di FSSPX

tratto da: FSSPX

Fonte immagine: Alfio Krancic Blog

«Chi ama il peccato, odia la propria anima» (Sal. 10, 6)

       Il 28 ottobre 2021 avrebbe dovuto essere un giorno di gioia per tutti i cattolici. Il ddl Zan è stato bloccato dal senato. Una legge iniqua è stata (anche se temporaneamente) impedita. Una battaglia è stata vinta. Il che, nel contesto attuale di crisi nella Chiesa e di autoritarismo nella società civile (si pensi soltanto all’imposizione arbitraria di un farmaco sperimentale a categorie sempre più ampie della popolazione), costituisce una boccata d’ossigeno necessaria, che ci rinfranca per proseguire la lotta.

         E invece no. L’unico quotidiano nazionale nominalmente cattolico, Avvenire, organo dei Vescovi italiani, se ne rammarica. Dalla penna del suo direttore, Marco Tarquinio, apprendiamo che «non è un bel giorno per la società italiana», Certo, anche secondo lui il ddl Zan «era e resta sbagliato». Ma soltanto perché avrebbe dato la possibilità «di negare la realtà della differenza sessuale, di maternità e paternità e persino la libertà di affermarle».

         D’altra parte, Tarquinio mette gli ideologi del gender sullo stesso piano di quelli che si sono opposti al decreto, definendoli «odiatori e menatori seriali». Quale sarebbe quindi, a suo avviso, la giusta posizione? Una via di mezzo. No al gender imposto, ma, al tempo stesso, sì a una legge che metta un argine «alla violenza verbale e fisica sulle persone [omosessuali] e a ogni illiberale rimozione e intimidazione antropologica». «Come anche – prosegue il direttore del quotidiano cattolico – la Chiesa italiana ha raccomandato».

         Non ci attarderemo a commentare la politica della mezza misura, del «concedere qualcosa per non perdere tutto», del trovare un punto d’intesa con chi vuole la distruzione della morale cristiana e naturale. I fatti dimostrano ampiamente che questa tattica è sempre stata perdente. Si pensi ai «patti civili» in Francia, presentati come un argine al matrimonio omosessuale, e che in realtà si sono rivelati una preparazione a quest’ultimo, come pure all’adozione da parte delle coppie gay. Lo stesso è avvenuto, appena qualche settimana fa, in Svizzera. Non ci vuole molto per capire che una legge contro la cosiddetta «omofobia» sarebbe il primo passo in vista di provvedimenti molto più radicali.

         È superfluo osservare che, secondo i principi elementari della morale, qualsiasi violenza inflitta per iniziativa privata (ad eccezione della legittima difesa) è illecita e suscettibile di essere punita dalla legge civile. Il che è previsto anche dall’ordinamento italiano.

         E allora, a che cosa servirebbe una legge contro l’«omofobia»? Ad offrire una protezione speciale, quindi un privilegio giuridico, a delle persone, non in ragione di una loro vulnerabilità o di un loro merito, ma in ragione di un comportamento che la morale naturale e la rivelazione cristiana si accordano nel qualificare come intrinsecamente cattivo. Il problema è precisamente questo. Sarebbe come proporre una legge che introducesse un’aggravante per chi offende una prostituta o un adultero per il fatto stesso che si tratta di una prostituta o di un adultero.

         Ripetiamo, la violenza privata, al di fuori del caso di legittima difesa, è un male. Ma il fatto che la persona colpita da violenza sia un peccatore non può in alcun modo costituire un’aggravante.

         A meno che si pensi che il problema sia solo il gender, e che gli atti omosessuali, almeno in certe circostanze, non costituiscano un peccato. E tale sembra essere, alla luce delle dichiarazioni degli ultimi anni, l’orientamento non solo dell’Avvenire, ma anche di buona parte della gerarchia cattolica, a partire dallo stesso papa Francesco.

         Se guardiamo le cose come stanno, lontano dagli specchi deformanti dell’ideologia moderna, ci accorgiamo che i veri «odiatori e menatori seriali» degli omosessuali non sono gli oppositori del ddl Zan. Sono i suoi sostenitori. E sono anche quelli che, pur con alcuni distinguo, omettono volontariamente questa verità fondamentale: che gli atti omosessuali sono un peccato grave. Ora, «chi ama il peccato, odia la propria anima» (Sal. 10, 6). E odia anche l’anima di coloro che incoraggia a peccare o che, potendolo, non distoglie dal peccato.

         Noi conosciamo chi ama veramente le persone che commettono atti omosessuali. Sono quelli che, con la loro preghiera, la loro parola e il loro impegno quotidiano, cercano di ritrarle dal vizio e di farle vivere secondo la legge di Cristo, legge di vita, di grazia, di libertà. Sull’esempio del divino Maestro, il quale non ha lapidato l’adultera, ma l’ha esortata a non peccare più (Gv. 8, 11).