Dedico questo mio “pezzo” alla ND Alessandra Petrucciani, Direttore del Blog “In Tua Justitia” e a Salvatore De Simone, ambedue a Napoli, a nostra insaputa, in pellegrinaggio devoto, per rendere omaggio al Miracolo del Sangue di San Gennaro.
Agli amici (Alberto Ammirati, Filippo Balugani e Daniel Vata) di una piccola delegazione della “Comunione Tradizionale” – con la quale scendemmo a Napoli, per assistere devotamente al Miracolo del Sangue di San Gennaro e per rendere, poi, omaggio ai Sovrani del glorioso Regno delle Due Sicilie – che, durante il viaggio, mi domandavano lumi sulla città, conoscendo già le idee e la buona predisposizione di quei giovani, risposi che, oltre a conoscere la storia della città e del glorioso Regno Duosiciliano, bisognava cercare di comprendere Napoli, di viverla più che di guardarla e giudicarla…tenendo conto che oramai tutto il mondo si va omologando, un livellamento “giacobino”, dal basso, per cui ovunque senti la solita musica barbarica e assordante o i motivetti negroidi, mangi ai Mc Donald, frequenti le degradanti discoteche che ti timbrano la mano o il braccio, come contromarca, allo stesso modo che nei macelli comunali si timbrano i pezzi di carne di manzo e di maiale, vesti i soliti jeans strappati e porti i piercing, ti fai (si fanno) i soliti volgari tatuaggi, metti l’orecchino…simboli distintivi, quest’ultimi, un tempo, della malavita. Demonizzata la sigaretta ed esaltata la “canna”, demonizzato il bicchier di vino ed esaltata la coca (parlo della droga e non della bevanda)….Le città si sta svuotando di quella che era la popolazione, come dire che si va dissanguando, che perde la sua linfa vitale: le vecchie abitazioni del centro storico vengono vendute e trasformate, dai “nuovi padroni”, in Bed & Breakfast, stanze con prima colazione che alimentano un turismo di massa fatto di persone che non potranno mai apprezzare questa città. I Tribunali, le Facoltà Universitarie, le librerie vengono portate nelle periferie e i “grandi magazzini” hanno ormai ucciso il piccolo negozio che dava vita alle strade; i giovani, e non soltanto i giovani, emigrano…un’ emigrazione che iniziò – per non fermarsi più – dopo l’invasione e l’occupazione piemontese, allorché milioni di persone, con le loro povere cose, partirono per “Terre lontane”, un fenomeno sconosciuto fino allora in quel Meridione benedetto da Dio… un tempo si vendevano le cartoline, con il Vesuvio e il suo pennacchio di fumo davanti al pino, ma oggi le cartoline sono armai scomparse – le comprano solo i collezionisti, come il sottoscritto – sostituite dai “messaggini” e dalle foto inviate su WhatsApp. Sulle numerosissime bancherelle dei mercati – caratteristici (un tempo,) – come quello della Duchesca, trionfano le “cineserie”, tanto che Ciro, con il suo negozio di abbigliamento, all’angolo tra piazza Garibaldi (ahi, ahi!) e il Rettifilo, ha messo in vetrina un vistoso cartello : “Qui non si vendono “strunzate” cinesi”,quelle troppe cineserie che invadono anche molti – non tutti – negozi di San Gregorio Armeno dove si vendono le statuine, fatte a mano, per il presepe, insieme ai personaggi famosi : Salvini , che ho acquistato a 10 euro , e Di Maio, a sette, e dove resiste ancora il mito di Maradona che però costa solo cinque euro, pallone compreso.
Eccoci dunque, nuovamente a Napoli, in quella Napoli amata dalla Tradizione, odiata, bistrattata, calunniata dai “giacobini”, eredi dei “paglietta” e dei “pennaruli” , tutti della stirpe del partito del “Leccaculismo Italico” che, ora, seguono il mondialismo massonico…dopo il crollo del Comunismo (che resiste ancora, in attesa di fare un Parco delle Rimembranze, in alcuni paesi dell’Etruria…compreso il mio).
Prendete un Renato Fucini, che non è certo Dante, ma un pedissequo impiegato dello “Stato Liberale” (faceva l’Ispettore scolastico nella “sua” pettegola Toscanina che aveva rinnegato il paterno Granduca Leopoldo, “I’ Babbo”, per abbracciare il verbo francese di Vittorio Emanuele, quello con i capelli tinti, dall’aspetto bovino, figlio di un macellaio di San Frediano, in Firenze. Un “bozzettista”, certo colorito il Fucini, ma non esaltante, che nel suo “Napoli ad occhio nudo” dimostra non solo di non aver capito nulla del Sud e della sua storia ma rimastica i soliti luoghi comuni, triti e ritriti, in quel suo scritto saccente (proprio dell’Ispettore scolastico dell’Italietta) pieno di prosopopea, il tutto innaffiato da un razzismo che, oggi, gli sarebbe costato il posto se rivolto a un africano. Scrive il bozzettista : “…di patria, d’Italia, di nazionalità non occorre parlarne . Essi sono i napoletani e basta, e il resto degli italiani, dal lato nord sono i piemontesi , dal lato sud, cafoni e niente altro; ma del rimanente , neppur per il loro arido nido sentono nobile affezione, non hanno altra aspirazione che il godimento tranquillo delle loro miserie. Lasciateli sventolarsi nel loro fango e date loro chiocciole e maccheroni a poco prezzo, non chiederanno mai quale forma di governo regga il loro paese…” Poi il nostro Fucini (Neri Tanfucio per gli amici) continua a parlare esprimendo tutto il suo pensiero lombrosiano: un trattato di fisiognomica per microcefali, degno del Conte De Gobineau…davvero originale per chi diceva (e c’è anche chi lo dice oggi)di aver “liberato” le “plebi meridionali” da “secolare tirannia”. Ecco un’altra perla di Neri Tanfucio :“Generalmente brutta popolazione (napoletana n.p.c) pallida ed emaciata. Donne orrende con cipiglio causato dal sole che loro donerebbe se non avessero delle fisionomie assolutamente deformi(…)indole imprevidente della popolazione che spende tutto; la festa poi fanno la scialata….”
