Di PUCCI CIPRIANI 

Detesto la musica Rock ma me la sono dovuta sorbire per documentare il “cambiamento di costumi” e i così detti “messaggi subliminali” di cui ho parlato in un mio libro sul Sessantotto …conosco anche l’electronic music (Techno) che, insieme alla patata, al pomodoro e al tacchino e al cialtronismo sessantottaro, abbiamo importato dall’America. E se anche non avessi voluto ascoltare questa musica assordante che “rompe” i timpani…e non soltanto i timpani, in questo ha provveduto la nostra benemerita Amministrazione Comunale di Borgo San Lorenzo (non mi domandate quale perché da oltre settant’anni è sempre la stessa, rossa come un tacchino) che – oltre a donarci la “differenziata”, pensando così di aiutarci a gestire il nostro tempo libero, annaspando nella spazzatura, scacciando i topi che si stanno appropriando del territorio e spedendoci a pagare l’imposta raddoppiata – periodicamente ci delizia, fino alle ore piccole, con suoni tonitruanti per cui i “doppi vetri” a ben poco servono per evitarci la tortura acustica.
Eppure anche su questo settimanale ho dedicato un “pezzo” a questa musica, parlando di un giovanissimo DJ, il luchese, di origini napoletane, Ivan Cerlino, un “fascio di muscoli e nervi”, sempre in movimento, con il senso del ritmo, creatore egli stesso dell’electric music e idolo, oltre che delle discoteche, delle ragazze…ma amante anche del canto gregoriano,dell’antica liturgia latina, del bon – ton, dei buoni sentimenti e della famiglia (uomo donna) come oggi va specificato…perfino del vestiario classico, a cominciare dal tabarro. Siccome grandemente Ivan si meravigliò quando gli dissi che il techno era la musica della Rivoluzione vorrei dedicargli questa storia…anzi, non ci montiamo la testa, questo pezzo di cronaca…che penso molto lo interesserà.
Anni fa il Direttore dell’Edizione Toscana de “Il Giornale, Riccardo Mazzoni, dopo una mia fortunata intervista al borghigiano Cardinale Domenico Bartolucci sulla musica sacra, mi incaricò di fare un “pezzo” su un concerto – Recital del cantante Giovanni Lindo Ferretti che si tenne nel salone di una Villa Mugellana nei pressi di Barberino…ma pensai ad uno scherzo quando presi informazioni su questo Ferretti : “cantante dei cccp /csi ; cccp, l’equivalente dell’acronimo russo SSSR (Sojuz Sovetskich Socialisticeskieh Respublik) , la sigla che designa, in alfabeto cirillico, l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche…è cantante – leader del gruppo punk rock più famoso negli anni Ottanta e che si sciolse nel 1992 con la fine dell’Unione Sovietica e, dalle sue ceneri, con l’immissione anche di elementi dei Litfiba, nasceva il csi che diverrà poi il pgr …
Penso a uno scherzo della Redazione de “Il Giornale“…domando lumi a mio nipote Lapo : “Zio guarda che ti stanno prendendo per i fondelli Lindo Giovanni Ferretti fa il punk sovietico…meglio stendere un velo pietoso” E, poi, anche dal parrucchiere “Giovanni”, mi fu detto da Roberto: “Mah sì, figuriamoci, ci sarà da ridere…anni fa alla festa dell’Unità a Pontassieve Ferretti tenne un concerto urlando, attaccato a una sbarra, con gli slip leopardati …e tu vai a intervistarlo…ci sarà proprio da ridere”
Che fare se non -parafrasando il Manzoni – come Don Abbondio che, davanti ai “bravi”, “non potendo schivare il pericolo, vi corse incontro…”
Quando arrivo nel grande salone della villa incontro Giovanni Lindo Ferretti che, con i tecnici, sta controllando l’impianto stereo , con modi bruschi, mi promette l’intervista…ma solo dopo il recital. Ferretti è un uomo massiccio, tipo montanaro, porta un paio di grossi scarponi e i pantaloni di velluto rigato; prova e riprova, ai microfoni, gli altoparlanti e con voce metallica: “Prova…prova…prova altoparlanti…prova impianto…ssss…ah ah ah ah ….”
Ormai la sala è ricolma di persone, molti i giovani e giovanissimi…Ferretti prende il violino e comincia a declamare, accompagnato da quella sua musica struggente che par di pianto, con voce calda e dizione perfetta, il quinto Canto del Purgatorio e quando arriva al ventitreesimo verso stacca un secondo e dice : “Quelle anime che miravano al cielo intonano il “Miserere” , quel salmo maestoso e solenne che la Chiesa ora si vergogna di far cantare e che tante anime ha toccato e commosso…io lo canterò ancora quasi ad esaudire il desiderio di quei cristiani “purganti” che chiedevano misericordia per i loro peccati come noi la chiediamo per i nostri…”
E dalla bocca di quel “montanaro robusto” si levò il canto rubesto di quel salmo penitenziale, maestoso e solenne : “Miserere mei, Deus, secundum magnam misericordiam tuam / et secomdum multitdinem miserationum tuarum, dele iniquitatem meam. / Amplius lava me ab iniquitate mea et a peccato meo munda me./ Quoniam iniquitatem ego cognosco: et peccatum meum contra me est semper…” E, così, versetto dopo versetto, fino in fondo..
Si interruppe, una sola volta, perché la sua voce fu coperta da scroscianti applausi e – voi non lo crederete – ma ad applaudire entusiasticamente, non erano tanto le persone di “mezza età“. ma i giovani e giovanissimi, tantissimi con le chiome fluenti, pieni di tatuaggi, orecchini e piercing, le ragazze con mezzi capelli tinti di celeste…e quando giunse in fondo al canto, ai quattro versi finali del commiato di Pia de’ Tolomei li cantò, sempre accompagnato dal suo violino, sull’aria d’una ballata popolare (“L’amore è come l’ellera…dove si attacca muore“) assai nota e sembrava di vedere e sentir lì la Pia senese con tutto il suo dramma:

