Tratto da: UnaVox

di Don Michel Fromentoux, FSSPX

Pubblicato sul sito francese della Fraternità San Pio X
La Porte Latine



La storia dell’anima russa, cristiana, ma terribile.

Le steppe tra il Dnieper e il Volga avevano attirato molti popoli, gli Unni e molti altri, prima che nel IX secolo, i «Russi», di origine vichinga, venissero a fondare un principato a Novgorod, sul lago Volkov, e imponessero il loro arbitraggio alle ingovernabili federazioni slave. Questo embrione di Impero (gli attuali territori dell’Ucraina e della Bielorussia) si sviluppò sotto l’autorità del leggendario Rurik, poi di Oleg il Saggio e Igor I, che si stabilirono a Kiev e svilupparono turbolenti relazioni commerciali con la Scandinavia e l’Impero Bizantino.

Sulla scia dei mercanti arrivarono i missionari. Già nel 957, la vedova di Igor I, Santa Olga, fu battezzata; suo nipote avrebbe seguito le sue orme, così, come la Francia con Clodoveo cinquecento anni prima, la Russia sarebbe nata da un battistero!
San Vladimiro I il Grande, principe di Kiev, all’inizio debosciato e assassino di suo fratello, fu presto tormentato dai dubbi sul paganesimo: andò per aiuto dall’Imperatore Basilio II di Costantinopoli e promise di convertirsi se gli avesse dato in sposa sua sorella Anna Porfirogeneta. La sua promessa fu mantenuta: Vladimiro fu battezzato con tutti gli ufficiali del suo seguito nell’Epifania del 988, poco prima di sposare Anna: fu questo il certificato di nascita della «Santa Russia».

Vladimiro battezzato

Tornato a Kiev, Vladimiro ordinò l’abbattimento degli idoli, scatenando una grande ondata di fede in tutto il paese. Suo figlio Jaroslav il Saggio gli succedette nel 1019 e governò dal Baltico al Mar Nero e dal Volga ai Carpazi. Egli ottenne da Bisanzio che Kiev fosse la sede di un metropolita. Le sue figlie godevano di una reputazione di bellezza abbagliante, soprattutto Anna, la cui mano fu facilmente conquistata dall’altra parte dell’Europa dal re francese Enrico I, nipote di Ugo Capeto, che aveva fretta di prendere una moglie che non fosse tra le sue cugine.

Ahimè, nello stesso anno in cui Jaroslav morì (1054), il patriarca di Costantinopoli, Michele Cerulano, condusse la Chiesa orientale al cosiddetto scisma «ortodosso». L’anima russa sarà sempre un grande mistero, tentata da ogni tipo di eccesso, sia nel materialismo sia nel misticismo.

Manoscritto greco del XV secolo che illustra la rottura del 1054 fra Papa Leone IX, a destra, e il Patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario, a sinistra (Biblioteca Nazionale di Palermo).

I discendenti di Rurik, che avevano raggiunto Mosca mentre Kiev declinava, erano impegnati a radunare l’«Impero di tutte le Russie»;  quando, nel XIII secolo, arrivarono i Tartari e vassallizzarono i principati. Fu solo con Ivan III, principe di Mosca (1462-1505) che la Russia si liberò del giogo mongolo. Regnando poco dopo la caduta di Costantinopoli (1453), egli stabilì Mosca come «terza Roma»: da allora in poi, la gerarchia ortodossa guarderà con sospetto i commercianti stranieri!
Ivan IV, detto il Terribile – e lo fu… (1533-1584) – fu il primo a darsi il titolo di zar (che significa Cesare) ed estese la servitù della gleba in tutto l’Impero, inducendo i contadini che volevano rimanere liberi (cosacchi) a fuggire nelle marche siberiane.

L’ascesa al trono della famiglia moscovita dei Romanov, che dovette respingere i polacchi, non migliorò la condizione degli stranieri che furono sempre più chiamati dagli stessi zar a venire a commerciare.

Lo zar autocrate

Poi venne Pietro I il Grande, zar nel 1689 all’età di diciassette anni. Un essere eccezionale che, tra alcune orge colossali e molte decapitazioni, si impegnò, per il loro bene, ad afferrare gli slavi disinvolti e… tagliare loro la barba! Egli sapeva che senza un sovrano autocrate, i suoi sudditi non sarebbero mai stati in grado di usare correttamente le loro libertà. Volendo difendersi dagli attacchi svedesi sul Baltico, forzò la natura per costruire la sua magnifica nuova capitale, San Pietroburgo.

Egli cercò un’alleanza con la Francia per contrastare la minacciosa ascesa della Prussia; andò a Parigi nel 1717, incontrò il Reggente, i ministri e i finanzieri, e andò a Versailles dove prese tra le sue braccia focose e senza cerimonie il settenne Luigi XV, sperando di offrirgli in sposa la sua seconda figlia, Elisabetta di otto anni. Egli puntava in alto… ma Pietro tornò a casa con quattro arazzi e la certezza di aver posto la Russia nell’ambito diplomatico.