Ma lasciamo correre. Discesi dal treno, ci gustiamo, come in un rito perenne, il primo caffè della giornata al “Mexico”…una crema: “Tre caffè dolci e uno amaro,basso…” prendiamo posto in un albergo di Corso Novara, vicino alla Ferrovia, e poi ci incamminiamo verso il centro e, in questo quartiere, ormai arabizzato, come ho già descritto in un altro “pezzo” su Napoli, facciamo tappa – ci pensavo durante il viaggio – da “Lauri” quella che da sempre io definisco “la migliore pasticceria di Napoli dove si mangiano delle deliziose sfogliatelle…calde, appena sfornate…e si beve un buon caffè…”
Quarant’anni fa abitavo lì, in via Bologna, e la mattina, prima di prendere la “Vesuviana”, per andare a Censi dell’Arco dove insegnavo, mi recavo, alternativamente, a prendere il caffè, da Lauri o al Mexico…dietro al banco c’è un giovane di poco più di trent’anni e io- non rendendomi conto del tempo passato – dopo avergli fatto i complimenti per le sfogliatelle, domando notizie di una bella ragazza bionda che amava i gatti (mi raccontava del suo siamese) e che pensavo di rivedere dietro al banco. “Ah, ve la ricordate?” – mi risponde il giovane – “Era, anzi è la mia mamma” …..stiamo andando al Duomo : oggi è il 19 settembre, e si scioglierà il Sangue di San Gennaro…ne sono certo. Non è certo, invece, Daniel che teme non avvenga il miracolo e che questo sia segno di gravi calamità. Prima di andarsene il proprietario della “Pasticceria Lauri” ci offre il caffè – è un tratto della signorilità napoletana – e alla mia domanda di quanto tempo occorra per raggiungere piazza Duomo, a piedi, risponde : “Venti minuti….” poi, guardando i tre giovani che sono con me e ammiccando: “…per loro anche meno…” . Come a volermi ricordare i quarant’anni trascorsi e, forse, il “Memento mori!”.
Ci incamminiamo a passo veloce – dopo una capatina alla “Duchesca”, dove fo rifornimento di occhiali – e sento il “fiatone” e i quarant’anni trascorsi…ma sento anche il tempo passato dallo scorso anno…e che mi pare un secolo…
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“Dalle vene generose / spicciò il sangue; accorta mano / lo raccolse e lo nascose / alla patria lo serbò.”
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“Quando brontola il Vulcano / quando un morbo rio s’avanza / quando freme l’uragano / quando i campi isterilir / nel tuo sangue è la speranza / di men torbido avvenir.”
Già…San Gennaro, vescovo di Benevento, decapitato, in odio alla Fede cattolica, a Pozzuoli, durante la persecuzione di Diocleziano; il suo Corpo, conservato dai fedeli, fu traslato a Napoli verso il i primi del Quattrocento e messo nelle catacombe scavate nel tufo a Capodimonte, quindi trafugato dai Longobardi e portato a Benevento come “protettore della città”. Il Corpo del Santo Martire tornò a Napoli soltanto nel 1480 per volere dell’arcivescovo Alessandro Carafa, tra l’esultanza della popolazione, che pose, poi, nella cappella costruita nel 1600, il reliquiario del Sangue e il busto d’argento contenente le ossa del cranio.
Ogni anno si ripete per tre volte il miracolo della liquefazione del Sangue – il 19 settembre, giorno del martirio del Santo, la prima domenica di maggio, data della sua traslazione e il 16 dicembre, data dell’eruzione del Vesuvio del 1631…miracolo che si ripete nell’ottava, quando il Sangue non stia liquefatto per otto giorni – a dispetto di ogni legge della natura e della scienza e facendo restare i razionalisti con un palmo di naso…e c’è chi se ne fa una malattia!
San Gennaro è dunque il nemico del giacobinismo, del laicismo, del razionalismo, della Massoneria : a loro non va giù che il miracolo avvenga davvero e non va giù, principalmente, che tutti possano vederlo o, come si direbbe, “toccarlo con mano”….Il già citato Fucini per il quale, come si legge nell’Enciclopedia Cattolica :“la religione era un avanzo di superstizione; di qui i motivi anticlericali presenti nella sua prosa “ nel suo “Napoli ad occhio nudo” è costretto, seppur a malincuore e “rattristato” a riconoscere, davanti a due grandi massoni come De Sanctis e De Amicis, la veridicità del miracolo: “Il miracolo era fatto; il sangue bolliva; (…) Io potei accertarmene con i miei occhi, e non restandomi allora più alcun dubbio su la verità del pauroso mistero, uscii rattristato di là dentro per ossigenarmi all’aria aperta i polmoni e le idee.”
Giuseppe Garibaldi – quello che il nostro caro amico prof. Carlo Regazzoni definisce “un povero imbecille” di fronte a un Cavour, “genio”, ma “genio del male” – quel “ragazzo di scarsissima intelligenza, forse un minorato mentale…quello che volgarmente si chiamerebbe un “cretino” . Ignorante come una talpa, non ha mai chiesto un libro da leggere nelle nostra biblioteca…”(Rapporto dei suoi insegnanti) definiva il Beato Pio IX un metro cubo di letame e chiamava, appunto, il suo ciuco col nome del Santo Pontefice…figuriamoci la sua devozione per i Santi.
Ma il “povero imbecille” aveva una sua scaltrezza per cui, di fronte alla grande devozione popolare per il Santo, finse di rendergli omaggio al suo ingresso in Napoli, andò “in duomo” (nella chiesa napoletana, non in quel “duomo” dove più volte lo abbiamo mandato noi) per vedere la teca senza, però, inginocchiarsi.
