Voglio ricordare un ingegnere di 81 anni Giancarlo Scafidi, venuto a mancare nei primi giorni di febbraio Era nato ad Harar in Etiopia il 10 gennaio 1941, durante la seconda guerra mondiale, si era laureato in ingegneria elettronica, ma aveva dedicato la sua vita all’apostolato cattolico. Per me ha ancora il volto di un giovane che conobbi nel febbraio del 1968, quando iniziò la rivolta studentesca all’Università di Roma.
Gianfarlo Scafidi, ventisettenne, era fin da allora il fedele amico e discepolo di Duilio Marchesini (1930-2020), che aveva dieci anni più di lui e rappresentava i cattolici all’interno dell’ORUR, l’organismo rappresentativo degli universitari de La Sapienza di Roma.
Da Roma, nei primi mesi del 68, la rivolta si estese, con manifestazioni e occupazioni alle principali università italiane: Bologna, Pavia, Napoli, Padova, Palermo, Catania, Trieste, Torino.
Duilio Marchesini e Giancarlo Scafidi non ebbero esitazioni. Decisero di reagire alle prevaricazioni di sinistra, e lo fecero con energia, affrontando personalmente, i gruppi più violenti dei contestatori.
Ogni gruppo o movimento politico aveva dietro di sé strategie e interessi diversi. Marchesini e Scafidi erano liberi e indipendenti e da soli sfidarono quel vero e proprio Moloch che era allora il Movimento studentesco, che ogni giorno ingrossava e con un coraggio leonino iniziarono la loro personale battaglia contro i sessantottini.
Ho ancora oggi il ricordo impresso nella memoria di questa scena: sulla scalinata di Lettere, Marchesini e Scafidi salgono da soli verso una turba di facinorosi che gremivano la Facoltà occupata. Ho detto da soli. Non è esatto. Marchesini portava sempre con sé una vecchia zia, piccola, minuta, che accudiva con amore e che non poteva lasciare sola a casa. Io ricordo che nel diverbio sulla scalinata di lettere, la zia fu spintonata e Marchesini emise un ruggito, scaraventandosi come una furia contro cinquanta, cento contestatori che spesso arretravano e si disperdevano di fronte ai suoi attacchi.
Attorno a Marchesini e Scafidi si raccolsero molti studenti, decisi a contrastare i sessantottini. Io ero tra questi, colpito dal loro coraggio fisico, che rivelava però una tempra morale che in quegli anni era difficile trovare tra i democristiani. Ma loro non erano democristiani, erano, appunto, cattolici militanti.
Ricordo ancora uno scontro furibondo tra studenti di opposte tendenze. all’entrata dell’università di viale Regina Margherita. Marchesini, che cercava di proteggere uno studente caduto a terra, su cui i comunisti stavano infierendo, fu aggredito a bastonate. Per cercare di proteggersi alzò il braccio, ed ebbe l’osso dell’ulna dell’avambraccio sinistro fratturato.
Oggi i giovani vivono più comodamente, ma sono spiritualmente più poveri delle generazioni precedenti.
Siamo stati defraudati di un’immensa ricchezza da avventurieri intellettuali e da pirati politici. Eppure la autentica ricchezza non può essere espropriata, perché non tramonta. I beni non negoziabili possono essere negoziati, possono essere traditi, ma non perdono il loro carattere di bene, di bene permanente e immodificabile.
La Rivoluzione del Sessantotto fu una rivoluzione nel modo di essere e di vivere dell’uomo. In questo senso era necessario opporgli non parole, ma un modo di vivere e di essere. E questo Marchesini e Scafidi lo hanno fatto, perché la loro battaglia non si arrestò negli anni Settanta, ma divenne da allora fino ad oggi la battaglia di ogni giorno di uomini che non si conformavano alle mode correnti e che traevano dall’incontro quotidiano con Dio la loro forza soprannaturale. Sì, alla Rivoluzione del Sessantotto essi opposero non le parole, ma fatti; e i fatti non furono solo gli scapaccioni sulla Facoltà di Lettere, ma l’impegno di una vita coerentemente vissuta,
Oggi sui talk shaw televisivi ascoltiamo personaggi come Paolo Mieli, Piero Sansonetti, Paolo Liguori esprimersi spesso con saggezza e moderazione. Allora però stavano all’altra parte, tra i violenti contro cui Marchesini e Scafidi reagivano. Duilio Marchesini e Giancarlo Scafidi sono rimasti sempre sé stessi, senza mai venire a compromessi con il mondo e sono stati perciò fino al giorno della loro morte emarginati. Sono stati loro i veri contestatori i veri rivoltosi contro il mondo moderno i veri contro-rivoluzionari, perché alla Rivoluzione del Sessantotto hanno opposto il contrario di una Rivoluzione: l’esempio di un cristianesimo vissuto e militante fino all’ultimo.
Marchesini e Scafidi hanno scritto un libro di ricordi, che nel 2020 l’editore Marco Solfanelli ha ripubblicato con il titolo Nati per combattere. Chi vuole capire qualcosa degli ultimi cinquant’anni lo legga. Nelle pagine di questo libro scoprirà il vero volto di due guerrieri, di due cattolici esemplari, di due uomini di cui i mezzi di comunicazione ignorano i nomi, ma che continueranno a vivere nel ricordo di chi li ha conosciuti e soprattutto vivranno nel Regno dei Cieli, come esempio di un cattolicesimo generoso e militante in un’epoca di egoismo, di falsa pace e di viltà.