La questione della maestra Marisa Francescangeli di Orosei, che in prossimità delle ultime festività natalizie ha fatto conoscere e recitare alcune preghiere della tradizione cristiana nella scuola elementare dove insegna e per questo è stata oggetto di un provvedimento disciplinare da parte del dirigente scolastico e dell’Ufficio Scolastico provinciale, è tristemente nota. Ancor più tristi, tuttavia, sono certe reazioni o certe inerzie che la notizia ha suscitato. Da un lato, la cecità ideologica di certa stampa, vedi la presa di posizione espressa da il (mis)Fatto quotidiano: Perché la maestra che ha fatto recitare le preghiere non andava sospesa ma licenziata, a firma di tale Alex Corlazzoli, anch’egli “maestro” elementare, che con spirito di solidarietà collegale ha chiesto a gran voce addirittura l’inasprimento della sanzione; dall’altro, il mutismo inquietante non solo della Conferenza Episcopale Italiana, sarebbe troppo scomodare i massimi livelli (o pivelli, a seconda del caso), ma anche di un solo vescovo che avesse il coraggio, meglio la decenza, di solidarizzare con un’insegnante che ha agito in scienza e coscienza nella propria missione, e libertà, di educazione.

Per quanto si possa osservare, dal piano costituzionale in giù, sembra che la vicenda sorprenda anzitutto sul piano dell’evidenza. Perché lo Stato italiano attribuisce un rilievo alle festività natalizie? O a quelle pasquali? O a quelle patronali? Perché vi correla giorni di “vacanza” scolastica? Evidentemente vi è un giudizio di valore che conferisce rilevanza a quanto in quei giorni si celebri, se non da tutti, almeno dalla maggior parte dei cittadini. E allora: non sarà doveroso, oltre che opportuno, rendere edotti alunni e studenti circa quanto la fede cristiana invita a professare e effettivamente professa in tali ricorrenze? Ciò non concorre a far conoscere, anche da un punto di vista educativo e culturale, l’identità reale di un paese, che non vive soltanto di 8 marzo, 25 aprile e 1º maggio? Le risposte parrebbero evidenti. Tuttavia, come si è osservato da più parti, se ieri lo stigma sociale era attribuito a condotte che ledevano le credenze del popolo italiano, le bestemmie e le irriverenze, oggi la scure di abbatte su coloro che osano richiamare i fondamenti spirituali della nostra gente. 

Tra le rare eccezione al circolo, o forse circo, massmediatico vi è stata quella di Vittorio Sgarbi, non un esponente della polizia morale del paese, il quale, in veste anche di Sottosegretario di Stato alla Cultura, ha avuto modo di interrogare l’insegnante, appurando che la stessa ha agito nell’insegnamento dei valori su cui si fonda la nostra civiltà, senza esaltazione o fanatismo. Sgarbi ha inoltre affermato che l’abuso risiede esclusivamente in chi ha stabilito sanzioni infondate. Come sottolineato in una delle consuete dirette video, il critico si è domandato come sia possibile sanzionare un docente per la recita di una preghiera, quando alle scuole superiori, si spera almeno, viene tuttora insegnata e illustrata, ad esempio, la sublime preghiera che Dante mette in bocca a San Bernardo nel suo Paradiso: “Vergine Madre, figlia del tuo Figlio”. 

Al di là di questa lodevole eccezione è quella di qualche altro esponente del giornalismo “scorretto”, come Mario Giordano, silenzio tombale si è udito anche dalle parti del Ministero dell’Istruzione e del Merito, ovvero dal Ministro Professore Giuseppe Valditara. Evidentemente, né istruzione né merito sono rappresentante adeguatamente dall’operato della maestra Francescangeli, almeno non quelle che ha in mente il Ministro Valditara, sempre che ne abbia una qualche idea. Sul piano politico però, resta da chiedersi quale differenza ormai corra tra la cosiddetta destra, patriota a alla bisogna, fratella e fratellastra d’Italia, e la sinistra liberal e anticristiana che ha (s)governato questa Italia per troppi anni e  che, forse troppo illusoriamente, credevamo e speravamo di esserci tolti di torno per almeno un decennio.

Gildo della Querce