati e di poeti e di sacerdoti”.

Dunque la sentenza che giustifica l’ecatombe classista è già stata stesa. Poi leggiamo che

“Se quel Giudice quel giorno griderà «Via da me nel fuoco eterno» per ciò che Adolfo ha fatto colla punta del suo forcone, che dirà di quel che il signorino ha fatto colla punta della sua stilografica? E se di due assassini uno ne vorrà assolvere, a quale dei due dovrà riconoscere l’aggravante della provocazione? A quale dei due l’attenuante dell’estrema ignoranza? D’una ignoranza così grave da non esser neanche più uomini.

Neanche forse più soggetti d’una qualsiasi responsabilità interiore”.

E perché mai il Giudice dovrebbe assolvere uno dei due assassini? In base a quale ratio? Non è dato sapere. Nella visione milaniana, gli sterminatori di classe hanno comunque diritto all’attenuante specifica dell’”estrema ignoranza”, che li esimerebbe dalla responsabilità degli omicidi da loro commessi a danno dei padroni, e che potrebbe anche persino aprir loro la porta del Regno dei Cieli. Il priore parla infatti di “assoluzione” divina per i proletari assassini. Anzi secondo lui essi non sarebbero “neanche più uomini”, e quindi, in quanto tali “forse” nemmeno perseguibili a termini di legge. Francamente quella di don Milani ci pare una disistima eccessiva per la classe contadina, che, specie nel 1956, non crediamo fosse ridotta nello stato di abbrutimento sub-umano da lui evocato. Ai padroni invece il priore assegna “l’aggravante della provocazione”, per il solo fatto di essere tali.

Non sfugge dunque ad un occhio oggettivo il nocciolo profondo di violenza rivoluzionaria di stampo giacobino – spiace dirlo ma è bene esser chiari – che evidentemente albergava nel cuore di tenebra del priore di Barbiana.

Il tutto ci pare eloquente. Il tempo futuro è domani, 31 marzo 1956. Il verbo non è il congiuntivo imperfetto, ma l’indicativo. L’eliminazione fisica della controparte, il prospettato massacro degli intellettuali, degli uomini di scienza, dei confratelli sacerdoti e perfino degli innocentissimi poeti, è preconizzato da don Milani come imminente e ineluttabile. 

Diremmo che è particolarmente grave il fatto che il priore di Barbiana, invece di scongiurare la violenza rivoluzionaria, abbia evocato l’epilogo della lotta di classe fino alle sue estreme conseguenze,  invece di servirsi, da cattolico ancor prima che da prete, dei princìpi di sussidiarietà e di partecipazione autentica dei cittadini alla gestione della cosa pubblica, per risolvere pacificamente i problemi del consesso civile con gli strumenti della Dottrina sociale cattolica. Di questa alternativa possibile si parla estesamente nel capitolo 7 del dossier.

Il priore si rivela ancora una volta sostenitore dello spargimento del sangue dei nemici del popolo, come si legge nel cap. 4 del dossier quando nella Lettera a Ettore Bernabei egli scrive:

“…Per il bene dei poveri. Perché si facciano strada senza che scorra il sangue. E se anche il sangue dovesse scorrere un’altra volta, perché almeno non scorra invano per loro come è stato finora tutte le volte”

Già agli albori del suo ministero, nell’ormai lontano 1950, quando era ancora vice parroco a San Donato a Calenzano, si è visto che don Milani scriveva, nella famosa Lettera a Pipetta:

“Ora che il ricco t’ha vinto col mio aiuto mi tocca dirti che hai ragione, mi tocca scendere accanto a te a combattere il ricco.

Ma non me lo dire per questo, Pipetta, ch’io sono l’unico prete a posto. Tu credi di farmi piacere. E invece strofini sale sulla mia ferita.

E se la storia non mi si fosse buttata contro, se il 18… non m’avresti mai veduto scendere là in basso, a combattere i ricchi.

Hai ragione, sì, hai ragione, tra te e i ricchi sarai sempre te povero a aver ragione.

Anche quando avrai il torto di impugnare le armi ti darò ragione”.

Possibile, ci diciamo, che ancora oggi non si colga la valenza incendiaria di queste parole? Su questo punto segnaliamo altre pericolose implicazioni, nel medesimo capitolo 4.

5. Le  pulsioni omosessuali/pedofile, e la questione del padre

In ultimo, don Milani manifesta anche pulsioni omosessuali e pedofile (vedi al cap. 5 del dossier), quando in una lettera all’amico Giorgio Pecorini egli scrive:

“Come facevo a spiegare che amo i miei parrocchiani piú che la Chiesa e il Papa? E che se un rischio corro per l’anima mia non è certo quello di aver poco amato, ma piuttosto di amare troppo (cioè di portarmeli anche a letto!)”.

“… E chi potrà mai amare i ragazzi fino all’osso senza finire col metterglielo anche in culo se non un maestro che insieme a loro ami anche Dio e tema l’Inferno e desideri il Paradiso?”