E sembra che il Sangue si sia liquefatto allora nonostante la presenza di Garibaldi ma – è bene saperlo – non si è mai liquefatto in presenza di un Savoia tanto che nel 1861, alla presenza di Vittorio Emanuele II (che entro’ in chiesa con la faccia a strisce nere, in quanto l’acquazzone gli stinse i capelli e la tintura gli rigò il viso) non avvenne il miracolo, così come avvenne nel 1870 alla presenza della Regina Margherita (che pur fu persona pia e devota) e non avvenne neanche nel 1931 alla presenza di Re Umberto, il sovrano cattolico, il quale riconciliò (e Dio sa se ce ne fosse stato bisogno) Casa Savoia con Santa Romana Chiesa.
Ma, è proprio il caso di dirlo : “Quod non fecerunt barbari fecerunt barberini…” ciò che non osò fare la soldataglia risorgimentale (la nostra Rivoluzione francese), ciò, che non osò fare il giacobinismo di marca massonica, ciò che non osarono fare gli emuli della rivoluzione sessantottarda, tentarono di farlo i padri del Concilio Vaticano II (sulle orme del Conciliabolo di Pistoia, dell’arcivescovo Scipione de’ Ricci e del suo Granduca Pietro Leopoldo) che non contenti di aver fatto perdere la fede a molti, di aver svuotato i luoghi di culto, di aver distrutto basiliche e cattedrali, balaustre e amboni, di aver venduto candelieri e pissidi, calici aurei e antichi lezionari, quadri di immenso valore e paramenti sacri …insieme alle teche con le reliquie dei Santi che si trovavano e si trovano tuttavia dai robivecchi; non contenti di aver protestantizzato la S.Messa (quella cattolica è stata salvata da un grande eroe della Tradizione : Monsignor Marcel Lefebvre) e di aver distrutto la Sacra Liturgia, avrebbero voluto toglier dai piedi anche San Gennaro, per ferire e umiliare il culto e la fede popolari: “San Gennaro retrocesso in B”, “San Gennaro tra i Santi minori”…etc. etc. , scrissero all’indomani le Gazzette…. insomma, la setta meomodernista voleva vendicarsi del fatto che a Napoli la fede popolare fosse stata di ostacolo al “Sessantotto della chiesa” come, orgogliosamente, definì il Concilio Vaticano II il sinistrissimo cardinal Suenens.
Ma questa “retrocessione” rimase solo una mera speranza degli iconoclasti e, all’indomani, davanti al Duomo apparve una grande scritta: “San Gennà fottitene”, sì, fregatene di questa gentaglia, di questi “omme ‘e niente” ( ma a me è venuta in mente un’altra espressione: omme ‘e m…), tanto il popolo di Napoli ti sarà sempre fedele, ti difenderà sempre da questi sovvertitori senz’anima, senza cuore e senza cervello…e infatti tutto continuò come prima e non si riuscì a spegnere la fede della gente e nessuno osò toccare San Gennaro…tanto che San Giovanni Paolo II – che era cattolico – ripristinò l’antico culto del vescovo di Benevento, protettore della città di Napoli.
Ma bando alle curiosità…siamo arrivati a via Duomo e mancano ancora due ore al momento in cui, abitualmente, avviene il miracolo; ci aspetta sul sagrato il professor Enzo Gallo un amico e sodale di antica data – fummo insieme, nel 1989, nel bicentenario della Rivoluzione francese, a Parigi, per le contromanifestazioni e la grande processione riparatoria – un personaggio di rilievo della Tradizione napoletana, saggista, Docente di Diritto nelle Scuole Superiori, giornalista cattolico, soprattutto una persona innamorata di Napoli: starà con noi, come “Cicerone” per tre giorni e ci farà vedere, apprezzare,capire e amare, una Napoli che, altrimenti non avremmo mai conosciuto…non c’è chiesa, portone, androne, vicolo, affresco…di cui Enzo Gallo non ci faccia la storia, sempre affascinante, con tanti collegamenti. Filippo e Daniel calcolano che abbiamo percorso, a piedi, 56 chilometri in tre giorni… C’è già affollamento davanti alla chiesa e riusciamo appena a trovare un angolino sul lato destro della navata davanti a un altare laterale, dove la gente è in coda davanti ai confessionali e dove, fitti come le sardine, ci piazziamo, in piedi, in attesa del miracolo…fuori – lo vedremo dopo dai filmati la folla riempie tutta piazza e via Duomo. Una folla, dunque, immensa che segue, ora, su grandi schermi, il miracolo, una folla “colorata” in cui sembrano rappresentate tutte le persone, uomini e donne, giovani e anziani, persone eleganti e persone dimesse…tanti gruppi di pellegrini e tanti, tanti sacerdoti, che si recano in chiesa per la processione dalla cappella del Santo. Nota Alberto che i sacerdoti giovani indossano, con dignità, la talare (tanto che domandiamo a un gruppetto se siano sacerdoti della Fraternità San Pio X) mentre gli anziani (in specie gli ultraottantenni) vestono da straccioni, da cenciai; più che preti sembrano scaricatori di porto…capiamo che sono sacerdoti dalla “gabbanella bianca” che portano sotto il braccio. E si legge nei loro volti annoiati che, se non fosse stato per farsi vedere dal vescovo, sarebbero rimasti volentieri a casa, tra le coperte tiepide.
Iniziano le suppliche e un coro intona il Christus vincit e, finalmente, dalla Cappella del Santo si muove la processione con l’arcivescovo di Napoli Crescenzio Sepe che porta la teca con le ampolle, un lunga processione, che, con difficoltà, si snoda, in mezzo a una calca incredibile di fedeli; lungo la navata centrale della cattedrale per arrivare all’altare maggiore dove siedono le autorità con, in prime fila, il Presidente della Regione Campania De Luca e il Sindaco di Napoli De Magistris.
