Caro Direttore Pucci Cipriani,
ieri sera ho terminato a tarda notte di leggere il suo libro “La memoria negata”, da lei cordialmente offertomi al termine della cena di due settimane fa. Avrei desiderato scriverle subito, ma le energie mi sono venute meno e, pertanto, sono riuscito a farlo soltanto adesso.
Il suo libro mi ha commosso. Mi ha commosso intensamente, ma virilmente, come solo una tragedia greca può commuovere: la coraggiosa ed infaticabile pertinacia della condotta dell’eroe; un destino imprevedibile ed imperscrutabile, che mette alla prova l’eroe e potrebbe vincerlo; infine, l’auspicio di una catarsi. L’eroe è lei, ma non soltanto lei. Sono tutti coloro che ha incontrato negli anni della sua militanza cristiana (nel senso forte di “milites christi”), tutte quelle figure che emergono nel loro titanismo quotidiano, nell’olimpica atarassia che hanno soltanto coloro che sanno senza sapere d’essere giusti, perché la fede in Cristo è fonte di giustizia. D’altronde, dal C. V. II e dal ’68 il corso degli eventi per l’ Italia e l’Occidente sta precipitando a velocità accelerata, prospettando un tonfo tanto più devastante. Per quanti non possono sottrarsi a osservare questi fatti e per quanti, me compreso, non vogliono starsene con le mani in mano, ma desiderano resistere, “katechontizzare” l’apocalisse, civile o bilblica che sia – il destino pare avverso e riottoso ad ogni addomesticamento. Ma “non possiamo, non dobbiamo, non vogliamo” cedere. A portarci un po’ di conforto, dalle pagine del suo libro appare come in filigrana una possibilità di catarsi. Come? Uno straordinario diorama di idee, sfide, imprese, fallimenti e vittorie che andava testimoniato: non come suppellettile da salotto, però, bensì come eredità forte e doviziosa per coloro che vorranno riceverla.
La Tradizione non tradisce ma può essere tradita. E questo accade quando manca il contatto con coloro che l’hanno testimoniata, con coraggio e pazienza attraverso le tempeste manifeste, ma anche nell’apparente quiete anestetizzante.
Sarà un piacere incontrarla di nuovo.
A presto, allora, e grazie per volermi ricordare nelle sue preghiere a San Gennaro.
Cordiali saluti,
Niccolò Mochi-Poltri
Sono grato al professor Niccolò Mochi Poltri per la Sua bellissima lettera-recensione al mio libro : “La Memoria negata : appunti per una storia della Tradizione” : ha capito – perché anche lui prima che nel cervello l’ha impresso nel cuore – perfettamente il significato di Tradizione: “Tradidi quod et accepi” ovvero “Vi trasmetto quello che ho ricevuto”…ed io che, quest’anno festeggio i miei (primi?) sessant’anni di milizia nella Tradizione – sono del 1945 e ho ritrovato i miei primi articoli su un ciclostilato del 1960 : “La Sfida” – vorrei davvero dedicare il 2020 a “sigillare” in un libro la memoria di tutti quelli che in tutto questo lasso di tempo hanno combattuto il “Bonum certamen”…da poveri peccatori casomai, come il sottoscritto, che, con il peccato ha la stessa frequentazione che il carbonaio ha con il carbone…ma, posso assicurarLe – ma Lei lo ha già capito – che ci sono pagine splendide di valore e di generosità. E posso anche assicurarLe che difficilmente ho trovato – idee a parte – nel mondo della Tradizione persone che hanno tratto da questa milizia un tornaconto personale.
Poi ci sono anche qui i vari Tersite, le canagliette che, da sera a mattina, hanno saltato il fosso, gli abatini saccenti e brufolosi che sono incantati davanti alle trine e ai merletti ma fuggono, a gambe levate, davanti al nemico.
Lei, caro professor Poltri, è uno dei nostri, uno che non fugge, e vuol restare fermo, al proprio posto, a dare testimonianza in difesa della Fede e della Dottrina.
Vorrei anch’io,- finito il mio lavoro del 2020, in cui ricorderò tutti i combattenti per la buona causa, potervi scrivere
“Cari figli, io vi lascio per tutto patrimonio, lo stesso zelo che me ne ha privato …Dio voglia che ne siate ugualmente animati… Conservate tutte le forze del vostro spirito e del vostro corpo alla difesa della vostra Religione e del vostro Re. Siate virtuosi e costanti Fate sempre tutto ciò che potete per il bene del vostro Paese, ma ricordatevi sempre che dove è il Re, là è la Patria. Non fate mai pace né tregua con i suoi nemici …Ho ripreso le armi per consacrare i giorni che mi restano da vivere al servizio del nostro Re: ignoro se potrò rivedervi. Ricevete dunque queste mie ultime parole, forse eterno addio.”
È il testamento di un guerriero vandeano de 1832. Non c’è il nome…come non c’è il nome dei tanti eroi morti in battaglia per la Tradizione, dai Cristeros ai Vandeani, dai legionari in Spagna ai martiri del Comunismo assassino e della Massoneria in tutto il mondo.
P.C.