tratto da: Corrispondenza Romana
Saranno anche frutto di un accordo firmato dalla Cei e dal governo Conte, ma le linee-guida per celebrare la Santa Messa non piacciono ad un numero crescente di preti.
E quella che il quotidiano Avvenire ha definito «creatività pastorale» viene sempre più rifiutata da sacerdoti, per nulla disposti a commettere sacrilegi.
Si tratta di preti diocesani e non, non necessariamente legati alla Tradizione, ma attenti ad evitare rischiosi passi falsi: «La Comunione data nel modo previsto comporta tre sacrilegi – spiega don Leonardo Ricotta, parroco della chiesa di Sant’Agata, a Palermo-Villabate, da noi intervistato –. Dare la Comunione nella mano è sacrilegio; mettere il Corpo di Cristo nella plastica è un secondo sacrilegio; gettare nell’immondizia il guanto monouso, dopo che ha toccato il Corpo di Cristo, è un terzo sacrilegio. Ergo, nella libertà della mia coscienza, mi rifiuto di fare una cosa del genere».
Ed i fedeli? «Faranno la Comunione spirituale».
Altri sacerdoti han deciso di “disobbedire” alle linee-guida, dando la Santa Comunione senza guanti. E sulla bocca.
Don Pietro Cutuli della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea ha realizzato un video, in cui spiega perché: «Non c’è nessuna evidenza del fatto che sia più pericoloso ricevere la Comunione sulla bocca piuttosto che sulla mano – dice – anzi in molti casi potrebbe essere l’esatto contrario. Con le mani noi tocchiamo tutto».
Non solo: «Anche nel più piccolo frammento dell’Ostia Santa vi è tutta la Presenza di Gesù in Corpo, Sangue, Anima e Divinità. Ricevere Gesù sui guanti significa che qualche pezzettino, qualche frammento di Ostia possa rimanere sui guanti e poi, essendo monouso, essere gettato e finire nella spazzatura. Non è un rischio ipotetico, è un rischio reale».
A far problema è il punto 3.4 del protocollo sottoscritto dal presidente della Cei, mons. Gualtiero Bassetti, e dal presidente del Consiglio, Giuseppe Conte.
Recita: «La distribuzione della Comunione avvenga dopo che il celebrante e l’eventuale ministro straordinario avranno curato l’igiene delle loro mani e indossato guanti monouso. Gli stessi – indossando la mascherina, avendo massima attenzione a coprirsi naso e bocca e mantenendo un’adeguata distanza di sicurezza – abbiano cura di offrire l’Ostia senza venire a contatto con le mani dei fedeli».
Ma questa, afferma don Cutuli, «dal punto di vista della fede, è una profanazione del Santissimo Corpo e Sangue del Signore. E’ sufficiente che il sacerdote igienizzi le mani. E non può essere neppure obbligato ad utilizzare i guanti, poiché questa non è una norma ecclesiale, fa parte soltanto di un protocollo d’intesa tra lo Stato e la Chiesa, protocollo che peraltro non rispetta neppure il Concordato. Quindi, su questo punto possiamo fare obiezione di coscienza, perché non siamo in uno Stato totalitario. Questo punto non è vincolante».
Inoltre, osserva don Cutuli, in nessun punto il protocollo vieta esplicitamente «la ricezione sulla bocca della Santa Eucarestia». Anzi, «il Prefetto della Congregazione per il Culto Divino e dei Sacramenti dice che i fedeli hanno assoluto diritto a ricevere l’Eucarestia sulla bocca» ed in un documento redatto ai tempi della Sars, epidemia molto infettiva e pericolosa, la stessa Congregazione, ad una domanda rivoltale in merito, rispose che non era affatto necessario dare l’Ostia esclusivamente sulle mani.
Il Coronavirus ha, insomma, funto da “detonatore” ed ha fatto emergere gli aspetti critici non solo del protocollo tra Cei e governo, bensì anche del modo di celebrare la liturgia:
«In occasione del Coronavirus, la crisi nella Chiesa Cattolica è esplosa in tutta la sua evidenza – precisa don Ricotta –. Del resto, il modernismo è qualcosa di subdolo, come San Pio X aveva intuito; qualcosa, che si è insinuato senza che ce ne si accorgesse. Poi, negli Anni Cinquanta, la Nouvelle Théologie. Infine, il Concilio Vaticano II, che ha raccolto quanto seminato prima. Da lì in poi è stato un lento degradarsi… Un Concilio bipolare, peraltro, perché da una parte ha detto le cose sane della Tradizione e dall’altra l’esatto contrario. Ci sono documenti, in cui questo emerge in modo evidente. Ad esempio, nell’Unitatis Redintegratio al n. 11 si legge: “Bisogna assolutamente esporre con chiarezza tutta intera la dottrina”, senza cedere ad un “falso irenismo, che altera la purezza della dottrina cattolica e ne oscura il senso genuino e preciso”. Salvo affermare poi anche: “Il modo e il metodo di enunziare la fede cattolica non deve in alcun modo essere di ostacolo al dialogo con i fratelli”».
Don Ricotta ha celebrato per molti anni in parrocchia tanto la Messa tridentina quanto quella Novus Ordo: adesso però ha preso la decisione di celebrare solo la prima. Perché? «La situazione nella Chiesa è così grave – afferma – che, come ho detto nel corso di un’omelia, bisogna ritornare alla Tradizione a sirene spiegate. Quindi io ho fatto questa scelta. Ormai la Chiesa Cattolica si è liquefatta, rimane la struttura esterna, rimane finora – grazie a Dio – la validità dei Sacramenti, ma, oltre a questo, non c’è più niente: non c’è più Magistero, non c’è più spiritualità, non c’è più dottrina… Tornare a celebrare esclusivamente in rito antico significa dare una sferzata vigorosa, lanciare un segnale».
La speranza è che questo segnale venga accolto e raccolto.