Tratto da: Marco Tosatti
di R.S.
Festeggiare il CORPUS DOMINI (il Corpo del Signore), adorarlo e portarlo in processione sulle strade dovrebbe esserci di aiuto per una maggior consapevolezza di fede e di amore.
Il fare festa a qualcuno in certe occasioni speciali e un’esperienza che ci è familiare. Pensandoci bene, festeggiare la persona significa sottolineare che per noi lui/lei c’è ed è importante, perciò siamo contenti di dedicare l’attenzione, fare omaggio di doni e stare lì insieme, parlandone anche con altri: è la festa di … e allora andremo, faremo, prepareremo … Ci si attiva e ci si ingegna, ma di cuore. Il giorno “speciale” è prezioso per rinsaldare il legame con cui condividiamo e viviamo i giorni “normali”.
Stiamo per festeggiare il CORPO di CRISTO. E’ lo stesso Santo Sacramento che c’è abitualmente nei tabernacoli delle chiese, presso il cero rosso che ne indica la presenza. E’ la particola (l’ostia, la vittima) dell’offerta del pane e del vino, che consacrati hanno cambiato la sostanza in vero corpo e vero sangue di Nostro Signore, l’Agnello immolato consumato comunicandosi nella liturgia eucaristica e poi riposta nel tabernacolo.
La festa è occasione per un doveroso esame di coscienza: il CORPUS DOMINI è DIO!
Ho davvero questa familiarità con Lui? Tra una festa e l’altra, quanto mi è caro? Lo vado a visitare? Lo adoro, lo amo? Mi rendo conto del dono immenso che Dio mi ha fatto rendendosi presente così? Altrimenti la festa del Corpus Domini che cosa festeggerebbe “una tantum”? Un appunto sul calendario? Un’usanza tra le tante? Un abito che metto e tolgo all’occasione, superficiale, ma senza farne mai l’abitazione e casa mia?
Presenza reale di Cristo, vero uomo e vero Dio: questo è l’ostia (la vittima del sacrificio) che festeggiamo. L’adoriamo in chiesa e poi in processione per le stesse strade dove viviamo la nostra cittadinanza.
Presenza, sacrificio, cibo SPIRITUALE per questa vita e per la salvezza dell’anima, per la vita eterna.
Ancora esame di coscienza: nel resto dell’anno questa presenza reale la vivo davvero? O è talmente umile e discreta che finisce dimenticata nell’indifferenza, ignorata quando non oltraggiata? E’ la mia fede, o penso più a un’idea, un simbolo, un significato? E soprattutto: mi comporto come davanti a una Persona o come farei davanti a un simbolo/significato? A intermittenza? Mi inginocchio se c’è l’adorazione parrocchiale, ma poi se sono da solo nemmeno penso che c’è il Signore entrando in chiesa?
Tutto nasce dall’ultima cena, il rito memoriale della liberazione dalla schiavitù d’Egitto. Quel memoriale (che è ben più di un vago ricordo) spiega il sacrificio dell’agnello pasquale, ogni pasqua. Gesù nell’ultima cena indica in sé stesso l’Agnello di Dio. Istituendo l’Eucaristia Gesù prefigura il Calvario, l’immolazione, la croce. La Santa Messa celebra questo. FATE QUESTO in memoria di me. FATE e non semplicemente “ricordate”. QUESTO: è Lui presente. Il sacramento, nella consacrazione a cura del sacerdote in cui interviene lo Spirito Santo, prodigiosamente muta (transustanzia) la natura del pane e del vino dell’offertorio. In questo miracolo Gesù si fa presente sull’altare, nel Suo sacrificio. Noi siamo lì e viviamo quella comunione nel ringraziamento, la lode, l’adorazione, la fede e l’espiazione.
La festa del Corpus Domini è inseparabile dal Giovedì Santo, dalla Messa in Coena Domini. Nella festa del Corpus Domini lo stesso mistero viene proposto alla nostra adorazione per manifestare che Cristo risorto cammina in mezzo a noi e ci guida verso il Regno dei cieli.
