Si moltiplicano i segni che sembrano indicare che stiamo entrando in un nuovo ciclo storico. È un fenomeno positivo? Auspicabile? Comporta dei rischi?

 

Quando nel 2012 Timur Vermes pubblicò il libro – fra la satira e la denuncia – «Er ist wieder da» (Lui è tornato), forse non immaginava la tempesta che avrebbe scatenato. L’opera è diventata subito un best seller, con milioni di copie vendute. La versione digitale si è poi diffusa in modo virale: uno dei grandi successi editoriali degli ultimi anni. Nel 2015, il regista David Wnendt ha portato il romanzo sul grande schermo, producendo un film divenuto in poco tempo un campione d’incassi. Su YouTube le visualizzazioni si contano a milioni.

 

Tornano?

Il film mostra Hitler che si risveglia in un parco di Berlino nel 2014 e comincia a interagire con i tedeschi di oggi, riscuotendo reazioni di simpatie e di accoglienza cui nessuno si sarebbe aspettato. Le scene più interessanti – dal punto di vista dell’analisi sociologica – sono quelle girate a braccio con i passanti sulle strade: niente copione, niente attori, tutta gente comune che reagisce in modo spontaneo. Un vero e proprio “social experiment” dal vivo.

Lasciando perdere la totale impresentabilità del personaggio, il film è interessante come analisi di certe tendenze nell’opinione pubblica.

Commenta Wnendt: “Qui il film cambia registro. Niente più copione. Le comparse sono vere. Quando il falso Hitler si lancia in pensieri imperialisti, chi gli sta intorno non sempre sorride e basta, certe volte annuisce e rinfocola, con convinzione, le sue argomentazioni. Sanno bene di trovarsi accanto a un attore (Oliver Masucci), ma la videocamera spegne le loro inibizioni portandoli a una sincerità che, vista da fuori, fa un po’ paura”.

Quali conclusioni trarre da tutto ciò? Risponde Wnendt: “Credo che, potenzialmente, un terzo dei tedeschi voterebbe un partito di destra in Germania se solo ce ne fosse uno credibile. Per fortuna l’NDP, il partito nazionalista, non lo è, ma bisogna fare attenzione alla nuova formazione Alternative für Deutschland. Sa che cosa mi ha sorpreso di più durante le riprese? Il sincero entusiasmo che molte persone mostravano per il nostro falso Hitler. Alcuni salutavano con Sieg Heil! come se nulla fosse. Davanti alla porta di Brandeburgo un gruppo di italiani ha voluto farsi un selfie con lui alzando il braccio destro. Si vede anche nel film”.

Sulla scia di tale successo, il regista Luca Miniero ha sfornato una versione italiana: «Sono tornato», in cui il soggetto è, ovviamente, il Duce, impersonato da Massimo Popolizio. Lanciato nei cinema lo scorso 1° febbraio, il film ha raggiunto un discreto successo. Decisamente più buffonesca della sua controparte tedesca, l’opera di Miniero suscita nondimeno lo stesso interrogativo di fondo: cosa succederebbe se Mussolini tornasse in Italia? È possibile che tante persone giudichino il suo “ritorno” non solo come del tutto naturale ma, anzi, auspicabile?

Il fatto è che anche in Italia cresce il numero di persone favorevoli alla “mano forte” nella conduzione della res publica. Un sondaggio rilasciato lo scorso novembre mostra che ben il 23% degli italiani, cioè un quarto degli elettori, favorirebbe “una dittatura di 4-5 anni come l’unica soluzione per riuscire a cambiare realmente l’Italia” (1).

“[Hitler e Mussolini] sono personaggi che sembravano dimenticati nella coscienza collettiva, ce li ritroviamo sul grande schermo”, commenta l’opinionista Pierluigi Battista (2).

 

Nuovo ciclo storico

Sembra evidente che stiamo entrando in una nuova fase storica, uno di quei cicli che Plinio Corrêa de Oliveira qualificava “eroico” (cfr. articolo precedente), in cui crescenti settori dell’opinione pubblica, sconcertati dallo sfaldamento di ogni cosa, cominciano a domandarsi se non abbiamo sbagliato strada abbassando la guardia e se, invece, un ritorno a certi valori e a certi atteggiamenti più “forti” non sarebbe la soluzione.

