Tratto da Alleanza Cattolica
di Guido Giacometti
Per capire Tomaso Montanari e le sue esternazioni è utile dare un’occhiata al profilo desunto dai suoi numerosi interventi televisivi, conferenze e scritti vari; non essendo il suo biografo ho raccolto solo un po’ di elementi per inquadrare il personaggio.
Innanzitutto non è uno storico; si è laureato in Lettere Moderne, specializzandosi in Storia della Critica d’Arte, ha insegnato in varie Università italiane ed è un efficace divulgatore della materia. Purtroppo prende posizione, e con una certa supponenza, anche in altri campi.
Non nasce e non si è mai considerato un comunista, pur guardando a quel mondo con «affetto e stima». Fa parte di un ambiente cattolico fiorentino che potremmo classificare di estrema sinistra o, definizione di Montanari stesso, «anarchico».
Il fatto che si ascriva ad una frangia di sinistra di ispirazione cattolica non deve rassicurare, anzi: si tratta dello stesso ambiente culturale da cui nacquero le Brigate Rosse. Non significa assolutamente che Montanari abbia mai accarezzato l’ipotesi della lotta armata per il comunismo, anche perché i tempi sono molto diversi dagli anni ’70 del secolo scorso. Spiega, però, l’acredine che Montanari manifesta per tutto il mondo, ad eccezione ovviamente di quello “cattocomunista”.
Ne sono esempio un piccolo florilegio delle sue affermazioni. Ne ha per tutti: il Recovery Plan sarà tutto una «colata di cemento» (espressione che gli piace molto e che ripete appena può) e «un enorme regalo alle mafie»; Draghi promuove «una misura criminogena sugli appalti»; il generale Figliuolo è «loquace ma inconcludente»; scrive di «un osceno grumo di fascismo che Salvini accoglie e su cui Draghi vergognosamente tace»; il ministro «Franceschini aiuta il revisionismo di stato»; il suo giudizio sul presidente Mattarella è «estremamente negativo»; le università (ovviamente esclusa quella che lo ha eletto rettore) «propongono una offerta formativa attraverso ottusi meccanismi aziendalistici».
A chi volesse diventare cultore della materia consiglio di scorrere gli interventi di Montanari nel salotto televisivo della Gruber, a cui un personaggio del genere non poteva mancare, o varie conferenze reperibili in rete.
Visto come giudica il mondo tutto, sarebbe sorprendente che Montanari non se la prendesse anche con il Giorno del Ricordo: «La legge del 2004 che istituisce la Giornata del Ricordo (delle Foibe) a ridosso e in evidente opposizione a quella della Memoria (della Shoah) rappresenta il più clamoroso successo di questa falsificazione storica». Condivide a pieno il giudizio di Eric Gobetti: «Il dibattito parlamentare sulla legge istitutiva fu molto eloquente. Alla fine, la versione neofascista è diventata la narrazione ufficiale dello Stato italiano».
In sintesi, Montanari non nega l’esistenza delle foibe e dell’esodo istriano-dalmata, afferma che non andavano commemorati come stabilito dalla legge istitutiva del Giorno del Ricordo, ma “contestualizzati”. Rizzate sempre le orecchie quando sentite usare questo termine, che in sé sarebbe corretto se utilizzato nella ricerca storica, ma viene utilizzato dagli “storici” di estrema sinistra per sminuire nelle dimensioni ed affogare nell’indistinto delle tante tragedie della guerra quanto non vogliono venga ricordato.
Montanari combatte indomito, vedi il suo articolo del 30 agosto sul Fatto Quotidiano, contro la «canea» (termine forse di chi ha fatto il titolo e non di Montanari) e la «rabbiosa reazione di tutte le destre italiane». Ovviamente chi dissente da Montanari non può che essere un fascista; nel calderone ci finisce anche il Corriere della Sera, «mai sceso così in basso come con questo figuro», cioè il giornalista Aldo Grasso, che aveva osato criticarlo. Montanari crede che gli attacchi alla sua persona non sono altro che «un assaggio di quel ritorno al fascismo che potrebbe comportare l’ascesa al governo di questa compagine nera».“Compagine nera” per Montanari sarebbe lo schieramento politico che va «da Italia Viva a CasaPound». Il Partito Democratico se la cava per un soffio, almeno per ora, perché Montanari lo classifica come «destra moderata».
Si potrebbe frettolosamente concludere che Montanari sia affetto da un disturbo paranoide e che probabilmente veda fascisti intorno a sé anche quando è chiuso nella sua stanza. Ma non è così, a meno di non considerare la paranoia contagiosa come il coronavirus.
La pensa nello stesso modo Gianfranco Pagliarulo, presidente Nazionale dell’ANPI che emette un comunicato di «Piena solidarietà» . L’ANPI è l’associazione che raccoglie l’eredità dei partigiani comunisti, da cui si dissociarono i partigiani democratici guidati da Enrico Mattei e Ferruccio Parri. Pagliarulo è stato sempre comunista e come tale, sino al 2006, senatore del Partito dei Comunisti Italiani, che si oppose alla legge che istitutiva il Giorno del Ricordo.
