fonte: Corrispondenza Romana

di Giuseppe Brienza

L’ascesa dei partiti “sovranisti” alle elezioni europee dell’8 e 9 giugno è stata netta in diversi Paesi. Il caso più clamoroso è stato quello della Francia dove il 31,37 % dei consensi ottenuto dal Rassemblement National (Rn) di Marine Le Pen ha più che doppiato la percentuale del 14,6 della lista liberal Besoin d’Europe del Presidente della Repubblica Emmanuel Macron, tanto che quest’ultimo, con una mossa spregiudicata, ha deciso di convocare elezioni legislative anticipate per il 30 giugno e il 7 luglio prossimi. Al voto del Rn va anche aggiunto quello del 5,47%, della coalizione La France fière, frutto dell’alleanza elettorale tra il movimento dal giornalista e scrittore Éric Zemmour Reconquête! ed i conservatori e ruralisti del Centre national des indépendants et paysans (Cnip). Il primo partito aderisce al gruppo europarlamentare Identità e Democrazia, il secondo ai Conservatori e Riformisti europei.

Analogo terremoto politico si è registrato nell’altro Stato-roccaforte dell’Unione europea così come attualmente configurata, ovvero il Belgio, dove oltre alle europee si è votato anche per le elezioni federali e locali. Anche qui il premier liberale (ma alleato dei socialisti) Alexander De Croo, dopo il disastroso risultato elettorale (il suo partito, l’Open VLD, è piombato infatti sotto al 6 %), ha rassegnato le dimissioni. Il fronte sovranistaè andato particolarmente bene nelle Fiandre con il 14 % conseguito dal partito N-VA e il 14,5 % del Vlaams Belang di Tom Van Grieken, che hanno saputo convincere molti nuovi elettori presentandosi come i difensori delle “campagne dimenticate” del Belgio.

I partiti di destra euro-critici hanno ottenuto ottimi risultati anche in Germania e Austria. Alternative für Deutschland (AfD) ha ottenuto infatti quasi il 16 % dei voti, superando persino i socialisti del cancelliere tedesco Olaf Scholz, fermi attorno al 13,9 %, mentre il partito dell’ex Governatore della Carinzia Jörg Haider (1950-2008), il Freiheitliche Partei Österreichs (FPÖ), ha conquistato la percentuale del 25,4 %, impensabile prima delle elezioni. L’Afd infatti, un mese prima delle elezioni, era stata espulsa dal gruppo Identità e Democrazia a cui apparteneva. 

Non ha sfondato, invece, la destra sovranista in Spagna, dove il movimento VOX guidato dal cattolico Santiago Abascal si è fermato al 9,6 %, sebbene alle precedenti europee avesse preso una percentuale molto inferiore, il 6,21 %. Anche nei paesi Bassi, nonostante l’aumento dei seggi non c’è stato l’exploit del Pvv di Geert Wilders, superato dalla coalizione dei Laburisti-Verdi guidati da Frans Timmermans.

In Italia, Fratelli d’Italia (FdI), con il 28,8 per cento si è confermato il primo partito a livello nazionale con un milione di voti di stacco dal Pd, che ha conquistato il 24,1% dei consensi. Al terzo posto, con il 10 % dei voti, è risultato il Movimento Cinque Stelle di Giuseppe Conte, laddove in una posizione apparentemente equivalente, rispettivamente al 9,6 % e 9 %, si sono attestati Forza Italia (Fi) e la Lega. Diciamo “apparentemente” perché, dal punto di vista sostanziale, il partito di Matteo Salvini si conferma davanti a quello guidato dal ministro degli esteri Antonio Tajani in quanto nella percentuale di quest’ultimo sono inclusi circa due punti percentuali apportati dai centristi di Noi Moderati di Maurizio Lupi e dal Movimento per l’Autonomia dell’ex presidente della Regione, Raffaele Lombardo, entrambi alleati di lista alle europee con Fi. Alla Lega si calcola peraltro che abbia portato circa un due % il generale Roberto Vannacci, primo degli eletti in Italia, dopo Giorgia Meloni, con 550.000 voti.