C’è come un incanto nell’aria, sembra che ti penetri addosso un flusso di fede, di amore…si scioglierà o non si scioglierà il sangue? “Ma, per me, -mi dice Daniel – loro lo sanno già…una sbirciatina gliel’hanno data di certo…mi sembrano contenti”
E non fa a tempo a finire la frase che il cardinal Sepe annunzia : “Cari fedeli vi do’ una bella notizia…il Sangue si è sciolto, il miracolo è avvenuto anche questa volta…Viva San Gennaro…” Agita in alto le ampolle e si vede il sangue liquefatto. E nella chiesa un applauso che diventa un boato si vede nei volti della gente la gioia e la felicitò per questo “segno” che San Gennaro da’ alla sua città…mi tremano le gambe, sono e siamo emozionati, in quel momento mentre, subito, il primo cittadino, il Sindaco, va a baciare devotamente, con la fascia tricolore, la teca con il sangue che spumeggia, io dimentico i guai che ha fatto De Magistris alla città di Napoli: sì, in quel momento, il Sindaco De Magistris rappresenta tutti, anche me, e gliene sono grato….raccomando a San Gennaro i miei cari, i vivi, e, soprattutto, i morti, raccomando le donne e gli uomini della Tradizione….e raccomando anche le famiglie di Bibbiano distrutte dagli orchi rossi…ora difesi da PD e M5Stalle.
Oggi è festa grande, il miracolo è avvenuto, San Gennaro ha vinto: è il trionfo della Fede e della Tradizione : i giacobini, i massoni, i mondialisti, i positivisti, i razionalisti, i neomodernisti e, sì, anche i cattocomunisti (quelli che un tempo il “popolino” chiamava “i signori” i “paglietta”)…ancora una volta se lo son presi nella saccoccia e, noi, come “i briganti lealisti” di un tempo intoniamo “La Carmagnola”, l’inno dei Sanfedisti:
“So’ venute li Francise / Aute tasse ‘nce hanno mise / liberté…egalité… / tu arrube a me / i’ arrubo a ttè…/
Sona sona / sona Carmagnola / sona li cunzigli / viva ‘o Rre cu la famiglia
Li francise so’ arrivate / ‘nce hanno bbuono carusate / e vualà e vualà
calci ‘nculo alla libertà (la canzone si riferisce alla falsa “libertà” portata dagli invasori rivoluzionari francesi n.p.c.)
Su per la strada di San Gregorio Armeno, pur essendo a settembre, ci sembra di respirare già l’aria natalizia : le botteghe artigiane dei presepi…facciamo vela verso la chiesa di San Gregorio Armeno, un gioiello del Barocco: ci colpiscono subito il soffitto a cassettoni, naturalmente intagliato e dorato….la chiesa è detta anche di Santa Patrizia e, qui, ogni 25 agosto e ogni martedì avviene la liquefazione del Sangue della Santa, anche se il miracolo non è “famoso” come quello di San Gennaro.
Patrizia era una discendente della nobile stirpe di Costantino il Grande che proclamò la libertà di culto e tolleranza del Cristianesimo. Era di incredibile bellezza ma rifiutò il matrimonio che Le veniva imposto, dopo aver distribuito le sue ricchezze ai poveri fuggì e fece vela verso la Terrasanta ma, al ritorno, una tempesta la portò nell’isola di Megaride ove la popolazione le dette soccorso e accoglienza ma, colpita da feral morbo, morì in pochi mesi a 21 anni.
La salma fu portata a Napoli e, deposta nel convento dei basiliani; Patrizia fu beatificata nel 1625 e, dal 1864 riposa nella chiesa di san Pietro Armeno venerata dalla popolazione.
Domando a Enzo Gallo da dove proviene il miracolo del sangue e mi dice che la pia tradizione vuole che un cavaliere abbia passato la notte in preghiera per impetrare una grazia da Santa Patrizia: alla fine, per devozione, onde poter venerare una reliquia della Santa, tolse un dente dal corpo di Patrizia: iniziò a sgorgare sangue i cui grumi furono raccolti in due piccole ampolle…quindi il miracolo.
Ci soffermiamo in preghiera di fronte alla tomba di Santa Patrizia e, dietro l’altar maggiore, sentiamo un accordo di chitarre, quindi un suono e un canto melenso al ritmo alternato del rock metal e de “La Marianna la va in campagna”…e tre monacacce filippine che, invece di pregare, si esercitano nelle loro schitarrate cialtrone…incuranti di quel luogo che incute rispetto,timore e venerazione….Ricordo tre anni fa, durante una visita della stessa chiesa con la famiglia del dottor Rigoletto Corsini, Corradino che, estasiato, si raccolse in preghiera di fronte al Sangue della Santa e penso a cosa avrebbe detto, o fatto, di fronte a quelle tre monache schitarranti che, se ci fosse stato un prete, avrebbero fatto “la spaccata” con lui..mentre ci allontaniamo all’ingresso della chiesa rendiamo omaggio al piccolo monumento che ricorda il “Genocidio del popolo armeno” del 1915 ispirato più che dall’Islam dalla dottrina laicistico – massonica dei “Giovani Turchi” di Ataturk…oggi, naturalmente, la Turchia di Erdogan non riconosce quel genocidio e, pochi, sanno in realtà cosa fu…come pochi sanno cosa fu il genocidio vandeano.
Agli amici consiglio la lettura di un libro di Antonia Arslan : “La Masseria delle allodole” : meglio di ogni lezione…si potrà capire davvero quella immane tragedia dimenticata.
Accanto alla chiesa e al convento il chiostro, magnifico, che ci porta, dal fragore delle strade di Napoli, in una sorta di Paradiso terrestre che ben ritrae Filippo con il teleobbiettivo…anche qui Corradino Corsini trovò il suo luogo ideale per la meditazione.
