O Maria, o Madre nostra amorosa, che noi veneriamo sotto il titolo di Madonna dei terremotati , come sempre scampaste e salvaste i nostri padri dal terribile flagello  del terremoto , così liberate e scampate anche noi , che rifugiandosi sotto il vostro patrocinio , fiduciosi vi invochiamo a salvezza, così sia”
 
E’ questo forse il messaggio più gradito, perché consolatorio, arrivatomi la notte di domenica 9 dicembre 2019 e me lo invia, da Scarperia, il mio amico Francesco Atria, anche lui in mezzo alla strada con tutta la famiglia, e non faccio a tempo a recitare la prece alla Madonna  che un’altra terribile scossa di terremoto (abito a Borgo San Lorenzo a un quinto piano) fa sobbalzare il tavolo e fa cadere molti libri dalle scaffalature e, dall’alto di una libreria, precipita a terra un grosso Crocifisso di peltro che si piega tutto.
 
A lungo dondolano – sismografi casalinghi – i lampadari nelle stanze; la paura mi fa gelare il sangue nelle vene e mi decido a uscire, se non altro, in mezzo a tanta gente ci si fa coraggio…sì, una paura tremenda mi paralizza : eppure non è il primo terremoto che sento in questa zona ballerina, e non solo : già i miei nonni, quando ero ancora un bambino, negli anni Cinquanta, mi raccontavano, come un evento terrificante, del terremoto del 1919, con centinaia di morti, trovati sotto le macerie, in particolare a Vicchio dove vi fu l’epicentro e dalle mie finestre ho sotto gli occhi l’Oratorio del SS. Crocifisso dei Miracoli (un tempo durante le calamità, come i terremoti, la venerata immagine veniva scoperta) che ancora porta le stimmate di quell’evento, infatti  non ha più il campanile che, allora, crollò…per fortuna, dico io, in quanto il sagrestano Graziano Melara, sensibile, ci fa almeno ascoltare ancora – registrato – il suono preconciliare a morto delle campane, che saluta colui che “parte per sempre” per l’ultima volta, abolito dalla Pieve; ricordo bene il terremoto  degli anni Sessanta, durante la notte, due scosse tremende,la fuga precipitosa e la notte passata all’addiaccio mentre la Croce Rossa piantava le sue tende, e anche tutti gli altri sismi fino a quello del 2014; non contento, poi, di abitare in una zona “ballerina”, me ne sono andato anche “in trasferta” a “provare il brivido” del terremoto e così fui a Napoli (dove ho insegnato per quattro anni) e nella casa di via Bologna, della Signora Ninetta Petrosino , a tre passi dalla Ferrovia, quando il 24 novembre – eravamo davanti al televisore a vedere la partita – ci sorprese una tremenda scossa di “motus terrae”, il così detto “Terremoto dell’Irpinia” (9 secondi di durata, decimo grado della scala Mercalli) che fu una vera e propria tragedia nazionale: 280,000 follati, 8848 feriti e 2014 morti…e di quella tragedia fui un “avventuroso cronista”, insieme a Guido Giraudo, con un inchiesta, quaranta giorni dopo, in sei puntate, sul quotidiano milanese “La Notte”.
 
Eppure mai, come l’altra sera (l’età, evidentemente, si fa sentire, eccome!) sono stato colpito dagli effetti del terremoto e ho avuto sentore della gravità di questo sciame sismico, che sembra non finir mai, quando, nella notte, mi è arrivato su WhatsApp un altro messaggio da Civitella del Tronto che, in seguito al tremendo terremoto del 2016, è praticamente “deserta”…e io a Civitella del Tronto ci vado, ininterrottamente, ogni anno, da oltre quarant’anni, la seconda settimana di marzo,per il Convegno di Studi Storici : è il messaggio di Daniele Zunica, proprietario dell’albergo, dove iniziammo a fare i nostri convegni : “Apprendo della scossa di terremoto a Borgo San Lorenzo e capisco -avendo avuto per ben quattro volte questa triste esperienza – cosa significhi! Spero non sia accaduto nulla di grave e comunque, se servisse qualcosa, sono a tua completa disposizione, preghiamo la Madonna e S. Emidio ascolano protettore dei terremotati!”
 
Già, Sant’Emidio…in questi momenti siamo un po’ tutti – io per primo – marinai, ovvero facciamo promesse e ci rivolgiamo alla Vergine e ai Santi, facendo anche buoni propositi e promesse, salvo poi non ricordarsene più quando sia passato – o si creda sia passato – il pericolo. Un tempo almeno era la Chiesa, erano i nostri pastori, a ricordarci dei pericoli, sempre presenti, per l’anima e per il corpo…poi, dopo il Concilio, andò tutto in cavalleria. Ricordate le Rogazioni? 
 
Nella nostra gente c’è e c’è sempre stata l’esigenza di implorare la benedizione e la benevolenza divina, per cui venivano fatte le rogazioni , dal termine latino rogatio = preghiera, ideate nel 470 da San Mamerto vescovo di Vienne (ne abbiamo parlato diffusamente sul “Galletto” qualche mese fa) quando , specialmente nei giorni che precedono  l’Ascensione, di buon mattino,  partivano dalle chiese processioni oranti, con preghiere di supplica, verso la campagna coltivata, che terminavano, poi, con una solenne Messa:
 
A damnatione perpetua –   Libera nos Domine
A fulgore e tempestate      Libera nos Domine
A subitanea et improvisa morte – Libera nos Domine
A peste fame et bello – Libera nos Domine
A flagello terrae motus –   Libera nos Domine
 
Pensavo a queste suppliche l’altra sera quando appresi dalla televisione che a Barberino di Mugello (epicentro del terremoto dove son trecento gli abitanti che hanno dovuto abbandonare le loro case) è stata chiusa la chiesa pericolante e il parroco, il “grezzanese” don Stefano Ulivi, con le lacrime agli occhi, ha dichiarato: “Mi trovavo in chiesa, nella mia casa…e sarei morto lì volentieri…non c’è nulla di più bello per un sacerdote morire nella sua chiesa, accanto al suo Cristo….”
 