In Ungheria le urne hanno confermato nettamente al primo posto il partito Fidesz del premier Viktor Orbán, sebbene la percentuale stratosferica del 44,8 % sia stata presentata da alcuni media di sinistra o filo-Ue come in “calo significativo” rispetto alle precedenti elezioni. In realtà la percentuale andrebbe letta con quella rilevantissima conquistata dal nuovo partito TISZA dell’ex membro di Fidesz Péter Magyar che, presentatosi per la prima volta alle europee, ha conquistato quasi il 30% dei consensi (ne consegue che, alle urne, la sinistra ungherese è risultata del tutto irrilevante). 

In Slovacchia non è andato benissimo il partito Smer del premier sovranista di sinistra Robert Fico, vittima il 15 maggio 2024 di un grave attentato, che ha raggiunto il 24,8 %, mentre in Polonia testata a testa fra la Coalizione civica (KO) del capo di governo europeista Donald Tusk, con il 37,1 % ed i nazional-cattolici di Diritto e Giustizia (Pis), che hanno ottenuto il 36,2%. 

Dalla Croazia si è unito al gruppo dei Conservatori e Riformisti europei Stjepo Bartulica del Movimento per la Patria (Domovinski Pokret); da Cipro, Geadi Geadis del Fronte Popolare Nazionale (Ethniko Laiko Meri e topo, Elam), e dalla Lettonia, Reinis Poznaks della Lista Unita (Apvienotais Saraksts, As). Infine, con Fernand Kartheiser del Partito riformatore democratico alternativo (Alternativ Demokratesch Reformpartei, Adr), l’ECR avrà per la prima volta anche un delegato del Lussemburgo e il neoeletto Sebastian Tynkkynen del Partito dei finlandesi (Perussuomalaiset), che però già faceva parte della famiglia politica dei Conservatori. In tutto il gruppo conterà 76 eurodeputati.

Il Partito Popolare Conservatore Estone e il Partito Popolare Danese con gli eletti “sovranisti” di Austria, Belgio, Francia, Italia e Repubblica Ceca, fanno parte dei 58 deputati di Identità e Democrazia. 

Ritornando alla Francia, il Rn che ha ottenuto ben 30 seggi all’Europarlamento ha ora «la possibilità di vincere le elezioni» legislative anticipate del 30 giugno con la prospettiva di formare un «governo di unità nazionale», come dichiarato da Marine Le Pen all’indomani dell’ufficializzazione dei risultati delle urne. La storica leader della destra francese, oltretutto, nel 2022 ha lasciato intelligentemente la presidenza del partito al giovane, classe 1995, Jordan Bardella, personalità che non ha avuto nulla a che fare con gli estremismi del Front National del padre di Marine, Jean Louis Le Pen, neutralizzando così le residue obiezioni di condizionamenti del passato da parte della leadership del Rn. Tanto che il presidente del gollista Partito repubblicano Eric Ciotti, prima di essere inspiegabilmente estromesso dalla carica (la sua espulsione è stata comunque annullata dal tribunale di Parigi che ha accolto il ricorso dell’interessato), ha per la prima volta nella storia della Quinta Repubblica(1958-2024) neutralizzato la storica conventio ad excludendum (ovvero “patto per escludere”) dei partiti tecnocratici e di sinistra che, anche in vista delle elezioni anticipate, hanno annunciato un “Nuovo fronte popolare” per arginare artificiosamente la destra. Un’altra “espulsione” sta facendo discutere in Francia. Dopo il fallimento dei negoziati per un’alleanza tra Reconquête e il Rassemblement National in occasione delle elezioni legislative del 30 giugno, un’esponente di punta di Reconquête, Marion Maréchal, nipote di Marine Le Pen, ha invitato a votare per i candidati del Rn, criticando Éric Zemmour, che a sua volta l’ha espulsa dal partito.

In definitiva si può dire che dall’esito delle elezioni francesi del 30 giugno e del 7 luglio dipenderanno in gran parte valori e programmi della nuova legislatura del Parlamento europeo, la quale sarà avviata dalla prima sessione plenaria a Strasburgo dal 16 al 19 luglio.