Anche quest’anno si svolgerà presso la Rocca della “Fedelissima” Civitella del Tronto l’annuale Convegno della Tradizione Cattolica nella seconda settimana di marzo : venerdi 8, sabato 9 e domenica 10 marzo 2019.
L’invasione rivoluzionaria e massonica del Regno delle Due Sicilie, la pulizia etnica, l’eroica resistenza dei Patrioti meridionali
di Pucci Cipriani
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MEMORIAE TRADERE. Rubrica del sabato, a cura di Pucci Cipriani
sabato 19 settembre 2015
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BRIGANTI FURONO LORO – di Pucci Cipriani
L’invasione rivoluzionaria e massonica del Regno delle Due Sicilie, la pulizia etnica, l’eroica resistenza dei Patrioti meridionali
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“Per liquidare i popoli si comincia con il privarli della memoria. Si distruggono i loro libri, li si fornisce di un’altra cultura,si inventa per loro un’altra storia. Dopo di che il popolo incomincia lentamente a dimenticare quello che è stato. E il mondo attorno lo dimentica ancor più in fretta”.
(Milan Kundera)
“…se le plebi parteciparono poco al Risorgimento ebbero parte assai, e dolente e coraggiosa, nel pagarne i debiti”
(Riccardo Bacchelli)
“Il cosidetto Risorgimento italiano è stato un capitolo dell’imperialismo inglese”
(Augusto Del Noce)
“Ce l’ho qui (la libertà) -rispose Franco e si batté sul cuore – dacché tra la mia e quella dei liberali ho scelto liberamente, da uomo. Non mi piace la loro libertà, ché quando te la vengono a imporre con le baionette, non è più essa…Altri combattono e muoiono per una conquista, una terra…ma noi moriamo per una cosa di cuore: la bellezza. Qui non c’è vanità, non c’è successo, non c’è ambizione. Noi moriamo per essere uomini ancora. Uomini che la violenza e l’illusione non li piega e che servono la fedeltà, l’onore, la bandiera e la Monarchia, perché son padroni di sé e servitori di Dio…oggi con noi c’è la sventura, e questa è la parte più bella.”
(Carlo Alianello – “L’Alfiere” )
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Negli anni Settanta iniziarono i Convegni della “Fedelissima” Civitella del Tronto, l’ultimo baluardo del Regno del Sud che resistette ancora un mese, dopo la caduta di Gaeta, ai cannoneggiamenti dell’esercito piemontese, issando sulla Piazzaforte una candida Bandiera con i Gigli borbonici d’oro, ricamata dalla Regina Maria Sofia che, sugli spalti di Gaeta, al fianco di Re Francesco (Dio guardi!), combatté eroicamente contro gl’invasori piemontesi, per difendere il glorioso e legittimo Regno del Sud.
In un periodo di contestazione sessantottarda a cui, dopo, sarebbero seguiti i sanguinosi “Anni di Piombo” Civitella assurse a simbolo di Resistenza. Una Resistenza contro il mondo che noi – isolati, fuori da ogni giuoco di potere nelle Scuole, nelle Università, nelle fabbriche…nei partiti, ma, soprattutto, nella Chiesa dove già si respirava (in maniera asfissiante) l’eversivo vento conciliare (anche se mai avremmo immaginato di arrivare all’odierna apostasia, alla demolizione totale della Fede e della Dottrina) – iniziammo allora; non ultimo, fu il nostro impegno culturale per un serio e sano “revisionismo storico” : il così detto Risorgimento, le “leggende nere” dell’Inquisizione, dell’Evangelizzazione delle Indie, delle Crociate…perfino un partito “tricolorato” come il MSI, grazie a un personaggio di grande spessore come Silvio Vitale, il non dimenticato fondatore e direttore della gloriosa testata “L’Alfiere”, iniziò a prendere in considerazione il “revisionismo risorgimentale”. Ma anche questo durò lo spazio di una primavera e, anzi, l’On. Angelo Manna, un deputato “napoletano verace” , innamorato delle sue radici storiche e del Regno del Sud, fu “sospeso” dal partito (cosa gravissima in quanto era allora segretario l’On.Pino Rauti che queste cose le capiva e le sapeva, a differenza, del suo predecessore, e poi…continuatore, quel Finì, che ebbe la sua Waterloo a Montecarlo) per aver presentato un’interrogazione in Parlamento affinché fossero resi accessibili gli archivi dell’Esercito per consultare:
