tratto da Radio Roma Libera
di Roberto de Mattei
Le parole sull’omosessualità nei seminari pronunciate da Papa Francesco durante l’assemblea generale della Conferenza episcopale italiana, tenutasi a porte chiuse lo scorso 20 maggio, sono state al centro dei commenti di tutti i media. Le parole sono sembrate sorprendenti non solo per il linguaggio come minimo popolaresco, usato dal Pontefice, ma anche per il fatto che la sua battuta è sembrata segnare un’inversione di linea rispetto al “chi sono io per giudicare” dell’inizio del suo pontificato.
Secondo una attendibile ricostruzione del blog Messainlatino il Papa ha voluto bloccare o quantomeno frenare un testo della Conferenza Episcopale Italiana che, in contraddizione con le norme vigenti prevederebbe il libero accesso ai seminari e agli ordini sacri delle persone con tendenze omosessuali “non radicate” (https://blog.messainlatino.it/2024/05/esclusivo-i-retroscena-sulla.html) Antonio Socci su “Libero” del 29 maggio vi vede una clamorosa sconfessione della linea che il cardinale Zuppi ha imposto alla Conferenza Episcopale da lui presieduta. Il contrasto sarebbe anche politico, perché, alla vigilia delle elezioni europee, Zuppi sarebbe schierato con la sinistra, mentre il Papa avrebbe simpatie per Giorgia Meloni. Il teologo progressista Vito Mancuso ha scritto che il Papato di Francesco è caratterizzato da grandi promesse e pochi risultati: “Ricorda Pio IX, che iniziò con grandi speranze e finì con la più dura intransigenza… l’impressione è quella di un lento declino….( https://www.ihu.unisinos.br/639865-muitas-promessas-e-poucos-resultados-desta-vez-deve-pedir-desculpas-entrevista-com-vito-mancuso),
Corrado Gnerre su “Il Cammino dei Tre Sentieri”, del 30 maggio, trae spunto dalle contraddizioni del pontificato per rivolgere un invito a riflettere sul mistero del primato petrino, e quindi al fatto che la Chiesa è sempre governata da Gesù Cristo, che non permetterà mai che possa ribaltarsi e soccombere alla tempesta.
Possiamo aggiungere che di tempeste la Chiesa ne ha subite molte nella sua storia, come accadde nell’undicesimo secolo, quando la corruzione era largamente diffusa, fino ai vertici del mondo ecclesiastico, ma la Provvidenza fece sorgere un movimento di cristiani integri e fervorosi che si batté per la riforma dei costumi e la restaurazione della buona dottrina. Uno di questi fu san Pier Damiani (1007-1072), abate del monastero di Fonte Avellana e autore, nel 1049, del Liber Ghomorrianus, un’opera in cui non ebbe timore di alzare il velo sugli scandali ecclesiastici del suo tempo, denunciando con un linguaggio forte e talvolta crudo il vizio contro natura, il “cancro dell’infezione sodomitica” che, scrive san Pier Damiani, infuriava “come una bestia sanguinaria nell’ovile di Cristo”.
Quest’opera è stata ripubblicata dalle Edizioni Fiducia (https://www.edizionifiducia.it/products/liber-gomorrhianus) e ne consiglio la lettura, proprio per la sua attualità.
San Pier Damiani è convinto che di tutti i peccati, il più grave sia la sodomia, termine che comprende tutti gli atti contro natura, che vogliono soddisfare il piacere sessuale distogliendolo dalla procreazione. I colpevoli di sodomia dovrebbero per lui essere inesorabilmente privati in maniera definitiva di uffici, qualifiche e dignità ecclesiastiche. Sarebbe meglio – afferma – che la comunità restasse senza sacerdoti o la diocesi senza vescovi, piuttosto che essere guidati da sodomiti. La sodomia è peggiore della blasfemia perché si oppone allo stesso ordine della Creazione ed è peggiore dell’accoppiamento dell’uomo con gli animali, perché con questa forma di depravazione solo un’anima viene dannata, mentre il sodomita porta alla dannazione anche un’altra persona. “Se questo vizio assolutamente ignominioso e abominevole non sarà immediatamente fermato con un pugno di ferro – scrive – la spada della collera divina calerà su di noi, portando molti alla rovina”.
Quando nel 1057 il Papa Stefano IX nominò Pier Damiani, cardinale vescovo di Ostia, il monaco di Fonte Avellana cosciente dei suoi nuovi doveri di principe della Chiesa, si rivolse con queste parole ai cardinali: “Avete tutti sotto gli occhi la decadenza di un mondo che corre verso la sua rovina, che scivola per una china infernale… La disciplina, genio tutelare dell’ordine ecclesiastico, è sparita; il sacerdozio è profanato e dà scandalo al popolo: le leggi canoniche sono calpestate; il ministero sacerdotale è passato dal servizio di Dio a quello di orrendi piaceri… Dov’è che non si vede rapina, furto, spergiuro, dissipazione, sacrilegio?”.
San Pier Damiani morì a Faenza nella notte tra il 22 e il 23 febbraio 1072. Il suo corpo fu collocato vicino ai gradini dell’altare, ma nel corso dei secoli ebbe diverse traslazioni e oggi riposa nella cattedrale di Faenza, in una cappella a lui dedicata. Fu universalmente venerato come santo sin dal momento della sua morte. Papa Leone XII lo onorò con il titolo di Dottore della Chiesa (Costituzione Providentissimus Deus del 1 ottobre 1828).
Sono passati quasi mille anni da allora e la Chiesa resta un mistero, perché ha come il suo fondatore Gesù Cristo, una natura divina e una natura umana, intimamente connesse. Ma a differenza di Gesù Cristo, perfetto non solo nella sua divinità, ma anche nella sua umanità, la Chiesa, santa e immacolata, è composta di uomini soggetti al peccato. Essa non è mai peccatrice, ma al suo interno i peccatori si affiancano ai santi. Vi sono momenti della sua storia in cui la santità la pervade ed altri in cui la defezione dei suoi membri la sprofonda nell’oscurità: sembra quasi che la divinità la abbandoni. Ma questo mai accade. La Chiesa non tramonta: supera le prove più difficili e avanza invitta nella storia, verso la Parusia, il trionfo finale, in terra e in cielo, quando Essa si unirà definitivamente al suo sposo divino. (Roberto de Mattei)