Ricordati di me che son la Pia:
Siena mi fé; disfecemi Maremma:
salsi colui che inanellato pria
disposando m’avea con la sua gemma.

Anch’io mi unii all’applauso entusiastico del pubblico…e mi bevevo, nella terra del “Torracchione desolato” di Bartolomeo Corsini, ogni parola di quel personaggio che divenne uno dei miei idoli. Sonocciolò, senza enfasi la storia delle sue malattie . Prima il tumore al polmone e, poi, da adulto, quello allo stomaco: “si vive quando si impara a conoscere la morte, come a ridere e a piangere…mi capita di essere piacevolmente odiato, ma anche questo fa parte della vita…diventando vecchio sono diventato cattolico, stronzo e reazionario…c’è molto di male nella famiglia e nella Chiesa, ma senza Chiesa e senza famiglia non si vive…”
Ora Lindo Ferretti, forse più di prima, è chiamato con “questa sua musica trasformata dalla fede” a tenere recital e concerti ma, soprattutto, a gustare quella sua vita di montanaro, sugli Appennini, con i suoi cavalli, nella sua casa avita, insieme alla sua vecchia madre “ritrovata” e lui stesso ce lo racconta in “Bella gente dell’Appennino”, Mondadori 2009:
Sono sempre stato sull’orlo dell’illegalità. Ho permesso che un’intera generazione sbagliasse – scrive Giovanni Lindo Ferretti – mi sento responsabile del Gulag sovietici e della Cambogia di Pol Pot …Era subentrata la normalità anche nell’estremismo: tutto quello che accadeva seguiva l conformismo dell’anticonformismo. Le scelte ancora davanti erano o il terrorismo o l’eroina.
Ma ora è tornato a casa tra quella sua “bella gente dell’Appennino” :
Il brutto tempo ci obbliga in casa…D’inverno il buio cala presto e cresce a dismisura l’angoscia da spaesamento propria di quell’ora, il nostro tormento. Ci salva, ogni sera, il suono della campana dell’Ave Maria. Ci salva, ogni sera, la recita del Santo Rosario. A lei (la vecchia madre malata che lui assiste. Npc) la corona, a me l’enunciazione dei misteri e, in un latino ecclesiastico scampato ai secoli e all’ignoranza, lei scandisce le litanie, io la sostengo qua e là ma molto poco : ogni sera la preghiera più semplice …Recitiamo la terza parte del Santo Rosario a onore e gloria del Signore nostro e della Madonna, a suffragio dei nostri morti. Signore se sono nelle pene del purgatorio portali in paradiso con Te che possano intercedere per noi come noi preghiamo per loro(…) A scanso d’equivoci non sono un buon cristiano, sono un misero peccatore in pensieri, opere e omissioni…Ignorare che l’uomo ha una natura ferita, pensare che l’eliminazione del male sia in suo potere e dipenda dalla sua azione e dalla realizzazione di strutture sociali omnicomprensive è all’origine del nostro baratro umano prodotto dalle ideologie politiche del secolo XX , sperimentato nei campi di concentramento, nei gulag, nei laogai,. Io, come bambino, perché non si finisce mai di crescere finché si muore(voglio) essere sigillo garante della Tradizione, presenza dell’Incarnazione.
Ecco , avrei voluto dire al mio amico musicista Ivan, quando si stupì allorché io definii la musica techno, la musica della Rivoluzione, che avevo in mente questa storia..avevo in mente un mio idolo, Giovanni Lindo Ferretti, e auguro anche a lui, al DJ luchese, che ha già nell’animo e nel cuore i buoni germi della Tradizione, di arrivare, anche attraverso alla sua musica, al successo, ma di continuare anche dopo a respirare a pieni polmoni, a sera, quell’aria rarefatta e pulita ai piedi dell’Appennino, in quel “Lucus“, dove, con la brezza, arriva il profumo dei noci e del castagno; dove nella madia trovi i necci e il pane fatto in casa e dove, a sera, ci si scalda alla “focagna”; dove, le antiche avole, un tempo, in quella cucina che sembrava “abbracciare”, in quella intimità familiare – quando fuori abbaiava la volpe e bramiva il capriolo – prendevano la corona attaccata ai piedi del letto e, accanto al mobile – vetrinetta, con le foto dei nonni e l’immagine del Sacro Cuore, scorrevano, tra le dita, ritorte dall’artrosi, quei grani del Rosario e si sentiva il sussurrare dolce e lamentoso dell’Ave Maria.
PUCCI CIPRIANI