Tratto da: Corrispondenza Romana
Titolo originale: A 150 anni da Porta Pia
di Cristina Siccardi
Ad un secolo e mezzo di distanza dalla Breccia di Porta Pia (20 settembre 1870-20 settembre 2020) proviamo a sistemare sul tavolo due fotografie riguardanti piazza San Pietro per osservare come si presentava allora e come si presenta oggi: quando il beato Pio IX (1792-1878) benedisse le sue truppe proprio nella piazza del colonnato del Bernini, il 25 aprile 1870, un’immensa folla di gente saldamente unita al Vicario di Cristo la gremiva, traboccando al di fuori di essa, ma quando lo sguardo si sposta sull’immagine contemporanea si resta desolati: papa Francesco che si affaccia sulla stessa piazza, ma sotto di lui ben poche persone… è evidente che nel corso del suo pontificato piazza San Pietro si è sempre più spopolata e non certo solo a causa del Covid-19. Parlando di politica, di sociologia e di ambientalismo; avendo voluto spogliarsi persino del titolo di «Vicario di Cristo» (come risulta dall’annuario pontificio del 2020), il Papa non riesce a stabilire un contatto spirituale con le anime che in lui questo cercano, perché del resto è già pieno zeppo il mondo; parallelamente, la cronaca dei fatti scandalistici della Chiesa corrode ogni giorno di più la sua credibilità… perciò l’emorragia di persone dall’ “ovile” attuale – che tale non vuole più essere da tempo – è un dato di fatto; tuttavia, sempre più persone si convertono alla fede custodita nella tradizione della Chiesa, che mai si spegnerà.
Quel 25 aprile del 1870 erano presenti 20 mila zuavi e fu l’ultima benedizione del Pontefice prima della presa di Roma.Con la sconfitta delle truppe pontificie alla battaglia di Castelfidardo del 18 settembre di dieci anni prima, lo Stato pontificio governava solo più il Lazio. Fu allora che il cameriere personale di Pio IX, il belga monsignor Francesco Saverio de Mérode (1820-1874), ex militare della Legione straniera francese divenuto proministro delle Armi della Santa Sede, decise di fare appello al generale Christophe de Lamoricière (1806-1865) al fine di riorganizzare l’esercito pontificio, prendendone il comando. Fu così che nacque il reggimento degli zuavi pontifici, dal carattere internazionale: olandesi, francesi, belgi, franco-canadesi, inglesi, irlandesi, ecuadoregni. Il reggimento sarà sciolto il giorno dopo la breccia di Porta Pia.
Al cimitero del Verano un monumento ricorda i caduti pontifici, mentre la Galleria romana Apolloni, in via Margutta, ha inaugurato la mostra «Lo zuavo e i Bersaglieri» proprio nel giorno in cui il Papa venne spodestato e che resterà aperta fino al 20 ottobre. Il difensore del Sommo Pontefice qui scolpito a grandezza naturale nel marmo bianco da Victor Edmond Leharivel Durocher (1816-1878), è il capitano Augustin Latimier Du Clésieux (1844-1871), zuavo a Roma e poi volontario nella guerra franco-prussiana, ferito mortalmente nella battaglia dell’altipiano di Auvours l’11 gennaio 1871 e morto il 26 febbraio seguente a soli 27 anni. Egli era l’unico figlio di una famiglia bretone benestante. Fu sua madre, la contessa Du Clésieux, a commissionare all’artista la scultura del figlio morente, che venne realizzata nel 1873 e fu posta sopra la tomba del defunto nella cripta della cappella Sant’Agostino a Saint-Brieuc, capoluogo del dipartimento delle Côtes-d’Armor. Atterrata la cappella nel 1971 per farne un parcheggio, il monumento andò all’asta a Brest quattro anni fa e l’acquistò a buon prezzo l’antiquario romano Marco Fabio Apolloni al fine di riportare a Roma il giovane e nobile zuavo, che qui era giunto per difendere Pio IX da chi lo voleva spodestato dai suoi territori. Singolare, quindi, trovare oggi questa bellissima scultura attorniata, da ritratti dipinti di bersaglieri, che rende onore a questo giovane difensore del Sommo Pontefice e dello Stato Pontificio.
Da sfatare è il falso mito di una negazione da parte del Papa ad un’unione politica di una nazione, l’Italia, interconessa geograficamente, linguisticamente, religiosamente, culturalmente da secoli e secoli. Pio IX, infatti, promosse già nel 1847 la costituzione di una «Lega doganale» fra gli Stati italiani preunitari, che rappresentò il più importante tentativo politico-diplomatico dell’epoca volto a realizzare l’unità d’Italia per vie doganali e federali. Esso prevedeva che gli Stati italiani preunitari, mantenendo la propria sovranità ed autonomia politica, si unissero in un accordo economico e commerciale volto a favorire la loro integrazione economica. L’accordo avrebbe comportato la caduta delle barriere doganali e l’adozione di una tariffa doganale comune, che avrebbe così semplificato il commercio e lo sviluppo economico all’interno degli Stati aderenti.
Sostieni CR
Il progetto di Pio IX si ispirava direttamente allo Zollverein tedesco, che contribuì in maniera determinante all’unificazione federale della Germania nel 1871. L’obiettivo era quello di giungere, naturalmente e inevitabilmente, all’unificazione politica federale degli Stati aderenti per mezzo della creazione di una Confederazione politica. Nell’agosto 1847, quando sul trono del Regno di Sardegna non era ancora salito Vittorio Emanuele II, Pio IX incaricò monsignor Giovanni Corboli Bussi (1813-1850) di avviare le trattative con le corti di Firenze e di Torino. Il 3 novembre 1847 furono firmati i preliminari della Lega doganale fra lo Stato Pontificio, il Regno di Sardegna e il Granducato di Toscana; tale accordo prevedeva la convocazione di un Congresso destinato a regolamentare gli aspetti tecnici della Lega una volta che fosse stata ottenuta la partecipazione ad essa del Ducato di Modena e del Regno delle due Sicilie. L’adesione del ducato di Modena, piccolo Stato, era essenziale perché consentiva la continuità territoriale da Roma al Piemonte. I rappresentanti dei tre Stati, guidati da monsignor Corboli Bussi, partirono per Modena. Qui, il 10 novembre esposero il progetto a Francesco V d’Asburgo-Este (1819-1875), ma il duca mise sul tavolo due questioni: il contenzioso che Modena e Reggio aveva con il Granducato di Toscana circa i territori di Pontremoli e Fivizzano e l’indispensabile necessità di confrontarsi con l’Imperatore austriaco, al quale lo legavano vincoli familiari ed economici. Sta di fatto che il progetto naufragò. Anche se non si realizzò, la Lega doganale patrocinata da Pio IX suscitò molto entusiasmo e venne presa a modello di molti di coloro che credevano che sarebbe stato possibile costruire uno Stato federale italiano alternativo al modello rivoluzionario, persecutorio, violento di chi all’epoca voleva distruggere la forza della Chiesa in terra, avendo già in mente di svuotarne i suoi contenuti: il «nostro scopo finale», si legge nell’Istruzione massonica che circolava nel XIX secolo, «è quello di Voltaire e della rivoluzione francese: cioè l’annichilimento completo del cattolicesimo e perfino dell’idea cristiana».