Da allora, lo zar sarebbe stato per sempre l’incarnazione del patriottismo russo, sostenuto dalla religione nazionale. Egli istituì quindi il Santo Sinodo come autorità suprema della Chiesa ufficiale, interamente nelle sue mani. Ritenendosi liberale, nel 1705, concesse a tutti il permesso di costruire chiese, ma nel 1724, un anno prima della sua morte, impose dei regolamenti alle chiese straniere – luterane, riformate, romane – per impedire loro di fare proselitismo.

Ascesa della burocrazia

Sorvoliamo sull’autocrazia temperata dal regicidio che seguì e che vide Elisabetta, che da mancata regina di Francia era divenuta zarina nel 1740, dare alla Russia un ruolo importante durante la guerra dei Sette Anni.
Nella generazione successiva, nel 1762, quando Sofia di Anhalt-Zerbst fece uccidere il marito Pietro III dal suo amante, divenne la grande Caterina II, «il più grande uomo del secolo», disse Voltaire. Vera «despota illuminata» che parlava francese come tutta l’Europa colta dell’epoca, trasformò la Russia in una burocrazia di tipo tedesco.

Copiando i principi protestanti, la zarina secolarizzò le proprietà del clero e poi impose con la forza le conversioni alla fede ortodossa. Il destino dei cattolici romani era legato a quello dei milioni di cattolici latini polacchi o uniati (di rito greco ma uniti a Roma dal XVI secolo) che divennero sudditi dello zar quando i loro paesi furono spartiti. Fu dato loro un vescovo, presto arcivescovo, con sede a Moghilev, la cui autorità si estendeva alla Georgia.
Caterina, tuttavia, controllava il contenuto di ogni bolla papale. Così rifiutò di pubblicare quello in cui Clemente XIV sopprimeva la Compagnia di Gesù. Per un momento, sembrava che i gesuiti stessero preparando una riunione delle Chiese ortodosse e cattoliche. Va notato che nel 1789, l’anno di tutte le apostasie in Francia, la zarina autorizzò la costruzione della chiesa di San Luigi dei Francesi nel centro di Mosca. Quattro anni dopo, quando seppe che Luigi XVI era stato messo a morte, si pentì di essere stata troppo vicina ai «filosofi», e questo portò alla reazione di suo figlio Paolo III (1796-1801), che fu poi assassinato.

Sulle rovine dell’Europa napoleonica, Alessandro I (1801-1825) si impose come arbitro del continente, costituendo con il cancelliere austriaco Metternich la Santa Alleanza che stabilì diversi decenni di pace europea. Nel 1815 egli aveva riunito il Regno di Polonia all’Impero russo.

Espansionismo slavo

Nicola I (1825-1855), col suo desiderio di estendere l’espansionismo slavo verso l’Impero ottomano e il Mediterraneo, preoccupò la Francia e l’Inghilterra e portò alla guerra di Crimea (1853-1856). Le élite russe si nutrivano allora della filosofia occidentale, purtroppo soprattutto tedesca, mentre si affermava la letteratura russa (Alexander Pushkin, Nicolas Gogol, Ivan Turgenev, ecc.).
Dopo la rivolta polacca del 1831, si poteva temere un peggioramento della sorte dei cattolici, ma lo zar, pur deciso a russificare tutte le popolazioni, firmò un concordato con Pio IX il 3 agosto 1847, fissando il numero di vescovadi cattolici a sette, ovviamente sotto stretto controllo.

Il liberale Alessandro II (1855-1881) abolì la servitù della gleba nel 1861, ma questo non gli impedì di essere ucciso da una bomba lanciata da «intellettuali» intossicati nelle Università dalle idee della rivoluzione francese e della filosofia tedesca.
Poi l’autoritario Alessandro III (1881-1894), che ristabilì l’ordine, fu l’uomo di un ponte, non certo sulla Senna, ma dagli Urali all’Atlantico, per così dire, poiché, seguendo l’esempio di Pietro il Grande, cercò l’alleanza della Francia, che doveva anche guardarsi dagli umori prussiani.
Lo zar andò a Parigi nel 1891, e poco dopo fu firmata un’alleanza. Bisogna dire che l’opinione pubblica russa e francese era allora infatuata di un autore tanto gentile quanto ricco di talento: Leone Tolstoj, la cui slavofilia sfrenata e la cui religione disincarnata stavano minando le basi dell’ordine sociale in un momento in cui gli spiriti avevano bisogno di essere nutriti con fermezza per resistere allo shock della brutale entrata della Russia contadina nell’era industriale. Cosa importa! C’era entusiasmo a Parigi dove la gente sottoscrisse in massa dei prestiti russi…

