di Pietro De Marco
tratto da: Settimo Cielo
Presentazione di Sandro Magister
Ha suscitato scalpore l’antologia pubblicata su Settimo Cielo dei documenti di lavoro del “cammino sinodale” in corso nella Chiesa tedesca, sui tre temi nevralgici dei poteri nella Chiesa, dei ruoli delle donne e della morale sessuale.
Il primo dei tre documenti configura una vera e propria rivoluzione, una “democratizzazione” della Chiesa con accesso elettivo ai ruoli dirigenti e col dovere poi degli eletti di rispondere non solo ad altri “organi scelti democraticamente” ma anche a “una giurisdizione indipendente”.
Ma non è questo un sovvertimento della struttura fondante della Chiesa cattolica?
A questa domanda risponde il professor Pietro De Marco, filosofo e storico di formazione, già docente di sociologia della religione nell’Università di Firenze e nella Facoltà teologica dell’Italia centrale.
Il testo integrale del documento su “Potere e divisione dei poteri nella Chiesa” è disponibile in tedesco nel sito ufficiale synodalerweg.de e in italiano nella rivista “Il Regno” del 1 marzo 2020.
E questi sono i due precedenti post di Settimo Cielo che inquadrano la vicenda:
Francesco e lo scisma di Germania. Cronistoria di un incubo
Sesso, donne, potere. Le tre sfide che la Germania lancia alla Chiesa
I vescovi tedeschi sembrano non esserne consapevoli, ma il percorso del “Synodale Weg”, del cammino sinodale da loro avviato, rivolto a “decidere la Chiesa dal basso”, è anche la strada della immersione e scomparsa della Chiesa, come istituzione e come sovranità, nella cittadinanza democratica e nel suo magma valoriale.
Dico subito che spiace la mediocrissima qualità dei testi che accompagnano una decisione tanto grave. E non parlo di teologia, spesso invocata ma non per caso assente. I documenti preparatori sono “politici” nell’accezione ordinaria: strumenti per un’azione. E le loro risorse retoriche sono quelle che accompagnano ogni spinta di “democratizzazione” di una istituzione in sé non democratica quale è “de iure divino” la Chiesa.
Di questa spinta dichiaratamente eversiva, l’organizzazione del sinodo, la composizione, la rappresentatività, i regolamenti, sono il vero volto. Il “Synodale Weg” è una macchina di guerra e ad un tempo una prefigurazione dei suoi risultati: nuova divisione e nuovi soggetti – attivi e passivi – dei poteri.
Si legge nell’esordio delle riflessioni preliminari su “Potere e divisione dei poteri nella Chiesa”, approvate nel settembre 2019 e poi aggiornate il 20 gennaio 2020:
“La domanda che deve servire da guida è questa: come può la Chiesa nel mondo di oggi annunciare in modo credibile il Vangelo in parole e opere?”.
Dunque si dovrebbe decidere su un “come” della fede sulla base di un canone esterno. Ma quando mai la fede cristiana è stata predicata in condizioni di “credibilità” mondana? Che ne è dello “scandalo della croce”, di cui il nichilismo teologico si riempie oggi la bocca? Era in sé “credibile”? O in che senso, e come, lo hanno reso “credibile” i grandi apostoli e gli apostoli della fede di sempre? Si adattarono all’ordine di plausibilità degli enunciati e dei costumi del tempo?
Che il “Synodale Weg” non abbia a che vedere con l’ordine della fede e della tradizione cristiana è rivelato dal metodo di lavoro che in esso si auspica, anzi si impone:
“Il processo di dialogo e decisione ha bisogno di un’atmosfera di apertura mentale. Non deve esservi alcun tabù, alcuna paura delle alternative, alcuna sanzione”.
E ancora:
“Si devono sviluppare scenari di riforma che possano essere realizzati in forma processuale”.
Dunque un buon “brain storming” sulla Chiesa, e delle concrete proposte per il bene dell’azienda. Siamo in tempi di “start up”. Certo, per fidelizzare i clienti – si ammette nel documento – occorrerà anche
“respirare in modo percepibile uno spirito teologico, che inserisca le rispettive considerazioni nell’insieme di una fede riflessiva”.
Ma il respiro teologico ha questo tenore:
“La critica riguarda un concetto di Chiesa molto diffuso in Germania, caratterizzato da un eccessivo sovraccarico del ministero ordinato come ‘sacra potestas’, legato a una gerarchia nella quale i fedeli vengono unilateralmente considerati come dipendenti dai preti. Ma questo ordinamento istituzionale è dovuto non tanto a una necessità cattolica, quanto piuttosto a un pregiudizio mentale [Affekt] antimoderno”.
