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Centro studi Giuseppe Federici – Per una nuova insorgenza
Comunicato n. 53/21 del 4 giugno 2021, San Francesco Caracciolo
Le messe clandestine nei lager comunisti in Albania
Il cardinale Simoni dal sacerdozio alla prigionia e la ritrovala libertà
Il giorno 7 Aprile di 65 anni fa, nel 1956 nella Cattedrale di Scutari, veniva ordinato sacerdote Don Ernest Simoni (nato nel 1928) dalle venerabili mani di Sua Eccellenza Mons. Ernest Çoba Arcivescovo di Scutari in Albania, deceduto il 15 aprile 1979 mentre si trovava in prigione, durante gli anni bui dell’atroce persecuzione del regime comunista ateo di Enver Hoxha.
Il piccolo Ernest, all’età di quattro anni, fu trovato dalla mamma inginocchio davanti ad una cassapanca, la madre gli domandò quale gioco stesse facendo e lui con determinazione rispose che stava celebrando la Santa Messa. Era così chiara la volontà di diventare sacerdote, che all’età di 10 anni con grande convincimento e volontà, decise di entrare nel “Collegio Francescano” del suo paese natale Scutari, assumendo il nome di “Fra Enrico”, dove vi rimase fino al 1948, quando il dittatore albanese Hoxha, ordinò di chiudere il convento, uccidendo i superiori e formatori, accusandoli ingiustamente, di voler preparare una sommossa contro il Regime, ed furono espulsi tutti i novizi.
Rientrato a casa con i famigliari, dopo pochi giorni, i funzionari del partito comunista, gli propongono di servire la patria ed andare ad insegnare, in attesa della sottoscrizione dello statuto della Chiesa Albanese, che il Governo voleva redigere per la creazione della “Chiesa Patriottica” staccata dal Vaticano, statuto che, tutta la gerarchia ecclesiastica ed il clero, ad unanimità, si opposero drasticamente di firmare.
Il giovane Ernest, fu inviato in un paese in montagna a insegnare ai ragazzi dalla prima media e fin da subito cominciò ad insegnare agli studenti, iniziando ogni lezione con il segno della croce e una preghiera. Dopo poco tempo, i funzionari del partito, appreso che il nuovo maestro insegna ai ragazzi le preghiere e la religione, giunse una ispezione ed il giovane insegnate Ernest, senza nessun problema continuò come sempre a trasmettere la fede e subito venne licenziato, con la scusante che la scuola era laica e non andava bene insegnare la religione ed i suoi valori.
Nuovamente a casa, le autorità del Governo gli propongono un ruolo ben più importante, ovvero una cattedra di storia e lingue presso l’Università di Tirana, con la condizione di lasciare per sempre la Chiesa, le sue convinzioni religiose ed il suo desiderio di diventare sacerdote, ma Ernesto non scende a compromessi e non accetta, spiegando che la sua vita e già segnata a servizio della Chiesa e di Nostro Signor Gesù Cristo.
Dal 1953 al 1955 fu chiamato per l’espletamento del servizio militare obbligatorio, «anni durissimi, i più difficili di tutta la mia vita, i funzionari del regime sapevano che volevo diventare sacerdote e mi rendevano la vita impossibile, il loro unico intento era sopprimermi con atroci prove, erano arrivati fino al punto di trovarmi una ragazza, volevano che mi sposassi, mi proposero l’insegnamento all’Università di Tirana, promettendomi la vita agiata senza più problemi, ma io a queste provocazioni risposi che non mi interessavano le loro proposte perché già sposato con la sposa può bella del mondo, con la Chiesa Cattolica ed è lei che voglio servire per tutta la vita per la salvezza delle anime».
Nel frattempo, fu nominato Parroco di Babullush, una parrocchia con una storia antica, la cui Chiesa era stata consacrata intorno 1600, che era stata fortemente danneggiata e trasformata in una stalla dalla furia del regime ateo albanese. Il nuovo Parroco Don Ernest, la riaprì, ristrutturandola totalmente, rendendola la più bella della Diocesi, sempre gremita di giovani e fedeli che giungevano da ogni parte.
La Vigilia di Natale del 1963, dopo la celebrazione della Messa fu arrestato dalle autorità comuniste, con l’accusa di essere nemico del popolo e quindi condannato all’impiccagione, poiché aveva celebrato Messe a suffragio del Presidente Americano John Fitzgerald Kennedy (richieste dal Vaticano, ndr), assassinato pochi mesi prima e di aver predicato al popolo che se occorre, vale la pena dare la vita per Gesù.
Dopo l’arresto, per 28 anni è stato imprigionato e costretto ai lavori forzati nei cunicoli delle miniere con 60° di escursione termica che ogni giorno subivano i prigionieri, dai -30° dell’inverno dei Balcani ai + 30° a 500 mt sotto terra, poi detenzione nei campi di concentramento e nelle fogne di Scutari, arrivando a pesare 37 Kg; vivendo questi anni senza mai scoraggiarsi, ma sperando sempre nell’aiuto del Signore e della Santissima Madonna e pregando per i suoi aguzzini.
Per i compagni di prigionia, che arrivavano fino a sperare di morire per cessare quelle atroci sofferenze e torture, è stato sostegno, guida, un padre spirituale, sempre pronto ad asciugare ogni lacrima e confortando con la fede e la testimonianza, chi con lui viveva quel tremendo Calvario.
Don Ernest, unico sacerdote che in prigione clandestinamente riusciva a celebrare in condizioni estreme la Santa Messa, rischiando ogni volta la vita. Racconta: «Mettevo da parte delle briciole di pane, che talvolta cuocevo con dei fornelli di fortuna e spremendo acini di uva, che mi portava di nascosto la moglie di un mio compagno di prigionia, celebravo a memoria la Santa Messa e nelle mie mani quel pane e quel succo d’uva, diventavano presenza viva e reale del Corpo e Sangue di Gesù».
La liberazione avvenne poi il 30 novembre del 1990.
Da Joseph, periodico della famiglia giuseppina martellina, Anno 100°, n. 5, Maggio 2021.