“i documenti comprovanti gl’internazionali bestiali crimini perpetrati dalla soldataglia piemontese ai danni delle popolazioni , per lo più inermi delle usurpate provincie meridionali dal tempo della camorristica conquista di Napoli a quello della così detta Breccia di Porta Pia…(per avviare quel processo di revisione e di demistificazione della storia scritta dai vincitori…(per cui) si tratterebbe di dare la conferma documentale dei decennali massacri belluini perpetrati dall’orda barbarica a cui seguì un emigrazione che fu un’esplosiva emorragia a catena…”
Mentre l’esercito garibaldino e tricolorato dei missini abbandonava, indignato, i banchi e Rauti si accingeva a “sospendere” il Parlamentare che aveva osato “pensare”…l’On Angelo Manna tolse, da vero signore, il disturbo e lasciò quel partito per dedicarsi completamente al giornalismo, ai suoi studi e alle sue ricerche. Dopo poco l’amico Manna pubblicò, appunto, un libro con il seguente titolo : “Quegli assassini dei Fratelli d’Italia” che conteneva, tra le altre cose, anche l’interpellanza fatta in Aula e la piacevolissima discussione da cui, tra l’altro, balza alla ribalta (di fronte alla silente e arrogante ignoranza dei più…Mastella non conosceva nulla della “pulizia etnica” fatta dai risorgimentali a Pontelandolfo e Casalduni…a tre passi dalla sua Ceppaloni) un colto e gentile Onorevole Adolfo Sarti, che presiedeva i lavori, estremamente interessato alla questione e quando Manna fa il nome di un testo “Il Risorgimento visto dall’altra sponda” (Berisio Ed) domandando se qualcuno lo conosca, Sarti risponde:
On Sarti- Conosco perfettamente questo genere di letteratura, e voglio ricordarle che fu una casa editrice piemontese, nell’immediato secondo dopoguerra, a rappresentare una raffigurazione della storia d’Italia più problematica di quella esposta nei libri ufficiali . Mi riferisco ad un testo aureo che credo Lei abbia ben presente : L’Alfiere di Carlo Alianello.–
Dissi ad Angelo, durante un Convegno a Napoli organizzato da Pietro Golia, che io avrei evitato, nel libro – Manna era un brillante giornalista e polemista, non uno storico – quel “populismo” meridionalista, tipo “compra Sud” e quella contrapposizione tra “terroni” e “polentoni” (che oggi, fastidiosa si ritrova in molti libri dilettanteschi come quello di un certo – omen nomen- Ciano), prediligendo i fatti…che erano incontrovertibili. Inoltre se ritenevo giusta la difesa degli Stati cristiani pre-unitari, ritenevo altresì sbagliato distruggere non tanto lo Stato italiano quanto l’identità nazionale, ossia, in concreto, la nazione cattolica sopravvissuta allo scempio risorgimentalista, in quanto – come scrive Massimo Viglione – “la più grande vittoria della vulgata risorgimentale, l’inganno per eccellenza (è) : il far credere che chi narra ciò che è stato occultato (le insorgenze, il settarismo utopista, la guerra alla Chiesa cattolica, i brogli elettorali dei plebisciti, le stragi dei “briganti”, il piemontesismo, il fiscalismo, l’emigrazione ecc) e di contro non celebra Mazzini e Cavour, Vittorio Emanuele II e Garibaldi, Napoleone e Gioberti, sia “antitaliano” o comunque contro l’unità nazionale. O magari studioso poco serio…non (si) può non vedere come la vittoria del Savoia e del partito piemontese, grazie al geniale Ministro (il lugubre Cavour al servizio della Massoneria inglese n.p.c.) che tutto e tutti mosse, non fu la vittoria dell’Italia, e tanto meno degli italiani; fu solo la vittoria di una élite potente e prepotente che, con il pretesto dell’unificazione,(poiché tale fu, non unità) , gettò in realtà le basi storiche, politiche, ideologiche e sociali per la futura affermazione del totalitarismo e delle tragedie che il nostro popolo ha subito nel XX Secolo”.
Seppi solo dopo i funerali per la morte prematura dell’amico Angelo e appresi dal dr. Pietro Golia, Direttore delle Edizioni “Controcorrente” di Napoli, che l’Onorevole Angelo Manna avrebbe voluto rivedere e reimpostare, insieme a me, il suo libro, per ripubblicarlo con “Controcorrente”…Una prova di stima da parte di un grande “combattente” e di un amico carissimo che mi fa piacere sempre ricordare.