Dove, a parte la curiosa idea che la “sacra potestas” sia un eccesso tedesco, è difficile distinguere l’ignoranza storica e teologica dalla falsificazione di fatti e di dottrine.
Il ministero sacerdotale non è stato né oberato né sovraccaricato dalla “sacrapotestas”, che gli appartiene per essenza, a meno che il sacerdozio sia niente, come per i protestanti.
Il fedele laico non è “dipendente” del sacerdote, ma è “ecclesia discens”, distinto e dipendente come tale dalla “ecclesia docens”, in termini disciplinati dal diritto e dalla spiritualità della Chiesa. Questo ordinamento, nella sua forma più alta discendente dalla “caelestis hierarchia”, è costitutivo della grande Chiesa sia orientale che occidentale. Non ha a niente che fare con le culture antimoderne. Anche Max Weber ne coglieva l’unicità, la geniale dialettica, di istituzione carismatica.
*
Sintomatica della confusione del “Synodale Weg” è questa tesi, proposta come capitale:
“La crisi non è stata portata dall’esterno nella Chiesa, ma è sorta al suo interno. È il risultato di forti tensioni fra la dottrina e la pratica della Chiesa, ma anche fra il modo in cui si esercita il potere nella Chiesa e gli standard di una società plurale in uno stato di diritto democratico, di cui molte cattoliche e molti cattolici si aspettano si tenga conto anche nella loro Chiesa”.
E’ ovvio che certe attese dei fedeli cattolici siano indotte da una proiezione di forme e fini della società occidentale contemporanea sulle strutture e l’essenza della Chiesa. Ma per assicurare giustizia e diritti nella Chiesa vi è il diritto della Chiesa.
Che nei casi di pedofilia l’uso esclusivo del diritto interno abbia prodotto effetti perversi, cioè opposti alle attese, è reale problema dei canonisti. Il non aver previsto l’azione civile di risarcimento è ciò che si chiama una lacuna giuridica. Ma ciò non giustifica il linciaggio, interno alla Chiesa, di sacerdoti e vescovi, né i proclami anti-istituzionali. Esige invece, oltre al coraggio di analizzare il degrado teologico e morale della formazione cristiana degli ultimi decenni, molto lavoro giuridico nell’istituzione e per l’istituzione.
Nel documento si legge inoltre che “il processo sinodale deve essere caratterizzato da partecipazione, trasparenza e parità di diritti”. Ove la “parità” non riguarda qualche preciso diritto, come nel diritto costituzionale canonico, ma la pretesa di partecipare alle decisioni ultime – dalle teologiche alle organizzative – col peso del voto. Ciò che qui si mette in agenda scopertamente è sia il carattere elettivo dei poteri della Chiesa, sia l’elettorato attivo e passivo dei ceti cosiddetti “marginali”.
Ora, questi pseudo-ceti ecclesiali, le “donne” e il “laicato”, sono in effetti già potenti, anzi determinanti, nel “Synodale Weg”, basti vedere la composizione dell’assemblea. Propongono dunque se stessi, da posizione di forza, come soggetti da emancipare ai fini della presa del potere, colpendo slealmente, con l’arma della pedofilia, l’istituto sacerdotale e gerarchico nel suo insieme.
Non tutti sanno, infatti, che alla base dell’attuale incremento di potere e di capacità di pressione del laicato critico vi è l’”effetto MHG”, ovvero l’impatto della ricerca sugli abusi sessuali affidata dalla conferenza episcopale tedesca alle università di Mannheim, Heidelberg e Giessen.
Si tratta di una vasta indagine interdisciplinare guidata da Harald Dressing, psichiatra forense, e condotta dal 1 luglio 2014 al 24 settembre 2018 sulla base dei dati di 27 diocesi tedesche. Il risultato, nella sua parte diagnostica e prognostica, imputa gli scandali sessuali all’istituzione clericale cattolica come tale. Ma viene da dire che i vescovi tedeschi potevano risparmiarsi l’enorme spesa, molto oltre un miliardo di euro, se il risultato doveva essere – prevedibilmente – la pretenziosa conferma di cose già note alla Chiesa, nonché di pregiudizi e luoghi comuni.
Il laicato e il ceto teologico dominante hanno, però, trovato nel MHG un perfetto cavallo di Troia che permette di aggredire nella Chiesa l’istituzione di diritto divino, accantonando ogni dato teologico e ogni visione di fede soprannaturale ancora seriamente fondati.