Dopo la fase melodrammaticamente “eroica” delle dittature nazi-fasciste, dopo l’orgia di sangue e di devastazione della Seconda guerra mondiale, il mondo era entrato in una fase di “moderatismo” ottimista, i cui rischi Plinio Corrêa de Oliveira non mancò di denunciare nel 1954 (3). Nemmeno la Guerra Fredda riuscì a distogliere l’Occidente da tale ottimismo buonista.

Bisogna dire che questo buonismo colpiva in modo preponderante i conservatori. Da parte sua, proprio in questo periodo di apparente moderatismo, la sinistra portò avanti, imperterrita, la più vasta rivoluzione morale e culturale di tutti i tempi. Con poche eccezioni, davanti a sé trovò appena muri di cartapesta, appunto i buonisti.

Una prima avvisaglia che qualcosa stesse cambiando fu l’elezione di Margaret Thatcher come primo ministro della Gran Bretagna, nel 1979, seguita da quella di Ronald Reagan come presidente degli Stati Uniti, nel 1980. Rappresentanti di un nuovo spirito, a entrambi successero tuttavia personaggi di nuovo grigi e “moderati”: John Major e George H. Bush.

Poi venne l’11 settembre 2001. “Contemplando il crollo di quelle torri ho visto crollare il mio mondo” – disse un noto imprenditore italiano. Lo shock provocato dal codardo attacco terrorista, mentre metteva a nudo la debolezza dell’Occidente liberale e democratico, mandava in frantumi lo spirito spensierato e pacifista fino ad allora egemone. Per noi europei, un altro spartiacque è stato poi la crisi migratoria del 2015, quando ci siamo ritrovati sguarniti di fronte a popoli determinati a invaderci ad ogni costo, stravolgendo la nostra cultura, le nostre istituzioni, la nostra Fede. Le politiche di accoglienza indiscriminata messe in atto negli ultimi anni stanno dimostrando tutta la loro pericolosità.

In campo morale, l’imposizione in modo sempre più strafottente e radicale dell’agenda LGBT ha risvegliato i conservatori, finalmente convinti della futilità di ogni dialogo e di ogni compromesso. Cresce, dunque, il fronte di coloro che, non accettando più nessuna concessione, vogliono ad ogni costo preservare la morale naturale e cristiana.

In campo ecclesiastico, l’accelerarsi fino all’inimmaginabile della distruzione di certi fondamenti della Fede e della Morale, ha portato al consolidamento di una reazione in linea con l’ortodossia tradizionale con un’ampiezza mai vista prima. Anche nella Chiesa cresce il settore “eroico”.

 

A tutta destra!

Ed ecco che, dando corpo a questi profondi mutamenti nell’opinione pubblica, un po’ ovunque si stanno affermando realtà che i mezzi di comunicazione non esitano nel qualificare con sdegno come “estrema destra” e addirittura “ultra destra”. Perché mai non usano la stessa qualifica – che, tutto sommato, descrive appena la relativa posizione sullo spettro politico – per riferirsi all’altro estremo, cioè alla sinistra? Hanno addirittura coniato un nuovo epiteto, tanto altisonante quanto privo di contenuto: “destra xenofoba”. Sembra proprio che “fascista” non basti più…

Per non parlare dei Paesi dove governano i conservatori moderati – come Regno Unito, Spagna e Norvegia – in numerosi altri – come Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Finlandia e Austria – hanno vinto alleanze di centro-destra, in cui la componente “destra” è quella preponderante.

In altri Paesi, avanzano partiti situati decisamente a “destra”, come il Front National in Francia, Alternative für Deutschland in Germania, il British National Party in Gran Bretagna, il Partij voor de Vrijheid nei Paesi Bassi, il Dansk Folkeparti in Danimarca e altri ancora. Per non parlare dei movimenti di stampo neonazista come Jobbik in Ungheria, Slovenská Národná Strana in Slovacchia e Alba Dorata in Grecia.

“Per l’Europa avanti tutta a destra! Anzi, all’estrema destra!”, titolava provocatoriamente il Corriere della Sera (4).