Dunque il così detto Risorgimento italiano fu, nella nostra penisola, quello che fu in Francia la sanguinaria Rivoluzione francese; i patrioti che si batterono in Italia, per la difesa degli stati preunitari e per il Trono e l’Altare, sono da paragonare ai vandeani che insorsero in armi (e furono sterminati) dai sanculotti tricolorati della Rivoluzione; non fu certo una guerra di popolo la Rivoluzione risorgimentalista (a differenza della Controrivoluzione lealista) ma, anzi, contro il popolo, insomma, per dirla con Augusto Del Noce “il così detto Risorgimento italiano fu solo un capitolo della storia dell’imperialismo inglese” e lo dimostra la “pulizia etnica” fatta nel Meridione d’Italia, durante questa sporca e vile aggressione che Cavour portò a termine grazie alla Gran Bretagna e alla Francia :
“Fu il principio del non intervento – scrive il professor Massimo de Leonardis – invocato e applicato più volte e sempre sostenuto dalla Gran Bretagna, a consentire la realizzazione del “risorgimento”. In base a tale principio un popolo aveva il diritto di ribellarsi al suo legittimo sovrano e di ricevere aiuti dall’estero,o addirittura uno Stato poteva inviare volontari ad attaccarne un altro senza dichiarazione di guerra (così avvenne l’impresa di Garibaldi nel 1860); il sovrano legittimo non aveva però il diritto di chiedere l’aiuto di un altro Principe…l’Italia non nacque per la forza delle proprie armi, per l’impulso della maggioranza del popolo, ma grazie alla protezione delle potenze rivoluzionarie straniere…” (Massimo de Leonardis, il quadro internazionale del “Risorgimento italiano” in Atti del XXI Convegno della “Fedelissima” Civitella del Tronto)
Nell’ambiente della Tradizione, ormai – grazie anche al contributo di illustri storici come Massimo Viglione, Roberto de Mattei, Angela Pellicciari, Massimo de Leonardis, Gianni Oliva – si guarda con “occhio critico” questa pagina della nostra Storia ben sapendo che :
“Se è vero che patriota è chi difende la propria patria, prima dell’unificazione risorgimentale era perfettamente chiaro – scrive sempre Massimo Viglione – chi fossero i patrioti: erano coloro che combattevano per le proprie patrie, secolari e legittime, amate dalle popolazioni (insorgenti e “briganti”), mentre, per essere patrioti nel senso risorgimentale, bisogna accettare l’idea mazziniana e utopistica che la patria si situa nel mondo della volontà e non in quello reale della storia, della religione, della lingua, delle tradizioni.
Dopo ‘unificazione tutto questo non è più così chiaro; infatti, tanto per addurre il più classico degli esempi, è evidente che, nell’ultima guerra civile italiana, sia i fascisti(che si presentavano come coloro che avevano portato a compimento il Risorgimento, specie dal punto di vista mazziniano) sia i partigiani (che si definivano, a loro volta, come gli eredi del Risorgimento, specie dal punto di vista garibaldino) si definivano patrioti, andando gli uni con il capo del Governo e gli altri con il Capo dello Stato, e tutti lottando in nome dell’Italia (e tutti in realtà sottomessi a eserciti stranieri invasori) in una guerra civile – la Terza – devastante e mai veramente risolta nelle coscienze di molti, ancora oggi, dopo quasi settant’anni, carico cruento di odio dell’Italia repubblicana. Ciò accadde per il semplice motivo che l’Italia nata dal Risorgimento non rispecchia la vera identità nazionale”.
Più chiari di così!
GALLERIA DI IMMAGINI
(clicca sulle immagini per ingrandirle)
Francesco II di Borbone (1836 – 1894) Re delle Due Sicilie e la Regina Maria Sofia di Wittelsbach Baviera (1841 – 1925). I due giovani Sovrani combatterono valorosamente sugli spalti di Gaeta nella guerra civile durante l’assedio piemontese.
Così il poeta Ferdinando Russo immortala in ‘O surdato ‘e Gaeta i due Sovrani
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Era ‘o Rre nuosto! franceschiello nuosto,
ca maie s’è alluntanato ‘a coppa ‘e mmura!
Nce aveva fatto ‘o callo e ‘o cuore tuosto,
e nun sapeva che vo’ di’ paura!
Signò, sentite ‘o servitore vuosto!
Nun ce vuleva, chella jettatura!
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E ‘a Riggina Signò!..Quant’era bella!
E che core teneva! E che maniere!
Mo na bona parola ‘a sentinella ,
mo na strignuta ‘e mana a l’artigliere…
Steva sempre cu nui!.. Muntava nsella
currenno e ncuraggianno , jurno e sere,
mo ccà, mo llà…v’ ‘o ggiurno nnanz’ ‘e sante!
Nn’èramo nnammurate tuttequante!
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Cu chillo cappellino ‘a cacciatora,
vui qua’ Riggina! Chella era na Fata!
E t’era bunaùrio e t’era sora,
quanno cchiù scassiava ‘a cannunata !..