Al’ingresso paghiamo il biglietto a una monaca dietro una stabbiola, accanto si vendono collanine etniche e magliette arcobaleno: “Sorella ma non vi vergognate – le dico – ad aver trasformato questo luogo sacro dove riposano le spoglie di Santa Patrizia in una balera, in una sala da ballo, con le schitarrate? “
Mi risponde con voce melensa : “Sala da ballo…ah, ah…”
Forse non ha capito, mi dice Daniel…. io invece penso che abbia capito fin troppo bene…
Da qui a Santa Chiara il tragitto è breve e, entrati nella bella chiesa, ci soffermiamo, in fondo, alla tomba del Vicebrigadiere Salvo D’Acquisto, il giovane carabiniere napoletano, che si immolò, innocente, per salvare la popolazione dalla rappresaglia tedesca. Recitiamo il De profundis per questo eroe cristiano che speriamo di veder salire alla gloria degli altari, anche se, ahimè, i Santi, oggi la Chiesa “conciliare” li va a cercare tra i guerriglieri comunisti dell’America latina e tra i politici traffichini e intriganti vissuti, ipocritamente,dietro la copertura dello scudo crociato…e una preghiera anche per i nostri carabinieri, le nostre “sentinelle vigili” . Una foto ricordo con la bandiera granducale toscana e poi una preghiera nella cappella dei sovrani napoletani di Casa Borbone dove riposano le spoglie dei Re di Napoli tra cui quella di Francesco II, l’eroico sovrano che combatté contro l’invasione rivoluzionaria e massonica, con grande eroismo, insieme alla moglie Maria Sofia e ai Principi del Sangue, sugli spalti di Gaeta. Ero a Napoli nel 1984, proprio in compagnia di Enzo Gallo, quando le spoglie dell’amato sovrano furono riportate nella sua e “nostra” Napoli. In un sacello riposa anche la Beata Maria Cristina di Savoia, la madre di Francesco II, ” ‘a Regina Santa ” come la chiamavano e tuttavia la chiamano i sudditi Duosiciliani.
Dicevo prima che con questa globalizzazione e con lo smodato consumismo ormai tutto viene livellato, le città perdono la loro bellezza antica…Napoli cominciò a decadere con il Risorgimento e la così detta “Libertà” che “quando te la portano – scriveva Carlo Alianellone “L’Alfiere”– con le baionette non è più essa”. Ne parliamo con Enzo mentre ci rechiamo a pranzo da “Brandi”, l’antica pizzeria dove , si dice, sia nata la pizza Margherita (bianca la mozzarella, rosso il pomodoro e verde il basilico) anche se, in realtà, questo tipo di pizza preesisteva con il nome di “Pizza Ferdinando”; insomma, tanto per esser chiari, non si poteva intitolare neanche una “pizza” ai caporioni piemontesi, i quali, nel Meridione d’Italia, non portarono che morte, fame, desolazione, eccidi…Comunque un elegante locale, grande cortesia, ottimi prezzi, buona cucina…
A proposito del cambiamento di Napoli, ricordo un caro amico e collega, Gabriele Marzocco, un docente della scuola media con il quale , a volte, ci incontravamo a Toledo…anche lui, come me e come molti altri, veniva (senza rinnegar nulla) dall’estrema Destra politica, poi si innamorò della Tradizione (e chi si innamora della Tradizione muore con questo amore nel cuore) fu uno degli “organizzatori” della celebrazione della Messa cattolica, la messa in rito romano antico, fondò un suo giornale, a proprie spese – come noi siamo abituati a fare – “Nazione Napoletana”, anche Gabriele – prematuramente scomparso – fu più volte con noi a Civitella Del Tronto e, nel 1991, durante il Convegno : “Dalla Malaunità alla rovina attuale” , tenne una relazione: “Ferdinando Russo: un poeta napoletano contro la Malaunità” .
Ferdinando Russo (1866 – 1927), al quale l’Enciclopedia della Letteratura Garzanti dedica solo 11 righi, fu un poeta dialettale napoletano, ma ebbe il torto di stare dalla parte dei “vinti” e per questo è stato messo nel “ghetto degli intoccabili”.
“(questo personaggio) dopo aver diretto – scrive Gabriele Marzocco – per vent’anni una rubrica letteraria su “Il Mattino” , fu licenziato: poeta reazionario, borbonico, sanfedista, aveva scocciato abbastanza. Non gli andava bene niente! S’era perfino permesso di criticare la forsennata speculazione edilizia che aveva distrutto la spiaggia di Santa Lucia, confinando i marinai e i pescatori nei vicoli del Pallonetto, per far posto al così detto ‘rione della bellezza’. Addio balli sulle spiagge, nelle sere d’estate! Addio taralli, polipi lessi, ostriche di Castel dell’Ovo!
E Ferdinando Russo – continua Marzocco – non aveva ancora visto i chioschi con scritte americane e coca – cola (al posto dell’acqua sulfurea), i popolani in jeans e buste di plastica in mano, gli stereo a tutto volume al posto delle tarantelle! Non aveva sentito parlare di mare inquinato, di Italsider chiusa solo dopo che per decenni ha vomitato veleni nell’aria e in mare, di camorra trionfante e ammazzante, di tossicodipendenti, di discariche abusive che hanno fatto definire la Campania (ex felix) “pattumiera d’Italia” (…)
Nel poemetto ” ‘O Luciano d’ ‘o Rre” Ferdinando Russo – chiosa Gabriele Marzocco – fa parlare un marinaio che aveva conosciuto personalmente il vecchio Re Ferdinando : ” Addò se vére cchiù, Santa Lucia? / Addò sentite cchiù l’addore ‘e mare? / Nce hanno luvato ‘o mmeglio, ‘e chesta via!(…) / ‘O munno vota sempre e vota ‘ntutto ! / Se scarta ‘o bello, e se ncuraggia ‘o brutto! ( Dove si vede più Santa Lucia? / Dove sentite più l’odore di mare ?/ Ci hanno tolto il meglio, di questa via(…) Il mondo muta sempre e muta in tutto! / Si scarta ciò che è bello, e s’incoraggia ciò che è brutto!)