Allargando lo sguardo al panorama mondiale, ecco la “tempesta perfetta” arrivata da oltre-oceano: l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, contro ogni pronostico. Un anno dopo, e nonostante la più surreale campagna pubblicitaria demolitrice di tutti i tempi, gode ancora di ampio sostegno. Il suo recente discorso sull’Unione ha piaciuto al 75% degli americani.

In America Latina, negli ultimi anni, quasi tutte le elezioni presidenziali sono state vinte dai candidati di centro-destra. L’ultimo, Sebastián Piñera in Cile.

Il fenomeno è visibile anche in Russia. Dopo la fase “eroica” staliniana, alla quale dal 1955 era subentrata quella “moderata”, che aveva raggiunto l’auge con Boris Eltsin, ecco che anche i russi si destano e sostengono la permanenza al potere di un “uomo forte”: Vladimir Putin. Personaggio di tale souplesse politica che, facendo propria l’eredità comunista di Stalin, riesce tuttavia a presentarsi come modello per una parte della destra occidentale.

Sarebbe semplicistico, e dunque fuorviante, mettere alla pari tutte queste realtà. Tuttavia, le accomuna il fatto che, ognuna a modo suo, in grado diverso e con diverso contenuto di autenticità, diano voce e corpo ai profondi mutamenti nell’opinione pubblica, che dalla fase “moderata” sta passando a quella “eroica”.

 

Vere e false destre

Si tratta di un fenomeno positivo o negativo? Dal punto di vista della Contro-Rivoluzione, siamo di fronte a un fenomeno ovviamente positivo, almeno nelle sue sorgenti. Se, invece, passiamo in rivista le realtà che lo stanno cavalcando, raccogliendone i frutti, il giudizio diventa più sfumato. Si tratta, infatti, per lo più di reazioni a carattere “nazionalista”, “identitario” o “populista”. In altre parole, ciò che Plinio Corrêa de Oliveira chiamava “false destre”. Fuori dal campo strettamente ecclesiastico, l’elemento cattolico è pressoché assente.

Dov’è la Chiesa? Dove sono i pastori che, leggendo correttamente i “segni dei tempi”, tentano di intercettare questo massiccio spostamento nell’opinione pubblica occidentale, strappandolo dalle mani di eventuali false destre per condurlo invece sulle vie di Nostro Signore Gesù Cristo? È triste dirlo ma, con pochissime e onorevoli eccezioni, non solo non scendono in campo per intercettare il fenomeno ma, dove possono, lo ostacolano, lo bersagliano, cercano ad ogni costo di bloccarlo.

Certo, questo fenomeno manda in frantumi parecchi aspetti di ciò che si è convenuto chiamare lo “spirito del Concilio”. Ma l’essenza del Concilio non era precisamente mettersi in ascolto della coscienza della gente per stabilire un nuovo rapporto col mondo? All’epoca del Concilio, il mondo stava toccando lo zenit del vecchio paradigma. Oggi sta sorgendo un nuovo paradigma, assai diverso. Sapranno gli eredi del Concilio cogliere questo nuovo spirito? È una delle incognite dell’ora attuale.

Anche dall’altra parte, però, vi sono dei rischi.

Come descritto da Plinio Corrêa de Oliveira, la rapida alternanza dei cicli è tipica dell’uomo squilibrato. Dal nazismo si è passato all’hollywoodismo. Nelle attuali circostanze c’è il rischio che, entusiasmati con le prospettive apertesi dallo spostamento dell’opinione pubblica a destra, anche all’interno della Chiesa, certe reazioni diventino miopi, perdendo di vista lo scopo ultimo di ogni sana reazione: portare le anime alla conversione verso l’integrale restaurazione della Chiesa stessa e della Civiltà cristiana.

1. “Sicurezza, il sondaggio: un quarto degli italiani chiede 5 anni di dittatura”, Il Giornale, 28 novembre 2017.

2. Pierluigi Battista, Corriere della Sera, 18 gennaio 2018.

3. Plinio Corrêa de Oliveira, “Moderação, moderação: slogan que enche o Ocidente”, Catolicismo, febbraio 1954; “Moderação, o grande exagero de nosso século”,Catolicismo, marzo 1954.

4. Paolo Virtuani, “L’estrema destra in Europa. Tutti i nipoti di Le Pen”, Corriere della Sera.

Fonte: TFP Julio Loredo