La facciata della chiesa parrocchiale di San Silvestro a Barberino  rischia di cadere, vengono portati via quadri e statue  e suppellettili ma una statua della Madonna di Lourdes, di nessun valore artistico ma cara al cuore dei fedeli, vien portata via a braccio da un devoto parrocchiano: era in alto, su una colonna senza essere “fissata”…e mentre tutto cadeva, la Madonna è rimasta in piedi, quasi volesse restar lì a incoraggiare quei suoi figli tribolati. 
 
All’ingresso di Scarperia, sulla sinistra, c’è la Madonna dei Terremotati : dall’altra sera in quell’Oratorio c’è un via vai di persone, anche molti giovani, che vanno a pregare e rivolgono al Signore, attraverso l’invocazione alla sua Mamma celeste, quella “rogazione” che si faceva un tempo:  “Ad flagellum terrae motus – libera nos Domine”, e, in terra, davanti all’altare, molti sono i lumini votivi accesi.
 
Ritorniamo alla nascita di questa devozione alla “Madonna dei terremoti”, che risale al 1532: 
A dì 13 giugno 1542 Martedi. Circa le ore 6 di notte vennero in Firenze molti e grandissimi terremoti, i quali possono in spavento grandissimo tutta la città con avervi fatto ancora qualche danno(…) nel Convento del Bosco rovinò tutto il tetto, nel dormentorio caddero tutte le pareti e tramezzi delle celle, il campanile si aperse tanto che si rimurarono due finestre con esser caduta la campana grossa (…)A S. Agata rovinò quasi tutte le case ed a Ronta il simile.Ma alla Cavallina caddero tutte le facciate dinanzi di quattro case, le altre furono tutte commosse e intronate , che non era sicuro l’abitare alcuna, e così a Barberino, al Borgo, a Gagliano, e per tutto il Mugello (…) fu fatta diligente inquisizione dal Duca Cosimo del danno ch’era stato nel Mugello, e mandati per questo Commissari i fu trovato essere rovinati in Mugello 1288 case, che non si potevano più abitare, e morte 113 persone e stroppiate e ferite 250 (…) I sopra detti terremoti durarono circa 53 giorni, ma non rovinarono altri edifici che nel suddetto giorno.
 
In questi giorni cominciarono le compagnie dei contadini che sono vicini a Firenze a venire ogni anno a visitare principalmente l’immagine dell’Annunziata, per dove seguitano sempre in questo tempo per placare l’ira di Dio.”
(Cfr: Diario ms. del Settimaanni – Vol.1 p.250 – R. Archivio di Stato.)
 
Nel 1613  il notaro di Scarperia Antonio d’Antonio Zaffini attesta e mette a verbale le testimonianze di diverse persone come la Madonna, con il Bambino in collo, durante i terremoti del 1542, la mattina all’alba, avesse miracolosamente preso il Bambino dalle sue braccia e lo avesse poi deposto ai suoi piedi, e lo guardasse, poi, adorandolo e guardando  le persone della strada. Scrive il notaio Zaffini riportando le testimonianze dei suoi familiari: “E di più fo fede come mio padre, Antonio di Giov. Batt. Zaffini , più volte mi ha detto che Giov. Batt. suo padre, e mio nonno, e replicatemelo detto Antonio mio padre, sicurissimamente, ha dettogli che tutte le cose che di sopra ho scritte (miracolo della Madonna n.p.c.), essere verissime, e di più le diceva quando esso mio nonno era giovane, et andava con altri di Scarperia al mercato di San Piero a Sieve, passati da questo tabernacolo, e vedendo la imagine di questa Donna che lo guardava sì fisso e pronto, diceva molte volte: “Oh se la mia dama mi guardasse come mi guarda questa immagine, felice me!” e questo afferma detto Antonio mio padre averlo sentito dire al mio nonno molte e molte volte(…) madonna Dianora di Gino Celli mi disse e attestò (…) che …vedde più volte la detta immagine che guardava in viso chi passava, e teneva il bambino in collo. E di tutto questo mi affermò con gran fervore , ricordandosi benissimo, come vi fusse ora presente, e che la mattina avanti giorno de’ tremoti posò miracolosamente il bambino a’ suoi piedi e lo adorò, come si vede che ancora sta. E mi disse di più che questo grandissimo miracolo lo vedde , madonna Oretta di Pacino che era lì a fare orazione…
Questo è quanto Francesco dell’Alfiere Zaffino Zaffini da Scarperia moderno Cancelliere di questa prefata Compagnia ho trovato circa a questo grandissimo miracolo, che alli libri di questa Compagnia non si trova nulla né ricordo, né memoria. Però mi è parso bene aver fatto questo ricordo; e il libro a dove ad verbum ho scritto quanto ho detto, si trova appresso di me per esser mio; et in fede di mia mano propria scrissi questo dì 4 luglio 1633 ab Incarnatione- Francesco Zaffini Cancelliere”
Ieri, come oggi, la Vergine sorride su questo nostro Mugello e lo protegge  ed è forse a questo episodio che pensarono don Dino Margheri ( a cui si devono le parole) e il Maestro Bartolucci ( a cui si deve la musica) quando composero una  bellissima laude mariana che ancora sentiamo riecheggiare in qualche chiesa, dove ancora si prega come un tempo:
Deh sorridi sul nostro Mugello
bella Vergine e Madre d’amor!
 
PUCCI CIPRIANI