«Basta con l’uso fascista delle foibe!» invoca Paolo Flores d’Arcais su Micromega del 30 agosto scorso. Bontà sua, ammette che «Le foibe furono una tragedia, un’azione efferata da parte di quanti, nella Seconda guerra mondiale, erano comunque dalla parte giusta e sacrosanta, contro il male assoluto costituito dai fascismi». Non esageriamo, però, con le dimensioni di questa tragedia: «Ottocento le vittime, secondo uno storico tra i più attenti, seri, documentati come Angelo d’Orsi». Per chi non conoscesse d’Orsi, basti sapere che si è presentato alle recenti elezioni per il Comune di Torino quale candidato sindaco sostenuto da un’eletta schiera di liste quali Potere al Popolo, Fronte Popolare, Sinistra Anticapitalista, Partito Comunista Italiano, Rifondazione Comunista.
Alessandro Barbero, specializzato in Storia medievale ma efficace divulgatore di larga parte dello scibile umano, non poteva esimersi dal dire la sua con un’ intervista sul Fatto Quotidiano del 2 agosto. Barbero, già iscritto al PCI, comunista non pentito e quindi sostenitore della candidatura di d’Orsi, conferma la tesi di Montanari: «l’istituzione della Giornata del ricordo costituisce senza dubbio una tappa della falsificazione della storia da parte neofascista»; chiude l’intervista con l’affermazione che non si possono «diffondere enormità come quella per cui il comunismo sarebbe stato ben peggio del fascismo».
Può stupire che questi attacchi corali al Giorno del Ricordo avvengano dopo ben 17 anni dalla sua istituzione, ma l’affermazione di Barbero ci dà la chiave per capire il perché. Chiaramente questa ricorrenza non è mai piaciuta alla sinistra estrema e lo testimoniano le azioni di disturbo o i danneggiamenti a monumenti e lapidi che si sono ripetuti negli anni nei confronti di quanto poteva ricordare questa tragedia, ma ora qualcosa di nuovo è accaduto. Barbero, con il paragone tra comunismo e fascismo, fa infatti riferimento alla Risoluzione del Parlamento Europeo del 19 settembre 2019 che condanna entrambi i totalitarismi del XX secolo, comunismo e nazismo.
Quella risoluzione fu approvata quasi all’unanimità, ad esclusione di una esigua pattuglia di irriducibili neo-vetero (scegliete voi) comunisti. La risoluzione dà un colpo mortale al mito, in particolare (ma non solo) italiano, di un comunismo “buono” che si oppose ad un nazifascismo “cattivo”. Il Parlamento UE, sottolineando «l’importanza della memoria europea per il futuro dell’Europa» stessa, afferma che non basta essere antifascisti, ma bisogna prima di tutto essere antitotalitari, ripudiando così comunismo e nazismo in tutte le loro forme e memorie; «ricorda che i regimi nazisti e comunisti hanno commesso omicidi di massa, genocidi e deportazioni, causando…perdite di vite umane e di libertà di una portata inaudita nella storia dell’umanità». Questo l’estrema sinistra italiana non lo può accettare, infatti continua a proporre patenti ed anagrafi di solo antifascismo, rifiutando di condannare il comunismo e i suoi crimini, come le foibe, e manifestando così il suo vero volto antidemocratico.
Il Parlamento Europeo ha sposato le tesi già espresse dalla politologa e storica di origini ebraiche Hannah Arendt nel suo Le origini del totalitarismo. Arendt riconosce i punti in comune tra i due totalitarismi, tra cui «il terrore vera essenza del regime totalitario» (pag.475), «i campi di concentramento e lo sterminio di massa»(pag.431). Il fascismo italiano, invece, anche per la Arendt fu un regime autoritario, ma non totalitario; ne tratta in diverse pagine del suo libro, ma segnalo solo la nota 10 a pag. 427, in cui analizza il periodo 1926-1932 di particolare attività per il Tribunale Speciale: «12mila persone arrestate vennero trovate innocenti, una procedura assolutamente inconcepibile in un regime totalitario». Di mio posso aggiungere che, avendo avuto la possibilità di sfogliare per qualche ora la raccolta degli atti del Tribunale Speciale, mi è rimasta impressa una sentenza di assoluzione: il Tribunale la motivava in quanto chiamato «a giudicare gli atti e non le idee» dell’imputato, anche questo inconcepibile negli annali dei regimi totalitari comunisti. Ultima considerazione sulle sostanziali differenze tra Stato fascista e quello comunista: nell’Italia fascista, accanto alla figura del capo del Governo (Mussolini), persisteva la figura del re, con poteri limitati ma non trascurabili, visto che proprio intorno al re si raccolsero quanti rovesciarono Mussolini nel 1943. Immaginatevi cosa sarebbe accaduto se accanto a Stalin avesse continuato a persistere la figura dello zar di tutte le Russie, o cosa potremmo vedere oggi se, accanto a Xi Jinping, ci fosse ancora l’imperatore della Cina!
Questo, però, non deve far pensare ad una assoluzione del fascismo italiano: anche le sole leggi razziali e l’insensata entrata in guerra sono sufficienti per una condanna senza appello del regime malgrado quantodi positivo abbia fatto.