Per il doveroso approfondimento della spinosa questione che non può certo essere svolto qui, rimandiamo all’intero capitolo 5 e in particolare all’equilibrata relazione di Armando Ermini.

A questo punto riteniamo opportuno fermarci per non appesantire ulteriormente la nostra missiva e rimandarvi al testo integrale del dossier per gli altri temi pur importanti che vi abbiamo trattato, come da indice. Tutto ciò premesso, leggiamo sul Corriere Fiorentino in data 7 dicembre 2022 a questo link, circa le commemorazioni milaniane, che in proposito vi siete espressi nel modo seguente:

«Per dodici mesi, quindi anche nel 2024, non vogliamo celebrare, una parola cui lui era allergico, ma farlo parlare oggi, farlo parlare in primo luogo ai giovani, ai ventenni, motivo per cui ci sarà anche un sito del centenario e coinvolgeremo le scuole con iniziative, concorsi, premi, borse di studio collettive — spiega Rosy Bindi — il sito oltre a coinvolgere i giovani avrà spazio per tutte le iniziative legate al priore di Barbiana, non solo per quelle che faremo noi, poche, di livello nazionale e mi auguro di qualità».

Ebbene oggi, di cosa vogliamo far parlare don Milani, ai giovani, ma anche a noi stessi? E’ forse cambiato qualcosa rispetto al passato, rispetto alle valutazioni che su don Milani avevano dato i suoi diretti superiori dell’epoca, il Venerabile Cardinale Arcivescovo Elia Dalla Costa, e il Cardinale Ermenegildo Florit? E’ cambiato qualcosa rispetto alle valutazioni che ciascuno di noi ancora oggi può fare circa la lezione milaniana, attingendo direttamente dalle parole del priore? Può essere che la débâcle educativa milaniana, l’ammutinamento sistematico ai superiori, l’apologia della violenza rivoluzionaria, della lotta di classe, dello spargimento del sangue dei nemici del popolo, della lotta armata di stampo proto-brigatista e finanche – ma di questo Dalla Costa e Florit non erano a conoscenza – l’orgogliosa rivendicazione di pulsioni omosessuali e pedofile (il tutto è naturalmente documentato nei diversi capitoli del dossier), non siano più censurabili come lo erano una volta? 

E’ una grave responsabilità quella di presentare il priore, non soltanto ai giovani, ma a tutti, come un modello da imitare. L’elementare principio di precauzione lo sconsiglia vivamente.

Dicevamo in apertura della nostra missiva che nel prendere l’iniziativa di rivolgerci a Voi, siamo dispiaciuti e preoccupati. Siamo dispiaciuti perché ci rendiamo ben conto che quanto ci siamo sentiti in dovere di porgerVi è senz’altro assai spiacevole, e possa scandalizzarvi o ferirvi. Specie coloro fra di voi che sono stati più vicini al priore di Barbiana. Ma se le parole hanno un senso, siamo anche molto preoccupati, perché se non guardiamo la realtà in faccia e non andiamo a dismettere il mito milaniano, la realtà ci travolgerà. Anzi ha già cominciato a travolgerci, come ben si vede. 

Concludendo, ci pare evidente che a questo punto il tema centrale della questione vada ben oltre il pur importante ed esemplare caso specifico di don Lorenzo Milani. Ci permettiamo di segnalare piuttosto l’urgenza della ricerca della verità, ponendo sulla realtà uno sguardo libero da ideologie. Potremo così anche dare un giudizio chiaro e univoco, a pro di tutti, non sulla persona di don Lorenzo Milani, cosa che ci guardiamo bene dal fare, avendo anzi verso di lui la massima compassione, quanto piuttosto sulle scelte che egli fece e sulle parole inequivocabili che egli volle convintamente pronunciare. Una volta accantonato il mito ingombrante, potremo pienamente affidare il priore di Barbiana alla Misericordia di Dio e lasciarlo riposare in pace.

Václav Havel, nel Potere dei senza potere, scriveva: “La prima politica è vivere nella verità”. Non sarà mai troppo tardi per riconoscere questo elementare dato di fatto.

Vi informiamo che della presente lettera aperta sarà data notizia ai media in una conferenza stampa che si terrà il prossimo venerdì 21 aprile a Firenze, alle ore 11.00, presso l’Hotel Cellai, in via Ventisette Aprile, 52/R, alla quale Voi e i vostri collaboratori sarete eventualmente graditi ospiti.

Con ossequi, restando a disposizione

Giuseppe (Pucci) Cipriani

rivista web Controrivoluzione

piazza Martiri della Libertà 10

50032 Borgo San Lorenzo

e-mail: pucciovannetti@gmail.com

cell. 3339348056

Pier Luigi Tossani

blog La filosofia della TAV

via delle Cinque Giornate 25

50129 Firenze

e-mail: pierluigi.tossani@gmail.com

cell. 3201618105