Pochi oggi hanno il coraggio di vedere che il nesso tra potere, celibato del clero e morale sessuale, sotto tiro nel sinodo tedesco, è stato davvero corrotto “sistemicamente” da quando l’autorità episcopale ha cessato di ammaestrare e sanzionare, il celibato è stato squalificato nella formazione data ai chierici nelle facoltà e nei seminari, e la morale sessuale è stata irrisa proprio da coloro che – chierici e laici – dovevano essere casti.
Ma proprio questo è avvenuto tra l’immediato postconcilio e gli anni Settanta, nel dissanguamento del clero e degli ordini religiosi. Non pensino le centinaia di persone, suppongo credenti, che costituiscono il “Synodale Weg” ai suoi diversi livelli, di accollare slealmente a una istituzione, la cui maestà e profondità neppure conoscono, le condotte di cui loro stessi sono responsabili non meno delle generazioni passate.
*
Basterebbe questa serie di enunciati, appartenenti alla perenne vulgata anticlericale ed ereticale, integrata dal pathos dell’antipotere, a caratterizzare la qualità della cultura del sinodo tedesco:
“L’agenda delle riforme richiede una chiara analisi dei fenomeni di potere nella Chiesa cattolica […]:
- L’estetica del potere [Macht] si manifesta nella liturgia, ma anche, ben oltre, nella fisionomia della Chiesa cattolica.
– La retorica del potere si manifesta nell’annuncio e nella catechesi, nelle dichiarazioni pubbliche, ma, ben oltre, nel linguaggio della Chiesa e della fede.
– La pragmatica del potere si manifesta nelle forme organizzative e comunicative, nelle strutture del personale e nei processi decisionali, ma, ben oltre, nella forma sociale, culturale e politica della Chiesa”.
Vi è alle spalle di questo assalto estremo, ma abilmente calcolato e organizzato, all’istituzione cattolica da parte di cleri e di laicati trasformati in “intelligencija”, una storia di metamorfosi intellettuale e sociologica, di composizione del corpo docente, delle facoltà teologiche. Una “intelligencija” nutrita di pragmatismo religioso, di etica pubblica democratica, insomma di ideologia da gruppo d’opinione che si vuole partito di governo della Chiesa universale. Da qui anche la perdita di identità e la scomparsa di una Chiesa siffatta nel complesso delle formazioni della democrazia pluralistica, cui accennavo all’inizio.
Una lettura attenta degli interventi e dei documenti del “Zentralkomitee der deutschen Katholiken” – potente apparato rappresentativo laicale già influente nel sinodo di Würzburg degli anni Settanta ma che ora ha nel “Synodale Weg” una presenza paritetica con i vescovi – chiarirebbe il ruolo di questo gruppo di opinione nel cedimento della gerarchia episcopale.
Ma è purtroppo un teorema di scienza politica che la deprecazione del potere celi sempre, nei gruppi critici, la deliberata ricerca di potere.
Bisogna aggiungere che nel mondo di lingua tedesca questa pressione risale da decenni anche all’organizzazione “Wir sind Kirche”. Doverosamente tenuta a bada durante i precedenti pontificati, col “Synodale Weg” essa è riuscita di fatto a trasformarsi in corpo elettorale e fazione assembleare.
*
Il “Synodale Weg” appare incerto quanto a legalità, così come costituito. Ma sono certamente illegittime anche le sue intenzioni, nella prospettiva ultima del dogma, poiché palesemente “schismati faventes et in errorem inducentes”, tali da favorire lo scisma e condurre all’errore, Il quadro ideologico e organizzativo che si sta profilando è estremamente più grave per la Chiesa di altri condannati nel passato.
E’ il caso di quando il documento afferma, perentoriamente:
“L’equo trattamento dei generi [Geschlechtergerechtigkeit] è un presupposto irrinunciabile e un compito trasversale che deve essere realizzato a tutti i livelli. La questione dei presupposti per l’accesso ai servizi pastorali, anche al ministero diaconale, presbiterale ed episcopale, non può essere esclusa, ma deve essere tematizzata”.
Non inganna nessuno l’apparente cautela finale: “… deve essere tematizzata”. Si vogliono produrre decisioni irreversibili. Una ingenua utopia di Chiesa futura cancella l’essere della Chiesa, in Cristo e in ogni battezzato.
Va detto con forza che, nella misura in cui la Chiesa tedesca è satura di una suicida retorica anti-potere, anti-sacerdozio, ed è preda di élite non più cattoliche, essa è già come Chiesa – corpo mistico di Cristo e sacramento in Lui e per Lui – una vuota crisalide.
Ricorda il sommo pontefice Francesco di essere tenuto a “confirmare fratres suos”? E che “confirmare” significa consolidare, ripristinare se necessario, la Chiesa nell’unica fede? Provvederà, “o dobbiamo aspettare un altro?”.