tratto da Radio Roma Libera

di Roberto de Mattei

Corrispondenza Romana ha pubblicato un interessante articolo di Cristina Siccardi (https://www.corrispondenzaromana.it/rapito-un-film-di-propaganda-anticristiana/), che denuncia la propaganda anticristiana orchestrata dai mass media in occasione di un pessimo film di Marco Bellocchio. Questo film, dal titolo “Rapito”, ricostruisce in maniera falsa e tendenziosa il cosiddetto “caso Mortara” come esempio di un grave sopruso e addirittura di antisemitismo che sarebbe stato commesso dal Papa Pio IX. Sotto accusa è, naturalmente, la Chiesa. 

La storia è quella di Edgardo Mortara Levi, nato il 26 agosto 1851 da una famiglia ebraica di Bologna, che nell’agosto 1852, ad  un anno di età, cadde gravemente ammalato. Una domestica cristiana lo battezzò segretamente  in articulo mortis. Il bambino però, una volta ricevuto il battesimo, guarì. La vicenda restò ignota fino a quando venne a conoscenza dell’arcivescovo di Bologna, Michele Viale Prelà, il quale incaricò il padre domenicano Pier Gaetano Feletti, Inquisitore cittadino, di svolgere indagini. Feletti stabilì che il battesimo era stato validamente effettuato; con questo atto il piccolo Edgardo era giuridicamente incorporato nella Chiesa cattolica e diveniva soggetto di diritti e di doveri regolati dal diritto canonico, tra i quali l’obbligo di garantirgli una educazione cristiana. Il 24 giugno 1858 l’Inquisitore ordinò al tenente colonnello Luigi De Dominicis, della Gendarmeria Pontificia, di sottrarre alla famiglia il piccolo, pur permettendo ai genitori di fargli visita. Edgardo venne trasferito al Catecumenato di Roma, sotto la protezione del Papa.

Le polemiche immediatamente esplosero e, sulla stampa liberale internazionale, il Papa fu accusato di aver violato i diritti dell’uomo. Nel 1859, dopo l’invasione piemontese dello Stato pontificio, il nuovo governo liberale fece arrestare e processare sia l’Inquisitore Feletti che il colonnello De Dominicis, con l’accusa di « abuso di potere » e « sottrazione violenta». Alla fine del processo, nel 1860, Feletti e De Dominicis furono assolti, mentre il piccolo Mortara completò la sua educazione cattolica. Nel 1870, quando anche la città di Roma venne conquistata, il prefetto di polizia cercò il giovane Edgardo per « liberarlo », ma nel frattempo egli aveva già raggiunto la maggiore età e la sua fede era ormai così solida che aveva deciso di farsi sacerdote. Nel 1912 depose come testimone al processo di beatificazione di Pio IX, elogiandone la figura paterna e la missione provvidenziale. Pio Edgardo Mortara, divenuto monsignore, morì in Belgio, l’11 marzo 1940, a 89 anni.

Fin qui la vicenda storica che merita però un articolato commento.

Il primo punto da chiarire è che, secondo la dottrina della Chiesa, ma anche semplicemente secondo la legge naturale, i genitori hanno il diritto primario e irrinunciabile ad educare i loro figli. Questo la Chiesa lo ha sempre insegnato, praticato e rivendicato contro le pretese laiciste di affidare allo Stato l’educazione dei bambini.  Per questa ragione il Codice di Diritto canonico, antico e nuovo, stabilisce che è vietato battezzare a forza un infedele e perfino battezzare un infante contro la volontà di entrambi i genitori. Questa era la pratica che vigeva anche nello Stato pontificio ai tempi di Pio IX. Il fatto che la storia ricordi solo il caso Mortara dimostra che nello Stato pontificio gli ebrei non erano forzatamente né battezzati né educati cristianamente, cioè esattamente il contrario di quanto vorrebbero gli anticlericali. Avvenne un solo caso, non per iniziativa dello Stato pontificio, ma di una domestica e fu evidentemente un’eccezione e non la regola. Altrimenti ci sarebbero stati nel corso del pontificato di Pio IX, non uno, ma migliaia casi di sottrazione alle famiglie, visto che erano decine di migliaia gli ebrei che vivevano nello Stato pontificio.

Sorge una seconda domanda: questa eccezione può essere considerata un abuso da parte della Chiesa? Anche in questo caso va ricordata la dottrina cattolica che nell’antico e nel nuovo codice,  insegna che l’unico caso in cui si possa somministrare il battesimo indipendentemente dalla volontà dei genitori è quello del pericolo di morte (Codex Juris Canonici Benedicti Papae XV auctoritate promulgatus, Romae 1917, can. 750 § 1; Codex Juris Canonici auctoritate Papae Ioannis Pauli II promulgatus, Città del Vaticano 1989, can. 868 § 2).

La Chiesa, infatti, rispetta la legge naturale, che attribuisce l’educazione dei figli ai genitori, ma ha prima di tutto una missione soprannaturale. L’ordine soprannaturale, instaurato da Gesù Cristo con la redenzione dell’umanità è superiore all’ordine naturale. La legge di Dio Creatore viene inglobata e superata da quella di Dio Redentore, che si realizza nella Chiesa. E per la Chiesa la salvezza delle anime prevale su ogni altra considerazione.

La domestica che battezzò il piccolo Mortara infranse la legge del tempo, che proibiva a una cristiana di lavorare in una famiglia israelitica, ma non infranse la legge della Chiesa che la autorizzava ad amministrare il battesimo in questo caso eccezionale. 

E arriviamo a un terzo punto. Che cosa accade se un bimbo a cui è stato amministrato il battesimo in punto di morte, non muore, ma si salva? La risposta della Chiesa è che, in questo caso. essendo entrato a far parte con il battesimo del Corpo Mistico di Cristo, che è una società visibile, con le sue leggi, i suoi doveri e i suoi diritti, il bambino ha il diritto ad essere educato nella fede che ha ricevuto. E poiché, una volta battezzato, è diventato figlio della Chiesa, questa ha il dovere di assicurargli una educazione conforme alla Fede cattolica che egli ha ricevuto. Se i suoi genitori si rifiutano di assicurargliela, la Chiesa ha diritto di sostituirsi alla famiglia nel ruolo educativo, perché i diritti della famiglia (che appartengono all’ordine naturale) vengono surclassati dal superiore diritto della Chiesa (che appartiene all’ordine soprannaturale).

C’è ancora qualcosa da aggiungere. Il caso Mortara accadde all’interno di uno Stato integralmente cattolico. Oggi viviamo in una società totalmente secolarizzata. La società cattolica di un tempo rispettava il diritto dei genitori ad educare i loro figli e solo eccezionalmente permetteva che potesse essere usata la forza per garantire la salvezza delle anime. La società moderna, che si pretende libera e democratica, sottrae ai genitori l’educazione dei figli e impone loro una vera e propria contro-educazione, antitetica a quella cristiana, come sono le teorie del gender e altre forme di “indottrinamento sessuale”, che corrompono l’innocenza dei bambini. Edgardo Mortara non fu rapito, ma vengono rapiti e violentati intellettualmente e moralmente i piccoli di oggi, che crescono nella più totalitaria società che la storia abbia mai conosciuto, perché è una società che esercita la sua coercizione non sui corpi ma sulle anime. Il caso Mortara va ricordato proprio perché ci ricorda la verità della dottrina cattolica di fronte alle devastazioni del relativismo contemporaneo. (Roberto de Mattei)