Il dramma di Nicola II


Nicola II Romanov con la moglie e le sue figlie

Nicola II (1894-1918) dovette affrontare la questione religiosa in un Impero in espansione che comprendeva, oltre a una maggioranza di ortodossi, folle di cattolici, protestanti, ebrei, musulmani, buddisti… mentre l’arrivo degli Assunzionisti dalla Francia aveva ravvivato lo spirito missionario al fine di riportare gli ortodossi all’ovile romano. Lo zar concesse la libertà di culto nel 1905: un gruppo che si definiva «russo-cattolico» ne approfittò per rilanciare l’idea di una riunione delle Chiese, ma la situazione era poco favorevole alla riflessione.

Imperatore profondamente cosciente dell’origine divina del suo potere, semplice e caritatevole, Nicola II dovette arbitrare, in un paese in piena espansione, lo scontro tra i proprietari terrieri, i padroni appena arricchiti, le masse contadine e anche un proletariato che, ancora piccolo di numero, stava emergendo nell’anarchia, facile preda dei rivoluzionari bolscevichi, mentre la burocrazia, quella macchia sul regime, sentendo il vento cambiare, tradiva il suo sovrano.
La sconfitta navale davanti al Giappone nel 1905, gli intrighi che circondavano la zarina, l’influenza del monaco-ciarlatano Rasputin sulla famiglia imperiale, l’assassinio nel 1911 del ministro Stolypin, la disfatta degli eserciti all’inizio della Grande Guerra, tutto contribuì a far perdere allo zar il suo sangue freddo.

Di fronte all’imperversare della rivoluzione, Nicola II abdicò il 28 marzo 1917, pensando di salvare l’unità nazionale e credendo nella buona fede del «liberale» Alexander Kerensky, che sarebbe stato rovesciato in ottobre dai bolscevichi a cui aveva preparato il terreno.
Così l’odioso terrorista Lenin, nella fretta di farla finita, diede l’ordine di massacrare lo zar, sua moglie, suo figlio tredicenne e le sue tre figlie nelle prime ore del 17 luglio 1918, nella tetra casa Ipatiev a Ekaterinburg negli Urali, dopo averli disonorati. Omicidio rituale, come quello di Luigi XVI in Francia nel 1793, simbolo della rottura di una nazione con ciò che fondava il suo essere storico, una volontà di rifare con le sole forze umane un mondo al di fuori delle leggi divine, epurato da ogni trascendenza!

Memoriale della morte dei Romanov nella città di Ekaterinburg dove vennero massacrati.

Ottant’anni di terrore

Ormai, la storia della Russia (URSS) coincide con la storia del comunismo. Dopo aver ottenuto dalla Germania, che l’aveva aiutato a preparare la rivoluzione, la pace di Brest-Litovsk (dicembre 1917), Lenin, forte dei suoi consigli di soldati, contadini e operai (i soviet), crea la sua spietata polizia politica (Ceka) e instaura la dittatura del partito unico.
Trotsky, prima di essere eliminato,  forgiò con il pugno di ferro l’Armata Rossa, mentre la nazionalizzazione delle terre, delle fabbriche e del commercio causava l’arresto della produzione, una carestia spaventosa e delle rivolte presto represse.

Lenin e Stalin nel 1922

Tralasciamo le epurazioni, le deportazioni (nei Gulag, basta leggere Solzhenitsyn), le purghe politiche che durarono fino al tempo dell’astuto Krusciov, il boia degli Ungheresi nel 1956, che «de-stalinizzò» solo la facciata, che rese la polizia (KGB) onnipresente, e a cui succedette l’implacabile Breznev, che rafforzò la lotta ideologica, a cui seguì il «trasparente» Gorbaciov, che voleva far credere in un cambiamento (perestroika), ma non riuscì a controllare la burocrazia (nomenklatura), che rimase consolidata come prima. Il risveglio delle nazionalità oppresse, fra cui la Polonia, ebbe finalmente la meglio sul molosso comunista, almeno sul sistema se non sull’ideologia responsabile di più di cento milioni di morti in ottant’anni.

Nel 1990, l’URSS divenne la Federazione Russa, presieduta da Boris Eltsin, e tornò ad essere una potenza mondiale solo con Vladimir Putin, Presidente fino al 2007, e da allora primo ministro sotto la presidenza di Dimitri Medvedev [Putin è diventato Presidente della Russia ed ha visto rinnovato il suo mandato per la quarta volta nel 2012].

La volontà della Russia di ricollegarsi alle sue origini si manifesta oggi con un nuovo grande impulso religioso che merita di essere analizzato. La recente decisione del Presidium della Corte Suprema russa di riabilitare Nicola II rende onore a questo grande paese che rimane, sulla scia dei secoli zaristi, un grande mistero…