A sera, sul Lungomare vediamo una lapide del Comune dove nacque il Russo…un poeta che ogni tradizionalista dovrebbe leggere…
A Toledo prendiamo la funicolare per il Vomero in piazzetta Duca d’Aosta e mi tornano a mente i ricordi di tanti e tanti anni fa…ero giovane allora e trascorrevo l’estate al Vomero…il sabato “scendevo a Napoli”, – come appunto si dice sulla Collina napoletana – con la funicolare e, soprattutto, con una bella ragazza, Lucina, che per tanto fu presente anche nei miei sogni…scomparsa giovanissima in un incidente della strada, ma sempre presente per tanti anni nel mio cuore “capriccioso”. Ero allora “laurino” (ad eccezione dei peccati, non rinnego nulla del mio passato!) e ricordo la sezione sul Rettifilo con fuori un’insegna : una stupenda Corona Reale sorretta da due leoni rampanti : il Partito Popolare Monarchico del Comandante Achille Lauro che si contrapponeva al Partito Monarchico Nazionale di Alfredo Covelli, che per simbolo aveva la Stella(massonica) e Corona…
Il mio amico Bruno Fitchman, che abitava in piazza Vanvitelli, mi condusse,- prendendo, appunto, la Funicolare dal Vomero – per la prima volta nella sede del MSI di Napoli, in piazzetta Duca d’Aosta dove conobbi lì i fratelli Gennaro e Angelo Ruggiero, che stampavano anche un giornale di cui non ricordo il titolo, attorniati da decine di ragazzi della mia età…avevano formato una specie di “salotto letterario – politico” in cui si faceva davvero cultura: ricordo, di aver sentito parlare di “Brigantaggio” (lo parteggiavo, allora, per la “repressione del brigantaggio del Sud”) in senso “positivo”, ovvero Gennaro criticava una serie di articoli sul Brigantaggio apparsi sul settimanale “Lo Specchio”( non so se Angelo che ho rivisto, e con tanto piacere, dopo una cinquantina di anni, e che ricordava del nostro incontro, ricordi ancora questo particolare!). E spiegava che ci fu anche un “Brigantaggio lealista”…e allora io domandai lumi, ebbi una bibliografia e mi appassionai ancor più alla storia del Regno di Napoli, vedendola però dalla parte dei “vinti”.
Non racconto ai miei amici queste mie vicende, per il pudore dei sentimenti, e anche perché – ricordo quell’Io che fui – molte volte, nel “ricordare”, si diventa malinconici, anzi, patetici agli occhi di ragazzi giovani o giovanissimi …anche se sono delle tue stesse idee.
Ma il personaggio chiave della Tradizione napoletana è stato Silvio Vitale (1928 – 2005) che fu per me – e quanto mi colpì, anni fa, la sua scomparsa, a pochi mesi da quella della moglie! – un amico carissimo e un Maestro: per cultura e per stile; un signore d’altri tempi.
Fu, nel 1950, il primo Presidente del FUAN (Fronte Universitario Azione Nazionale) di Napoli e dirigente del MSI che abbandonò nel 1960 per rientrare soltanto a fine anni Settanta. Per due legislature fu Consigliere Regionale della Campania e, nel 1988, entrò nel Parlamento Europeo; con la fondazione di AN si dedicò completamente alla cultura. Ma la sua fu una “militanza critica”, infatti Silvio Vitale portò nel MSI – un partito tricolorato e giacobino – la cultura della Tradizione e fondò, nel 1960, la bella rivista “L’Alfiere”(con sottotitolo : “Rivista Tradizionalista Napoletana” ) e già nel primo numero si capirà bene l’indirizzo della rivista : “In questo primo numero iniziamo la trattazione (della) storia del Regno di Napoli, dalla invasione giacobina del 1799 alla reazione sanfedista, (la gloriosa Crociata del Cardinale Fabrizio Ruffo n.p.c.) dalla dominazione dei napoleonidi al ritorno di Ferdinando IV , dai moti settari del 21 all’avvento al trono di Ferdinando II, dai progressi conseguiti sotto questo re alla rivoluzione quarantottesca e alla restaurazione, dallo sbarco dei garibaldini alla eroica difesa di Gaeta (…) In questo quadro , nei prossimi numeri non mancheremo di ricordare le ultime battaglie dei soldati napoletani intorno a Francesco II.
Così, mentre altri celebra il centenario della usurpazione e della sovversione,
noi, da meridionali orgogliosi, ricorderemo la virtù e l’onore.”
(Cfr: “L’Alfiere” N.1 del gennaio 1961 – dopo il Numero del luglio – agosto 1960)
E’ questo l’approccio che noi tradizionalisti abbiamo per la popolazione del Sud e con questi convincimenti abbiamo reso omaggio ai Sovrani di di Casa Borbone in Santa Chiara.
La rivista l’Alfiere, con la morte di Silvio Vitale, continua – in ottima salute – le sue pubblicazioni sotto la Direzione del figlio Edoardo al quale non possiamo che fare i complimenti per aver perpetuato (in un’epoca difficile in cui la carta stampata è in forte crisi) questa rivista i cui collaboratori, nel tempo, sono stati anche i protagonisti della storia della “Tradizione napoletana”…e di tutti gli altri Stati della Penisola italica: Piero Barbieri, Andrea Arpaia,Arrigo Scagliarini, Francisco Elias de Tejada ( all’Editore napoletano Golia – recentemente scomparso -si deve la pubblicazione della importantissima opera del de Tejada “Napoli Ispanica” ) Gabriele Fergola, Silvestro Perrotta, Ruggiero Ferrara, Plinio Correa de Oliveira, Attilio Mordini, Roberto de Mattei, Fausto Belfiori, Camillo De Felice, Francesco Ferrara, Ugo Cesarini, Pino Rauti, Antonio Grimaldi, Augusto Crocco, Gianni Allegra, Antonio Borrelli, Salvatore C. Ruta,Primo Siena…Don Michele Borriello, Riccardo Pedrizzi, Piero Vassallo, Pino Tosca, Sevi Scafetta, Luigi Coda Nunziante, Achille de Lorenzo, Giuseppe de Vargas Muchaca, Miguel Ayuso, Marina Campanile, Domenico Capocelatro Gaudioso, Massimo R. de Leonardis, Paolo Capobianco, Paolo Caucci, Lorenzo Terzi, Pietro Golia, Gabriele Marzocco, Pucci Cipriani,Gaetano Fiorentino, Gianni Turco, Pino Tosca, Gian Pio Mattogno, Giacomo Mele, Roberto Selvaggi, Guido Belmonte, Roberto Martucci…
Non può prescindere da questa rivista chi voglia fare la storia della Tradizione in Italia…ed io da tempo ci sto lavorando….
