Tratto da Radioromalibera

di Roberto de Mattei

Ascolta “217 – Avvisi divini all’Europa infedele” su Spreaker.

Le due grandi calamità che nei giorni scorsi hanno colpito il Nord Africa – prima il terremoto in Marocco e poi, l’uragano con il crollo di due dighe in Libia – hanno provocato migliaia di vittime, lutti e devastazioni di ogni genere. Sui canali televisivi ed Internet occidentali, le scene di dolore si sono alternate alla voce degli esperti: metereologi, geologi, climatologi. Mai si è però sentito pronunciare il nome di Dio. Dio è stato il grande assente da questo drammatico orizzonte, come se nominarlo, accostare il suo nome a queste sciagure, fosse una blasfemia. Dio, per la cultura dominante in Occidente non esiste, o se, esiste si disinteressa del mondo. Eppure, se Dio è il creatore dell’universo, la causa prima di tutto ciò che esiste, nulla può sfuggire al suo governo. Dio non si disinteressa delle sue creature. Questo interesse di Dio verso il creato, questo governo delle creature che dà ordine all’universo è ciò che propriamente chiamiamo Divina Provvidenza. Dio, provvede con amore e potenza ad ogni ambito del creato, fino ai minimi particolari. Lo dice il Vangelo quando afferma che tutti i capelli del nostro capo sono contati (Lc, 12, 1-7).

Ciò non immiserisce Dio, ma costituisce anzi una prova della sua grandezza. E’ proprio perché Dio è infinito che può occuparsi dei più infimi dettagli del creato senza esserne diminuito. Se qualche cosa potesse sfuggire alla sua azione creatrice e conservatrice, Dio non sarebbe tale. 

Chi nega Dio, gli atei e i laicisti militanti, ma anche coloro che pur non professando l’ateismo vivono di fatto nell’ateismo pratico, non può concepire l’idea della Provvidenza, a cui sostituisce  quella di Scienza. Le calamità sarebbero il risultato di forze fatali, perché governate dalle leggi della natura. L’interpretazione degli eventi è affidata agli scienziati: medici e virologi nel caso delle pandemie, geologi e climatologi nel caso di terremoti e uragani, dimenticando o ignorando che è Dio che dispone il meccanismo delle forze e delle leggi della natura in modo da produrre un fenomeno secondo le esigenze della sua giustizia o della sua misericordia. I terremoti, come le pandemie, seguono le leggi della natura, che lo scienziato deve indagare, ma l’autore della natura e delle sue leggi è Dio, che mantiene il perfetto equilibrio dell’ordine fisico naturale e vuole talvolta che quest’equilibrio sia sospeso per i suoi misteriosi disegni, ma sempre per una ragione.

Tutto ciò che accade nell’universo è voluto da Dio, tranne il male morale, che è l’unico vero male, e che è permesso da Dio perché l’uomo è stato creato libero di fare il bene o il male, di amare Dio o di rifiutarlo. Il male morale, che chiamiamo peccato, non è altro che il nostro rifiuto di riconoscere Dio, come nostro principio e nostro ultimo fine. E il male morale non è altro che il mistero di una creatura che si ribella al suo creatore, che proclama la sua autosufficienza, la sua indipendenza, senza avere in sé la possibilità di fare nulla, perché tutto ciò che siamo dipende da Dio e senza di Lui nulla possiamo fare. 

I terremoti e i cataclismi di ogni genere, che sono mali fisici e non morali, perché sono indipendenti dalla volontà dell’uomo, dipendono dalla volontà di Dio, e poiché Dio vuole solo il bene delle sue creature, hanno un significato che l’uomo deve cercare di comprendere.  

Il significato che la Chiesa e il popolo cristiano ha sempre attribuito a queste calamità naturali è stato quello di un avvertimento, di un avviso. Che cosa dice Dio all’uomo con questi eventi? Dio vuole ricordare all’uomo che tutto può finire drammaticamente in un attimo, perché il fine ultimo della nostra vita non è terreno, ma immortale. La terra è un luogo d’esilio, e noi dimentichiamo troppo facilmente che la nostra vera patria è il cielo. Il male, il dolore, la sofferenza, spesso aprono gli occhi agli uomini e li conducono a Dio. La loro ragione ultima è riassunta da una frase di san Tommaso d’Aquino: “I mali che ci assillano in questo mondo ci costringono ad andare a Dio” (Summa Theologica, I, q. 21 a. 4 ad 3). 

Ciò vale per il male fisico, indipendente dalla volontà degli uomini, ma anche per il male morale che essi liberamente commettono. Quando Dio punisce gli uomini sulla terra, per i loro peccati individuali o collettivi, lo fa per riportarli a sé. Questo è il senso dei grandi castighi divini che hanno sempre accompagnato la storia dell’umanità. Dietro i terremoti, le malattie, le guerre, dobbiamo sforzarci di cogliere il il disegno di Dio nascosto sotto la forza cieca della natura. Chi non coglie la voce di Dio in tutto ciò che non dipende dalla nostra volontà, a cominciare dalle catastrofi naturali che ci circondano, è un insipiente. E chi non crede nei i castighi divini, o non li teme, è un insipiente e uno sciocco, perché è privo di quel timore di Dio che è l’inizio della sapienza. 

Le catastrofi che nel mese di settembre hanno colpito il Nord Africa fanno seguito al terribile terremoto che ha colpito la Turchia nel febbraio 2023. Tutto ciò avviene sull’altra sponda del Mediterraneo, ai confini dell’Europa, e proprio mentre ai suoi confini nordorientali una guerra distruttiva è in corso, tra la Russia e l’Ucraina. Un cerchio di dolore sembra quasi stringersi attorno all’Europa infedele. Esso sembra uno degli ultimi avvertimenti di Dio di fronte agli oltraggi che ogni giorno riceve in tutto il mondo. E’ l’ora della riflessione. Il castigo non è solo la guerra che potrebbe allargarsi all’Europa intera, ma anche una serie di devastanti cataclismi naturali, che costituirebbero il drammatico epilogo di una caparbia umana troppo a lungo sopportata dal Sovrano del Cielo e della terra, infinitamente paziente e misericordioso, ma anche infallibilmente giusto.