Mentre i vecchi Tromboni erano intenti a celebrare i fasti di questa repubblica nata dalle calcolatrici di Romita…nessuno ha ricordato i morti del popolo, i giovani e giovanissimi Martiri napoletani di via Medina caduti sotto il piombo assassino della polizia “repubblicana” di Romita…O abbattuti a fucilate (partenti dal balcone della sede del PCI). Ragazzi del popolo che ebbero il torto, di manifestare, disarmati, perché erano state esposte le bandiere italiani senza la Croce Sabauda.
Noi, pur fedeli alla causa del Re Francesco (Dio guardi) oggi Servo di Dio e della Regina Sofia, onoriamo questi eroi giovinetti che avevano capito che con il refrendum truffa e la repubblica si sarebbe aperta una nuova era: l’era di Caino.

Pucci Cipriani

La strage di via Medina è uno degli episodi più cupi e sottaciuti della storia repubblicana. Tra il sei ed il dieci giugno del 1946, manifestanti monarchici affollarono le strade di Napoli. Si svilupparono numerosi cortei spontanei che sfilarono più volte al giorno in un clima surriscaldato da provocazioni e false voci. I dimostranti, donne, anziani e giovani, portavano con sé ritratti di Umberto II e tricolori con lo stemma sabaudo. Contestavano l’esito referendario col quale l’Italia era divenuta una repubblica sotto il peso dell’onta di brogli.

Monarchici napoletani nei primi di giugno del 1946. Fonte foto dalla rete.

Il confronto che nacque con i repubblicani per le strade della città fu molto acceso e scoppiarono gravi incidenti. Già il sei giugno una folla, in un moto autorganizzato, si ritrovò a Villa Rosebery per impedire la partenza, in realtà già avvenuta alle prime ore del mattino, della Regina Maria José e dei suoi figli per il Portogallo, ma fu nei giorni successivi che si svilupparono cruenti scontri con i sostenitori della repubblica in cui si registrarono feriti, arresti e morti. La sera del 7 giugno una bomba lanciata su un gruppo di giovani monarchici ferì Ciro Martino che morì poi nei giorni successivi in ospedale; il giorno dopo, in uno scontro con ausiliari di pubblica sicurezza, morì pure il quattordicenne Carlo Russo sotto i colpi di una raffica di mitra; una escalation di violenze portò alla morte, l’otto giugno, in nuovi scontri, del sedicenne Gaetano d’Alessandro che ritornava dalle esequie di Russo.

Scatti degli scontri che coinvolsero i manifestanti monarchici a Napoli. Fonte foto G. Bocca, Storia della Repubblica Italiana

La sera dell’undici, con i risultati ufficiali del Referendum ancora da proclamare, in Via Medina, un corteo cinse d’assedio i locali della federazione cittadina del PCI che esponevano una bandiera tricolore priva dello scudo sabaudo. Nella battaglia che si accese con le forze dell’ordine, si eressero barricate, si spararono colpi di fucile e tram vennero rovesciati. Nei tumulti oltre sessanta persone risultarono ferite e si registrarono ben sette morti. Tra di essi c’era la studentessa Ida Cavalieri che, avvolta con un tricolore sabaudo, era stata investita da un’autoblindo, gli altri caduti furono Vincenzo Di Guida di venti anni, Michele Pappalardo di ventidue, Francesco D’Azzo di ventuno anni, Guido Beninato, Felice Chirico e Mario Fioretti di ventuno anni. Quest’ultimo, secondo i testimoni, arrampicatosi sui tubi delle grondaie fino al secondo piano dell’edificio, fu ammazzato da colpi d’arma da fuoco partiti direttamente dal balcone della sede del PCI (G. Oliva, Gli ultimi giorni della monarchia).

In quei giorni Napoli, sui giornali d’Italia, si fregiò dell’appellativo di “città più monarchica”. Al referendum, in linea con tutto il Sud della Penisola, diede l’83% dei voti alla Monarchia e, col voto, donò anche queste giovani vite che bagnarono di sangue il sorgere della Repubblica.