Era capace ‘e se fermà pe n’ora,
e dispenzava buglie ‘e ciuccolata…
Ire ferito? E t’asciuttava ‘a faccia…
Cadive muorto? Te teneva mbraccia
Il Risorgimento, ovvero la grande opera della Massoneria. Garibaldi e Mazzini (squadra e compasso) insieme a Cavour e Garibaldi, aiutati dalle potenze rivoluzionarie internazionali, conquistarono il Regno del Sud, lo rapinarono e fecero una “pulizia etnica” di quelle popolazioni. Che avevano il torto di non volere essere annesse al Regno Sabaudo e Massonico, come ben evidenzia la Rivista Monsieur dell’ottobre 2008.
Mandanti e Giustizieri dell’aggressione massonica al Regno delle Due Sicilie. Da sinistra (in senso orario) Camillo Benso Conte di Cavour (1806 – 1861); Vittorio Emanuele II (1820 – 1878 ); il lugubre Giuseppe Mazzini (1805 – 1872),quello che mandava gli altri a “combattere”; Giuseppe Garibaldi (1807 – 1882) il “predone dei Due Mondi”.
Mentre la Setta Massonica faceva circolare fotomontaggi con Pio IX con le insegne massoniche, gli stessi settari diffondevano fotomontaggi in cui si vede Maria Sofia ignuda o in pose oscene, mentre il quotidiano inglese Times addirittura inventa, per fare sensazione, l’episodio che la Regina, nei giardini del Quirinale avrebbe ucciso un gatto con la sua carabina.
Così commenta il giornale tradizionalista “L’Armonia” :
“Voi potete ammirare la sua (del ‘Times’) onestà, la sua pietà, la sua delicatezza…siamo certi che l’episodio del gatto è inventato di sana pianta, ma esso ci mostra cosa sia quel ‘Times’ che diceva a Cialdini di trattare i Napoletani come ‘lupi della foresta’, ed è oggi tutto viscere di compassione pel gatto del Quirinale(…) forse i nostri lettori s’immagineranno che la pietà del ‘Times’ sia stata ridestata dalle fucilazioni continue, dai tanti paesi rasi al suolo, dalle violenze contro il clero! Niente di tutto questo: trenta mila Napoletani abbruciati, altrettanti fucilati sono una bazzecola. Ma un gatto ucciso!..”
A sinistra il Barone (massone) Bettinino Ricasoli (1809 – 1880) . Dopo la morte di Cavour diviene Primo Ministro. E’ lui il primo ad emanare una circolare con cui si “marchiano” con il titolo di “briganti” i patrioti meridionali. A destra Luigi Carlo Farini (1812 – 1866): vuole che nei confronti dei “briganti” si usino mezzi spicci (fucilazioni sul posto senza tante “carte e cartine”) per portare il Sud alla “normalizzazione”. Individuo senza morale o scrupoli si arricchì facendo saccheggiare (senza verbale, si capisce) il Palazzo del Duca di Modena…le “cantine” e i gioielli e l’oro della gente che, poi, faceva fondere e vendeva. Per impinguare il suo “portafogli”.
La copertina dell’ultima ristampa del libro di Carlo Alianello : “Soldati del Re” ben riassume cosa fu per il Regno delle Due Sicilie il “cosìddetto Risorgimento”.
Il Generale catalano José Borjes , reduce dalla guerre spagnole carliste, rappresenta l’espressione più alta e pura del legittimismo , cioè di quella componente aristocratica della ribellione napoletana all’invasione liberalmassonica condotta dalle baionette e dai cannoni rigati dell’Esercito piemontese. Quando comprende che Carmine Donatelli Crocco (che fu un brigante nel vero senso del termine) faceva il doppio gioco si separò, con i rimanenti combattenti spagnoli e una diecina di italiani, da lui e dalla sua “Massa” e si ritirò verso lo Stato Pontificio dove pensava di riorganizzare i suoi uomini e riprendere, poi, la lotta. A poche ore di cammino dal confine pontificio Borjes e i suoi, rifugiatosi nella cascina Mastroddi, sono circondati e catturati. Tutti verranno fucilati sul posto e moriranno da soldati e da cristiani. Il Maggiore dei Bersaglieri Franchini non volle accettare da lui, in segno di resa, la spada e non gli concesse di comandare il plotone di esecuzione.
L’Amministrazione Comunale di Sante Marie, l’otto dicembre del 2003, ha fatto collocare una lapide che non lo definisce “capo di banda mercenaria” (come la precedente, fatta rimuovere) ma con il titolo che gli spetta, “Generale”. A pochi metri, una bandiera del Regno delle Due Sicilie sventola, a ricordare il sacrificio di Borjes e dei suoi ventidue fedeli soldati fucilati dagl’invasori piemontesi.