di Martino Mora
Tratto da: Controrivoluzione
Al contrario di ciò che pensano gli spiriti superficiali, l’anelito all’uguaglianza anzi all’egualitarismo, non si è affatto spento con la fine del socialismo reale.
Il 1968 prima, la fine del comunismo sovietico (1991) poi, hanno semplicemente spostato la tentazione egualitaria dalla dimensione sociale ed economica a quella biopolitica. Il sesso e la razza sono divenute le nuove fronte dell’uguaglianza estrema , su cui si incentra la lotta contro ogni differenza naturale e costitutiva, e la negazione di ogni gerarchia.
In realtà la prima applicazione storica dell’egualitarismo si realizzò in ambito religioso. Se il “libero esame“ di Martin Lutero fu l’introduzione dell’individualismo nella religione, il concetto ad esso correlato di “sacerdozio universale” vi introdusse l’idea di uguaglianza tra tutti i fedeli, senza più distinzione sostanziali tra sacerdoti e laici. Ma poiché non esiste autentica gerarchia che non sia spirituale, questo primo passo luterano fu radicalmente sovversivo. E aprì lo spazio alle sovversioni successive.
Al contrario di ciò che comunemente si afferma, fu il liberalismo a riprendere, attraverso la dottrina dei diritti dell’uomo, l’anelito egualitarista. I diritti dell’uomo sono infatti l’attuazione dell’uguaglianza astratta tra individui concepiti come privi di qualità, le cui differenze costitutive e le cui appartenenze comunitarie passano costantemente in secondo piano, proprio come nel pensiero economico, che concepisce anch’esso solo individui astratti. È poi la stessa logica razionalista e livellante dello Stato moderno centralizzato e burocratico, dall’assolutismo in poi.
Lo stesso stato di natura, condizione pre-sociale e pre-politica immaginata dal giusnaturalismo moderno (Hobbes, Locke, Kant e Rousseau) viene pensato come uno stato di libertà individuale e uguaglianza assolute, seppure problematiche.
Poi la Rivoluzione francese già da subito, nel 1789, afferma la sacre triade rivoluzionaria di “libertè, egalitè, fraternitè”. Subito dopo avviene però la prima frattura: l’egualitarismo democratico e sanguinario di giacobini e sanculotti rompe l’equilibrio iniziale con la libertà individualista e blasfema dei Lumi.
Successivamente, con l’affermarsi della Rivoluzione industriale e lo sfruttamento operaio su larga scala, la formazione del movimento socialista si presenta come un guanto di sfida al sistema capitalista. L’egualitarismo socialista e l’individualismo liberale entrano in opposizione. La borghesia che aveva predicato l’uguaglianza contro nobili e clero, si sente ora minacciata nella sua proprietà e persino nella sua esistenza. La borghesia capitalista si oppone con tutte le sue forze allo spettro del comunismo, che si manifesta concretamente a partire dalla Rivoluzione dell’ottobre 1917.
Questa apparente divaricazione tra l’individualismo liberal-borghese e l’egualitarismo della dottrina marxista (in realtà Louis Dumont mise genialmente in luce l’individualismo nascosto di Marx) viene superata a partire dal Sessantotto , marxista e insieme pseudolibertario: “vietato vietare” e “godere senza ostacoli“. Fu l’inizio di quella che il pensatore brasiliano Plinio Correa de Oliveira definì come la Quarta Rivoluzione: la Rivoluzione degli istinti contro la ragione, con conseguente ritorno alla barbarie, una barbarie civilizzata, ricca, tecnicizzata, ma pur sempre vera barbarie.
Il pensiero liberale così diventa liberal, riconciliandosi con l’egualitarismo che non minaccia più la proprietà privata dei mezzi di produzione. Così i plutocrati ritornano alla Sovversione (gli antesignani furono i Rockefeller, seguiti oggi dai Soros, Gates, Bloomberg, Bezos, Buffet, ecc) ora che non si sentono più minacciati nell’avere, la loro ragione di vita.
Così trionfano il pansessualismo, il femminismo l’omosessualismo, il transessualismo, il genderismo nell’ambito della sovversione sessuale; l’immigrazionismo e il meticcismo nell’ambito della sovversione etnica e razziale. Ogni differenza diventa così potenziale discriminazione, e ogni normalità secondo natura semplice costruzione sociale. Persino l’esistenza dei due sessi viene considerata un limite da superare (come si evince dal distruttivo e liberticida DDL Zan, in discussione in questi giorni al Parlamento italiano). Si sa che il motore di queste dottrine individualistico-egualitarie, ben lungi dall’essere la Russia o la Cina, è la civiltà dell’americanismo.
È facile constatare la distruttività di queste tendenze per qualsiasi tipo di ordine sociale, ed è facile intuirne la sottesa masochistica, decadente pulsione di morte, tipica di una civiltà occidentale americanizzata, sazia, opulenta, secolarizzata, desacralizzata, consumista, libertina, in rapida dissoluzione verso l’infero e il preternaturale. Fino alla possibile affermazione di quella spiritualità alla rovescia di cui vediamo già i segni.
Martino Mora
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