di Lorenzo Gasperini

Tratto da: Lorenzo Gasperini

Sono perplesso e preoccupato.

Da quando avevo 12 anni e frequentavo le scuole medie ho sviluppato una forte e precoce passione per la politica, per le idee e per il bene del mio Paese. Ho avuto il mio percorso, l’affinamento degli ideali, ho vissuto la fatica della ricerca, ma ho sempre continuato a credere nel vero, nel bene, nel giusto.

Oggi vedere che il Parlamento del mio Paese sta discutendo se approvare una legge per incarcerare le persone che hanno un’idea diversa dal PD sulla famiglia e sul bisogno di un bambino che già ha perso i genitori di essere adottato da un papà e da una mamma, mi toglie il fiato. Incarcerare significa incarcerare, senza mezzi termini.

Mi chiedo che cosa stia accadendo, che fine abbia fatto la coscienza dei rappresentanti del popolo, come sia possibile costruire un futuro e una famiglia in un Paese del genere, impegnare ancora le proprie forze qui. Che fine abbia fatto l’Italia che i miei nonni, i miei avi, quelli che mi hanno preceduto mi hanno consegnato con l’auspicio di conservarla, amarla, proteggerla. Di farne un luogo di verità, amore e bellezza, contro le tentazioni sempre presenti dell’invidia, della menzogna, del sopruso del più debole da parte del più forte nel nome dei “diritti”, questa parola che serve oggi a dare corso legale alla moneta contraffatta dell’ingiustizia e del sopruso.

Il ddl Zan fortemente sostenuto da PD e M5S con l’aiuto di poteri economici e culturali oscuri che controllano i social media, l’industria culturale (musica, cinema, editoria) e buona parte dell'”insegnamento pubblico” purtroppo non prevede di punire chi aggredisce gli altri (in Italia è già reato aggredire una persona od offenderla, si tratti di un nero, un bianco, un omosessuale o un eterossesuale, maschio o femmina: per lesioni o aggressione si finisce in galera, è così da prima che il PD esistesse) e prevede invece la carcerazione in base alle proprie idee sulla famiglia, la sessualità, il senso della vita e della procreazione, attraverso il concetto giuridicamente confuso di “discriminazione”, che di per sé sembrerebbe chiaro nel linguaggio comune ma con designa invece una fattispecie materiale e giuridica univoca, lasciando così libertà ai giudici di arrestare giovani, adulti, padri e madri di famiglia, persone normali in base a ciò che pensano e dicono per esempio a proposito del bisogno dei bambini di avere una famiglia in cui sia possibile vivere davvero sia la paternità che la maternità anziché una sola delle due.

Pensare una cosa del genere può essere “discriminare”, che in italiano non significa infatti “offendere” (come in molti pensano), ma “distinguere”. Distinguere per esempio tra ciò che uno nella sua libertà ritiene essere situazione adeguata per crescere un bambino che già ha subito la disgrazia dell’abbandono e una situazione invece non adeguata.

Sono preoccupato di vedere qualche giovane, anche di 20 anni o della mia età, desiderare con foga il male, la persecuzione, l’arresto per chi come me crede che la famiglia sia composta da un uomo e da una donna e che i bambini abbiano bisogno di babbo e mamma.

Sono preoccupato e disorientato.

Negli occhi, nella vita, nell’impegno di chi mi ha voluto bene non ho visto questa idea di Paese e di futuro, non ho visto questa menzogna e questa manipolazione delle coscienze, non ho visto questa confusione degli istinti che diventano stoltezza e poi desiderio di male per il proprio prossimo.

Un odio inquietante e tetro vedo in giro, odio in particolare contro la famiglia, contro la vita un tempo ritenuta normale, e poi un grande odio contro la Chiesa, i cui uomini certo sbaglieranno molto e che io stesso spesso critico, ma a cui sono tanto grato per tutto ciò che mi ha insegnato e consegnato per vivere da uomo anziché da bestia o da consumatore o da servo o da preda degli istinti e delle idee divulgate da chi controlla l’industria culturale (e in realtà sono grato per molto di più: per ciò che Cristo stesso è venuto a portare all’anima dell’uomo, per l’amicizia soprannaturale, per il dono dei sacramenti e del sacrificio, ma questo è un altro argomento che ci porterebbe ora troppo lontano).

Non sono nato in un’Italia così, non l’ho vista così nella memoria dei miei nonni e non vorrei che diventasse così.

Questo Paese sta diventando preoccupante e pericoloso, anche molte cose accadute con la gestione sanitaria lo hanno dimostrato, soffocando la normalità, la verità, la mente delle persone, le loro abitudini e i loro desideri. Forse è necessario andarsene per poter educare dei figli e lavorare e vivere.

Ma prima vorrei che tutti noi che conserviamo nel cuore la memoria di un’Italia diversa, meno istintiva, meno cattiva, meno accelerata dalla vaccinazione mentale che arriva attraverso la TV, combattessimo con tutte le nostre forze per dare ancora una speranza a questo Paese.

Forse sembrerò fuori tempo, ma con tutto il mio intelletto e tutta la mia volontà credo ancora in ciò che mi è stato trasmesso: l’esistenza della coscienza, il bene e il male, la natura buona delle cose e la tentazione di sfigurarle per servirsene, la morte come passaggio ineludibile e il rendere conto un giorno in piena trasparenza di che cosa abbiamo fatto del nostro desiderio di bene, della nostra responsabilità, del nostro essere uomini.

Anche uno come Fedez, come tutti, un giorno dovrà rispondere di che cosa ne ha fatto, del proprio essere uomo.

Non lasciamoci affascinare dagli eroi del chiasso, per sentirci alla moda, al passo coi tempi, per sentire che ciò che pensiamo è in linea con quel che vogliono i registi di instagram e della tv: un giorno tutti saremo nudi di fronte alla nostra responsabilità e non ci saranno più consolazioni dell’essere nel gregge, sull’onda della storia, in linea con i megafoni del discorso pubblico. Come cantava De André: “quando si muore si muore soli”. Che possiamo avere tutti il coraggio della verità, senza la quale la vita è davvero un brutto agghiacciante scherzo e la morte una temibile fidanzata che ci aspetta all’ineludibile altare.

Anche l’Italia non merita di diventare un brutto agghiacciante scherzo, fatto di odio e di galera per chi non si piega alla dittatura (che c’è, amici miei, non raccontiamoci mezze verità: la dittatura è già presente). Il mio augurio di buona domenica va soprattutto ai bambini, ai papà, alle mamme e a quei sacerdoti che si impegnano ogni giorno con sincerità e coraggio per aiutarci a rimanere uomini e donne liberi.