Fonte Pro Vita e Famiglia
Ha dovuto trascorrere oltre 400 giorni in carcere ma alla fine è stato rilasciato. È l’assurda e vergognosa vicenda che arriva dall’Irlanda, la cui vittima è stata – ed è – Enoch Burke, un docente di storia e lingua tedesca, il quale ha pagato con l’arresto e la prigione il suo essersi rifiutato di usare il pronome femminile nei confronti di uno studente in fase di transizione di genere, anche in virtù del proprio credo cristiano evangelico.
Tale decisione è stata disposta solo lo scorso 28 giugno dal giudice dell’Alta Corte di Dublino. All’insegnante è stato però nel contempo intimato il divieto di rientrare in servizio alla scuola secondaria Wilson’s Hospital della Chiesa d’Irlanda a Multyfarnham, pena una nuova detenzione.
Il contenzioso del docente con il dirigente dell’istituto risale al 9 maggio 2022, allorquando il professor Burke si era rifiutato di usare nome e pronome femminili per uno studente della sua classe in fase di transizione di genere. Dopo esser stato posto d’ufficio in congedo amministrativo retribuito nell’agosto 2022, il consiglio scolastico gli aveva poi notificato come procedimento disciplinare il divieto di ingresso a scuola, cosa che egli ha deliberatamente ignorato. Arrestato per oltraggio alla corte il 5 settembre 2022, viene ora rilasciato anche perché il giudice ha sostenuto che Burke stesse strumentalizzando la detenzione quale forma di protesta nei confronti dell’ideologia di genere.
«Vuole multarmi per la professione delle mie convinzioni religiose», ha ribadito il docente dinanzi al giudice nel gennaio 2023, accusando l’Alta corte di perpetrare un’ingiustizia nei suoi confronti sia nell’impedirgli l’accesso a scuola, sia nell’imporgli l’utilizzo del pronome femminile per lo studente in fase di transizione di genere, negandogli di fatto libertà di pensiero, di espressione, di religione e di insegnamento.
Al di là delle vicissitudini giudiziarie del caso di specie, la triste vicenda accaduta al docente Burke consente di rilevare la natura autoritaria e liberticida dell’ideologia di genere, denunciata costantemente con fermezza da Pro Vita e Famiglia e che rischiava di imporsi anche nel nostro Paese se pensiamo ai vergognosi contenuti del Ddl Zan, qualora fosse stato approvato.