Il giudizio di Barbero sul «fascismo peggiore del comunismo» nulla aggiunge alla ricerca storiografica, ma descrive la personalità dell’autore: solo una persona in malafede, o uno sciocco, può ancora affermare una cosa del genere. Sul tema consiglio la lettura dell’intervista a Norberto Bobbio, pubblicata sull’Unità del 3 Aprile 1998, in cui si accredita la cifra di 100milioni di vittime al comunismo: un computo che da solo fa impallidire qualunque confronto con il fascismo. Le due pagine dell’Unità che contengono l’intervista.
La Risoluzione del Parlamento Europeo ha esacerbato nel mondo dell’estrema sinistra italiana il vulnus già prodotto ai loro miti dalla Legge sul Ricordo e ne sono scaturite le reazioni scomposte dei Montanari, Barbero, Pagliarulo, Flores d’Arcais ed altri. Una per tutte il comunicato della Presidenza dell’ANPI del 22 settembre 2019, tre giorni dopo la Risoluzione europea, che vorrebbe rimettere in riga l’Europa tutta. Nel comunicato, dopo aver espresso «profonda preoccupazione per la recente risoluzione del Parlamento Europeo in cui si equiparano nazifascismo e comunismo…e in un’unica riprovazione si accomunano vittime e carnefici”, “si augura che al più presto giunga dal Parlamento Europeo, al fine della sua stessa autorevolezza e credibilità, il chiaro segnale di un radicale ripensamento, nel solco dei principi che ispirarono la creazione di un’Europa Unita, figlia dell’antifascismo»().
Per capire meglio cosa ci sia in gioco, conviene però seguire, più che il folclore dei personaggi di cui sopra, uno storico ben strutturato come Filippo Focardi, professore di Storia contemporanea presso l’Università di Padova e direttore scientifico dell’Istituto Ferruccio Parri, che coordina la rete dei 64 Istituti Storici della Resistenza. Sul tema della Risoluzione del Parlamento Europeo, Focardi ha fatto diversi interventi. Consiglierei di ascoltarne uno recente, tenuto nell’ambito della presentazione del suo libro Nel cantiere della memoria. La conferenza è molto interessante per capire come ragionano negli ambienti dei “custodi della Memoria”, ma a chi avesse poco tempo suggerisco di ascoltare solo il minuto 1:47:00 – 1:48:15. Focardi vi sintetizza, infatti, lo scontro tra la posizione europea, guidata dalla Germania, che condanna ed equipara i totalitarismi comunista e nazista, e quella della sinistra anche italiana, aggrappata al solo antifascismo ed ora minoritaria in Europa. Focardi constata che il Parlamento Europeo, con quella equiparazione, cancella il mito di una resistenza comunista “buona” e conclude con un passaggio retorico: «Non si può equiparare Berlinguer ad un aguzzino della Stasi».
Purtroppo per Focardi la risposta a questa affermazione l’aveva già data Norberto Bobbio, che nell’intervista sull’Unità di cui prima spiega che:«…non c’è paese in cui sia stato instaurato un regime comunista ove non si sia imposto un sistema di terrore. Possono variare i meccanismi dell’esercizio del terrore, la quantità e la qualità delle vittime, ma è dovunque, ripetiamo con forza, dovunque, identica la spietatezza, l’arbitrarietà e l’enormità nell’uso della violenza per mantenere il potere». Quindi c’è una differenza tra un aguzzino della Stasi e Berlinguer: la Stasi era saldamente al potere in Germania dell’Est, zona controllata dall’Unione Sovietica, mentre Berlinguer non poteva arrivare al potere perché gran parte dell’Italia ricadeva nella zona d’influenza anglo-americana, secondo i patti di Yalta. Quindi, secondo la lettura di Bobbio, i comunisti “buoni” sono solo quelli che ancora non hanno raggiunto il potere. Noi giuliano-dalmati lo possiamo testimoniare in quanto finiti nella zona d’influenza sovietica: sotto l’occupazione jugoslava abbiamo avuto il “privilegio” di provare un regime comunista con tutte le sue atrocità.
A differenza di Focardi, Norberto Bobbio, in sintonia con la Arendt, ha colto bene il terribile meccanismo che accomuna le due ideologie totalitarie: «Il meccanismo della ideologia dello sterminio consiste proprio nella disumanizzazione:non uomini per i nazisti gli ebrei, non uomini per i comunisti i nemici di classe».
Tornando a Tommaso Montanari, ritengo che lui sia libero di esprime le sue opinioni, anche le più inaccettabili. Il problema non è lui, ma chi lo ha eletto alla carica di Rettore. Per spiegarmi faccio un esempio ora di attualità: un no-vax deve essere libero di sostenere le proprie tesi, anche le più fantasiose. Non è però ammissibile che lo stesso personaggio vada a dirigere una scuola di formazione per futuri medici, svolgendo così una funzione totalmente diseducativa. Analogamente Tommaso Montanari può liberamente dichiarare quello che pensa, ma è ammissibile che venga scelto come rettore di un’università in cui può influire sulla formazione dei giovani?