fonte: Corrispondenza Romana

di Giuseppe Brienza

Il vicepresidente della CEI mons. Francesco Savino intervistato dal quotidiano di sinistra la Repubblica pochi giorni prima delle elezioni europee dell’8 e 9 giugno ha dichiarato: «mi auguro che l’Europa torni ad essere coerente con lo spirito di Ventotene» (Savino: “Noi vescovi preoccupati dalle riforme, non possiamo tacere”, a cura di Iacopo Scaramuzzi, 4 giugno 2024). Invece di promuovere la partecipazione civica ispirata alla Dottrina sociale della Chiesa al processo d’integrazione o richiamare le radici cristiane dell’Europa, il presule ha rimandato nella prospettiva pre-elettorale a un documento filocomunista che, fra l’altro, è noto per aver invocato per primo nel nostro Paese l’abolizione del Concordato che, ha ricordato Antonio Socci, costituirebbe «una sorta di suicidio per la Chiesa italiana» (La CEI in lite con il Papa, con il Governo e con il buon senso (Vogliono addirittura abolire il Concordato?), Libero, 5 giugno 2024).

Significativamente il presidente del Consiglio Giorgia Meloni aveva pubblicamente letto, il 3 giugno ospite della trasmissione Mediaset Quarta Repubblica condotta da Nicola Porro, alcuni passaggi del citato “manifesto di Ventotene” (1944) dai quali emergeva chiaramente il carattere anti-popolare e anti-democratico degli estensori Altiero Spinelli (1907-1986), Ernesto Rossi (1897-1967) ed Eugenio Colorni (1909-1944). Un documento elitario, quello scritto nel 1941 durante il confino presso l’isola di Ventotene dal comunista Spinelli e dal liberal-socialista Rossi, di tipo dirigista e ideologicamente avverso alle libertà politiche occidentali, a ragion veduta considerato il fondamento dell’Europa dell’Atto unico europeo (1986) e del trattato di Maastricht (1992). 

«La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria – scrivevano infatti Spinelli e Rossi (Colorni fece “solo” pubblicare il manifesto nel 1944 scrivendone la prefazione) –.[…] Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni. […] [Il partito rivoluzionario] attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. […] Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia».

Mons. Mariano Crociata, presidente dal 2023 della Commissione degli episcopati dell’Unione europea (COMECE), nell’immediata vigilia della chiamata alle urne degli italiani (la cui affluenza è stata, oltretutto, inferiore rispetto alle due precedenti tornate, già dal loro canto più basse di sempre in termini di partecipazione elettorale dal 1979 in poi – ha votato solo il 49,69% degli aventi diritto, contro il 54,5 del 2019 e il 57,22 del 2014 -), ha aggiunto incredibilmente un ulteriore tassello alla campagna eurolirica dei vertici della CEI. Il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno ha accusato infatti leader e partiti sovranisti e populisti di “cadere in inganno”, in quanto «ritengono la nazione l’entità in grado di decidere del proprio destino e futuro […]. Un inganno concettuale. Dal punto di vista delle dinamiche sovranazionali politiche è chiaro che ogni nazione deve esprimere sé stessa e deve portare il proprio contributo e conservare la propria identità. Ma oggi la sovranità può essere conservata solo se condivisa, come dovrebbe accadere nell’Unione europea» (Elezioni europee, monsignor Mariano Crociata: “I sovranisti sono un pericolo, l’Ue è garanzia per le nazioni”, a cura di Domenico Agasso, 7 giugno 2024).

In pratica, come commentato da Socci, al Vescovo non è sembrato importante avvertire i cattolici sul pericolo di sostenere con il voto «partiti anticristiani o che, per esempio, di recente hanno votato per inserire l’aborto nella Carta dei diritti. Gli importa solo che combattano i sovranisti» (La nuova (ir)religione di certi vescovi: la UE idolatrata come il Vitello d’oro, Libero, 8 giugno 2024).

Ma chi sono questi “sovranisti” e, soprattutto, quali sono i loro valori?

I gruppi nei quali si raccolgono i partiti e movimenti così definiti, fino ad ora, sono due nell’ambito del Parlamento europeo: Id, Identità e Democrazia, nato nel 2019 dalle ceneri di Europa delle Nazioni e della Libertà ed Ecr e il Gruppo dei conservatori e riformisti europei che, dal 2020, è presieduto dalla premier italiana Giorgia Meloni. Al primo aderisce la Lega per Salvini premier, l’FPÖ, il partito austriaco che fu dell’ex Governatore della Carinzia Jörg Haider (1950-2008) e il Rassemblement National di Jordan Bardella e Marine Le Pen, mentre il movimento di destra tedesco Alternative für Deutschland (AfD) ne è stato recentemente espulso dopo una serie di scandali e dichiarazioni equivoche o indulgenti verso il nazionalsocialismo. Al secondo gruppo “sovranista” appartiene naturalmente Fratelli d’Italia e, tra gli altri, gli spagnoli di Vox e i polacchi di Diritto e Giustizia (PiS), partito cattolico fondato nel marzo del 2001 dai gemelli Lech e Jarosław Kaczyński.

Come previsto dallo stesso quotidiano la Repubblica, l’unione e il rafforzamento di questi due gruppi a seguito delle elezioni europee di sabato e domenica scorsi potrebbero farli diventare influenti come mai prima. Nonostante le loro divergenze sul piano internazionale, insomma, «il sogno di ribaltare gli equilibri europei, conquistando una nuova influenza sulle decisioni dell’Ue, non è stato mai così forte» (Anais Ginori-Tonia Mastrobuoni-Alessandro Oppes, Dai diritti al rapporto con Putin, l’unità impossibile dei sovranisti europei, la Repubblica, 9 giugno 2024).

Per quanto riguarda i valori del “sovranismo” (o “populismo”) europeo, essi sono in parte endogeni, cioè inscritti nel DNA politico-culturale dei rispettivi leader, spesso provenienti dai ceti medi o popolari, in parte esogeni, ovvero indotti dalla pressione totalitaria dell’Europa di Maastricht. In reazione del processo strisciante di cancellazione delle identità religiose, culturali, economiche e statali dei rispettivi Paesi, in definitiva, questi partiti e movimenti “sovranisti” hanno sviluppato e dato veicolo politico a discrimini valoriali fondati sulla riaffermazione, in termini e modalità nuove, di temi un tempo fondanti per lo schieramento di destra e/o liberal-conservatore quali l’ordine, la nazione, le tradizioni, le libertà economiche, la famiglia, la religione storica del Vecchio continente etc. In definitiva, tali leader e movimenti hanno puntato sul ridare dignità ad istanze, bisogni e identità dei propri “popoli” di provenienza.E non si tratta, come confermato dall’incremento di voti registrato per essi alle ultime europee in quasi tutti e 27 i Paesi UE, di sole affermazioni di principio, bensì di temi forti intorno ai quali si è tentato di articolare modalità d’intervento contro quella«violenta imposizione della volontà di entità politicamente più forti su quelle più deboli», denunciata nella Carta dei Valori firmata il 2 luglio 2021 da 16 movimenti provenienti dai gruppi Id, Ecr e Non iscritti (v. Fidesz di Viktor Orbán), nel segno di un rafforzamento dello spirito di comunità e sovranità nazionale, che continua evidentemente a pervadere le famiglie e le società del nostro continente.