Con Enzo Gallo e gli amici toscani ricordiamo, a sera, a Port’Alba,- di fronte alla ‘mpepata ‘e cozze che Filippo ha voluto assaggiare, contaminandoci,- i personaggi della Tradizione (e la Tradizione non può che essere cattolica) napoletana, a cominciare da quel gruppo di giovani che, negli Anni Ottanta, quando praticamente c’era il deserto nell’ambiente della Destra cattolica (la vogliamo chiamare così?), fondarono – con sede in piazza San Ferdinando, prima, e in via Toledo, dopo, nei pressi di piazza Carità,- il Movimento cattolico “Fede e Libertà” e stampavano anche un giornale, “Fedeltà” – Organo ufficiale di Fede e Libertà – che veniva diffuso, nei giorni festivi, dai militanti, davanti alle chiese di Napoli e provincia.
E fin da allora i giovani e giovanissimi di “Fede e Libertà”. ed avevano un programma chiaro…che potrebbe essere sottoscritto, da tutti noi, anche oggi, in questo momento in cui, la Santa Chiesa ci appare – parafrasando Dante – una “Nave senza Nocchiero in gran tempesta” :
“(Nella odierna società) l’uomo sganciato dal suo legame con Dio si è trasformato nel peggiore nemico dei suoi simili e di se stesso…(la società)In nome di un relativismo morale ha imposto e giustificato le forme più aberranti di violenza fisica ed ideologica: abbiamo assistito al sorgere, in nome di una pretesa affermazione della pace e della libertà, di spaventose dittature, da quella Hitleriana a quella Staliniana; abbiamo visto e vediamo quotidianamente l’uomo asservito alle leggi della produttività, divenuto egli stesso merce di scambio, vittima inconsapevole della propaganda che ne crea perfino gli stati d’animo ed i sentimenti e ne controlla le reazioni con i mezzi di informazione asserviti al potere. Oggi l’uomo è sempre più solo di fronte a uno Stato che come una immensa piovra lo avvolge con i suoi tentacoli che penetrano fin nell’intimo della sua casa.
E’ Contro questa realtà che ci poniamo, rifiutando le alternative che di alternative hanno solo il nome.
L’unica alternativa valida e possibile è quella cristiana che sottrae l’uomo all’arbitrio dei suoi simili e ne garantisce il rispetto della sua dignità e libertà.”
(Cfr : “Idee in movimento” in “Fedeltà” Organo ufficiale di “Fede e Libertà” Numero 0 in attesa di registrazione. 8 dicembre 1979 -Festività dell’Immacolata)
“Fede e Libertà” ebbe anche la funzione di formare i quadri della Tradizione Cattolica: Rosario ogni sera nella sede, ogni primo venerdì del mese Adorazione Eucaristica, formazione catechistica e teologica per i militanti, battaglie in difesa della famiglia, controil Comunismo in difesa dei “nostri fratelli dell’Est”, contro l’aborto e la droga…e poi la diffusione della buona stampa con “Lo Scaffale librario” e la C.EDI.CA(Cooperativa Editoriale Cattolica) e, infine, il gruppo di “Fede e Libertà” iniziò, avvicinandosi alla Fraternità San Pio X, di Mons. Lefebvre (stavo per scrivere San Lefebvre…e non avrei sbagliato!) a far celebrare da sacerdoti cattolici, fedeli alla Santa Tradizione, la Messa cattolica, quella in rito romano antico, la Messa di sempre e di tutti: prima nella sede di via Toledo e, poi,in una piccola chiesetta che, insieme ad altri fu acquistata. “Fede e Libertà” ha “chiuso i battenti”, molti se ne sono andati via da Napoli, altri sono rimasti, qualcuno ha abbandonato la milizia ma non le idee : da allora ogni domenica viene celebrato il Santo Sacrificio (non la cena protestante), una grazia per tutta la città, e c’è stata anche una bella vocazione…don Gabriele D’Avino,oggi Sacedote della Fraternità e Preside della scuola parentale della FSSPX di Albano Laziale (elementari, medie e Liceo classico); don Gabriele è figlio di un caro amico, il Magistrato Alfonso D’Avino, un eccezionale saggista e teologo che, insieme allo stesso Enzo Gallo, Docente di Diritto nelle Scuole Superiori, al professor Lanfranco Menga, furono un po’ le “Colonne portanti” della Tradizione napoletana.
Ma come fare a dimenticare Giovanni Morrone, esperto di Massoneria, Emilio Cristiano, Michele Pagano, Daniele Turco, Lanfranco Caracciolo e altri illustri personaggi che, pur non essendo napoletani, collaborarono alla rivista: P. Tito S.Centi, Remo Palmirani, Piero Vassallo, don Francesco Ricossa….
Ecco, a sera, con questo “Amarcord”, terminiamo la lunga giornata e domani visita alle catacombe di San Gennaro, al Cristo velato e alla seicentesca chiesa di Santa Maria ad Arco (le “Anime pezzentelle”) .
