E’ uscito per le edizioni “Solfanelli” il libro “Napoli città del Trono e dell’Altare : omaggio alla Capitale del Regno delle Due Sicilie” con una lettera del Principe Carlo di Borbone, la prefazione di don Gabriele D’Avino e la postfazione di Ascanio Ruschi (foto di Filippo Balugani) pagg.96 Euro 11. Il libro verrà presentato il giorno venerdi’ 27 maggio 2022 a Borgo San Lorenzo alle ore 17,30 presso la Sala Comunale “Pio La Torre”; domenica 5 giugno 2022 a Cecina, presso il Circolo Culturale “Il Fitto” Corso Matteotti, 101/R; sabato 11 giugno 2022 a Chiesa Nuova – San Casciano ; vi daremo in seguito la data delle presentazioni a Prato e Napoli.Di seguito riportiamo la recensione al libro di Guido Scatizzi:
«Perciò io, passeggiando nella vecchia via Toledo, meta prediletta da tanti napoletani purosangue nei giorni in cui Napoli era Napoli, ho sentito spesso il peso dolce di una eredità così nobile ed ho guardato con pietoso dolore tanti figli del popolino venduti a tutte le piazze delle mode europee dalle vuote minoranze di pseudo intellettuali. Ultimo napoletano nell’intimità del mio spirito mi sentivo l’unico figlio spirituale della Tradizione napoletana tra gente che, non solo l’ignorava, ma si vantava di ignorarla. Solo dall’anima del popolino, disprezzata da tali minoranze, traspariva la genuinità sepolta della Napoli mia e dei miei avi».
Queste righe appassionate, tratte da La Monarchia Tradizionale di Francisco Elías de Tejada, possono a buon diritto sunteggiare l’omaggio reso da Pucci Cipriani alla capitale del Regno delle Due Sicilie con il suo ultimo libro, Napoli. Città del Trono e dell’Altare (Solfanelli, Chieti 2022, pp. 92, Euro 11,00). In effetti, proprio come cronache di romantiche passeggiate per la città, scolpite nel cuore prima che nel calamaio, i capitoli si susseguono conducendo il lettore a farsi carico del «peso dolce di una eredità così nobile», nascosta, quasi celata, dall’incuria di una modernità che non sembra in grado di corrispondere alle vette di quanto immeritatamente ricevuto.
In tal modo, come già de Tejada, l’Autore s’incarica di dis-velare l’anima profonda e immortale di Napoli, che diviene ancora oggi una Nea Polis, una città nuova, non solo per la strategica collocazione geografica, crocevia di civiltà e di culture, ma soprattutto per la capacità di plasmare con intelligenza creativa il patrimonio tradizionale, anzitutto di fede, e renderlo la cifra caratteristica di un intero popolo.
Una fede incarnata e temprata nel sangue dei martiri, da cui il titolo di uno dei capitoli più commoventi del saggio (“I martiri di Napoli”), che i sovrani aragonesi, già in epoca rinascimentale, vollero additare a modello per la città, mediante la traslazione, prima nella chiesa di Santa Maddalena, poi, nel 1497, in quella di Santa Caterina a Formiello, delle reliquie dei martiri di Otranto, trucidati dai turchi nel 1480 per essersi rifiutati di rinnegare la propria fede innanzi agli invasori. Tributi di fedeltà coraggiosa, come quello offerto dal giovane carabiniere napoletano Salvo D’Acquisto, immolatosi nel corso della Seconda Guerra Mondiale a vantaggio di ventidue vite innocenti, dimostrando singolare generosità nell’adempimento dei proprî doveri di stato, le cui spoglie riposano nella centralissima basilica di Santa Chiara, custodia tra l’altro delle salme degli ultimi sovrani borbonici.
In un crescendo ricco di suggestioni e aneddoti ignoti ai più, lo snodo del racconto, passando per la figura a tutto tondo di San Gennaro, approda alla immancabile rilettura del doloroso e insanguinato capitolo della conquista del Sud per mano sabauda; una conquista appunto, in quanto tale per nulla sfavillante, se non per le spade e le baionette con cui fu perpetrata dagli aggressori. La figura leggendaria di José Borjes, ultimo eroe romantico, il quale, impegnato nelle imprese carliste, prontamente si lasciò coinvolgere in quella che percepì come l’ultima battaglia controrivoluzionaria, la difesa del Regno delle Due Sicilie, riemerge dal racconto di Pucci Cipriani in tutta la sua drammatica eroicità, devoluta al servizio disinteressato e intrepido verso Dio, la Patria e il Re.
Il capitolo conclusivo, dedicato all’epopea di Civitella del Tronto, ultima sentinella del Regno del Sud, riassume in sé lo spirito dell’intero testo, riallacciando le fila che sin dal sottotitolo avvertono il lettore sulla consonanza che in queste pagine si va cercando e narrando: l’ideale della Controrivoluzione, che sposa Trono e Altare come braccia di un medesimo e ben ordinato corpo, a garanzia materiale e spirituale della persona umana e del suo previdente sviluppo.
Guido Scatizzi
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Napoli. Città del trono e dell’altare
1968 (Collana Storica Vol. 11)
La memoria negata. Appunti per una storia della tradizione cattolica in Italia
Dal natìo borgo selvaggio. Quando ancora c’era la fede e si pregava in latino
L’ESSENZA DELLA MASSONERIA ITALIANA
I Ladini. Come e’ nato e come si estingue un popolo
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