Il Sacro Cuore di Cristo nell’Ultima Cena ha trasformato l’angoscia della morte alla quale Egli andava incontro. Il mutamento della sostanza del pane e del vino nel Corpo e Sangue di Cristo è frutto del dono che Cristo ha fatto di sé, un Amore divino più forte della morte. Dal cuore di Cristo scaturisce il dinamismo che trasforma la realtà nelle sue dimensioni cosmica, umana e storica. Tutto procede dall’onnipotenza dell’Amore Uno e Trino.
Nell’Eucaristia avviene una plurima consumazione. La consumazione indica un portare a termine, perfezionare, impiegare pienamente la Grazia. Viceversa ne sprecheremmo la gran parte. C’è consumazione del sacro e della potenza di Dio nel prodigio eucaristico, ma anche della possibilità per la creatura di elevarsi da ciò che la natura costringerebbe a limitare. C’è consumazione della sapienza che Dio comunica all’uomo dalla creazione fino alla presenza eucaristica; ma anche della sapienza umana di istruire la ragione con la fede. C’è la consumazione dell’Amore, con la misericordia di Dio per l’uomo e la carità che l’uomo vive umilmente in devozione, rendendo grazie, eu e charis (buono e grazia), nel mistero di sostare in preghiera presso questa misteriosa e divina presenza secondo la volontà del Padre e sperimentabile nella grazia dello Spirito Santo. Un nutrimento completo, per mezzo dell’Agnello di Dio, tramite la materia sensibile e la verità divina dell’Ostia consacrata.
La prodigiosa trasformazione oltre le apparenze sensibili è una comunione più forte della divisione. E’ eloquente l’espressione “ricevere la comunione” riferita all’atto di cibarsi dell’Ostia, il Pane eucaristico. In questo atto, mai banale e meritevole di tutta la devozione e la consapevolezza necessarie, noi entriamo in comunione con Gesù mentre si offre come Agnello per noi. Da Dio, attraverso Gesù, fino a noi: un’unica comunione.
Gesù accetta per amore la passione fino alla morte di croce: un atto sacrificale di donazione. Il rinnovamento del mondo, schiavo del peccato, Dio vuole realizzarlo sempre attraverso la stessa via seguita da Cristo, quella via che è Lui stesso. Non c’è nulla di magico nel Cristianesimo. Non ci sono scorciatoie, ma tutto passa attraverso la logica umile e paziente del chicco di grano che si spezza per dare vita, la logica della fede che sposta le montagne con la forza mite di Dio che vuole rinnovare l’umanità, la storia ed il cosmo attraverso la catena di trasformazioni di cui l’Eucaristia è il segno visibile della Grazia e della Provvidenza. Ed è lì con noi, ogni giorno.
Il dato sensibile (il Corpus Domini), quello storico (Gesù in croce) e quello attuale (la Santa Messa) illuminano di fede la nostra ragione per effetto della Grazia e ci concedono la familiarità presso Dio in comunione al Cuore eucaristico del Signore: la sua volontà di rimanere lì, dopo la Messa, nel tabernacolo.
La festa del Corpus Domini venne istituita dopo il miracolo eucaristico di Bolsena, quando il Papa ricevette a Orvieto il corporale macchiatosi di sangue durante la Messa celebrata da un sacerdote scettico.
Certamente nella Messa celebriamo anche la resurrezione, ma ricordiamoci che il Signore risorto porta il segno dei chiodi e del colpo di lancia nel costato.
Adorando il Signore nel Corpus Domini dovremmo recuperare il mistero della Redenzione e il mistero della croce.
Davanti alla Presenza Reale della Persona Divina misureremo ogni giorno con semplice umiltà il nostro renderGli grazie e culto devoto oppure solo l’indifferenza.