Mi sconvolse una notizia che lessi mesi fa: al cimitero di Poggioreale di Napoli hanno inaugurato un grande forno crematorio che sorge nel fondo Zenda a S.Maria del Pianto e che può bruciare un gran numero di salme al giorno “così – dice il V.Sindaco di Napoli Enrico Panini- i cittadini non dovranno più sobbarcarsi le spese per i trasporti visto che il 70% dei cittadini (7499), nell’anno 2017, ha scelto la cremazione”.
Ricordo una ventina di anni fa alla mia periodica visita al Père Lachaise di Parigi il grande forno crematorio, una immensa ciminiera, che metteva angoscia e paura a un tempo, e poi le “cellette” dove venivano riposte le ceneri…nei sotterranei…che tristezza e come rimpiangevo i nostri cimiteri italiani che, ora, sono diventati come quello delle cellette del crematorio di Parigi…scompaiono dalle sepolture i simboli religiosi (trovi raramente la croce e, comunque, sempre più piccola, ma quella protestante, senza il Cristo sopra) e aumenta il numero di chi si fa remare…quando ho letto di quel settanta per cento di cittadini napoletani che sceglie la cremazione mi son venuti i brividi: viviamo già in una società paganizzata e peggio. Se un tempo – come ben spiega il grande storico Philippe Ariès nel suo “L’uomo e la morte dal Medioevo a oggi “(Oscar Mondadori), un tempo la morte si “addomesticava”, l’uomo quando moriva non moriva solo, ma attorniato dai familiari bambini compresi; la morte rappresentava un momento di estremo dolore ma non di disperazione: c’era la certezza di ritrovarci Paradiso…
Oggi la morte viene “esorcizzata” : parlare di morte disturba, non è da persone educate, fa paura ai bambini (gli stessi bambini che con i cellulari vedono tutto e di più), il “morituro” viene allontanato da casa…si muore soli, intubati, in qualche ospedale dove alle ragazzini quattordicenni – che casomai hanno già salito le scale dello stesso nosocomio per abortire – è vietato andare a trovare il papà o il nonno. La morte viene “nascosta” come si nasconde la polvere sotto i tappeti…e naturalmente, i cattocomunisti che si sono impossessati del potere nella Chiesa di Dio sono i primi a cercare di nascondere la morte…macché fiori, macché paramenti neri, macché dies irae…i soldi vanno dati al prete, per la Caritas in combutta con le mafie delle ONG, i paramenti sacri neri- qualora esistano ancora – vanno buttatti, anzi venduti ai robivecchi come, nel postconcilio, quando si fecero milioni con la vendita delle reliquie dei Santi, che servivano per fare le Messe nere… Sì oggi nemmeno la Chiesa (questa Chiesa) pensa più all’al di là…né tanto meno all’anima…
E allora esorcizziamo la morte, nascondiamola del tutto…facciamo sparire il cadavere, che crea imbarazzo, porta spese e, soprattutto, turba i sonni dei bambini e delle mammine sessantottine….
E, come vedete, Napoli in questa classifica non è certo ultima….
E allora lasciamo perdere…quello che scrivo è solo un ricordo, soltanto un ricordo, in questa società senz’anima e senza cervello.
Un tempo i napoletani “addomesticavano” davvero la morte e quando moriva un congiunto non lo vestivano con l’abito più bello, ma mettevano il pigiamo…come se il defunto, come tutte le sere, dovesse andare a dormire…forse per qualche giorno in più…e quando moriva un bambino (il “morticino”) allora, come si faceva per le lauree, gli sposalizi, gli anniversari di matrimonio, si davano i confetti, e si gettavano anche, durante il passaggio del feretro con il morticino, alla gente…era come una festa (anche se, statene certi, il dolore era tanto) in quanto quel bambino sarebbe andato in cielo e avrebbe pregato per noi….
E come se non bastasse i morti se li andavano a cercare e nelle vecchie chiese o nei cimiteri annessi (come in San Pietro ad Harem) o nella chiesa di Santa Maria delle anime del Purgatorio del 1600, ove ancora – seppur attenuato…anzi attenuatissimo – persiste il culto delle anime abbandonate, quelle delle fosse comuni…si adotta un teschio, un teschio di un’anima “pezzentella” (dal latino petere = chiedere per ottenere) si invoca per essa il “refrisco” ovvero l’alleviamento della pena, e colui che l’ha adottata, chiede grazie e assistenza in vita, un “do ut des”…il teschio più amato è quello di Lucia che, nell’immaginario popolare sarebbe stata una pricipessa e due teschi accanto sono designati come i suoi due servitori…
Mi dice Enzo Gallo che è uscito un bel volume dal titolo “Quelle figlie e quelle spose” di due antropologhi…penso che, per farla breve, il culto delle “anime pezzentelle” si spieghi con quella preghiera che, al termine del S. Rosario, le nostre nonne recitavano, e che io recito ancora:
Quelle figlie e quelle spose
sono tanto tormentate
Gesù mio voi che l’amate
consolatele per pietà.
Per il sangue che avete sparso
Consolatele mio Dio.
Dio vi salvi anime sante
Dio vi salvi tutte quante
Siete state come noi
Noi saremo come voi,
Pregate Gesù per noi
Noi lo pregheremo per voi.
Iddio vi dia pace e riposo
Nel Santo Paradiso. Amen
Già quando a Napoli – e non solo a Napoli – per i morti e per i loro parenti si aveva una parola di pietà e quando ci si levava il cappello e le campane mandavano mesti rintocchi al passaggio del feretro…invece ora si tocca ferro…e non soltanto ferro. Anzi non si tocca neppur ferro o altri organi in quanto il feretro non passa più…tutte cose di un tempo, sorpassate, roba da “pelagiani” da “clericali”…scherziamo? C’è stato il Sessantotto e il Concilio Vaticano II, il Sessantotto della Chiesa :basta una cassettina con le ceneri (di chi?)…costa poco…non ingombra e, soprattutto, ci se ne può disfare alla bisogna.
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