Il 2 aprile Mons. Antonio Livi ha reso l’anima al Padre. Continuatore del tomismo integrale di Etienne Gilson ed ultimo esponente della Scuola Romana di Teologia, scrisse per Giovanni Paolo II la struttura dell’enciclica Fides et Ratio.Mi ha insegnato tanto e si è preso cura della mia maturazione filosofica in anni fondamentali e delicati, da quando avevo 17 anni, in un serrato rapporto epistolare, soprattutto sui temi della logica aletica, del realismo metodico e del primum cognitum.
Mi ha garantito la libertà dal metodo moderno di fare filosofia e dalla morte del concettualismo.
Fino da ultimo ha combattuto la battaglia del pensiero e della fede, in una consapevolezza sempre più critica dell’egemonia neomodernista nella Chiesa.
Un uomo di altissima levatura intellettuale che mai si è risparmiato con me neanche sui temi (alti) della politica e che sempre mi ha invitato a rinforzare lo studio filosofico da mettere a servizio anche dell’azione.
Spesso ci accorgiamo che i sacerdoti danno la vita per noi quando l’hanno già data tutta e non si può in alcun modo più contraccambiare, rendendo così ancor più chiara la gratuità della loro amicizia e paternità ma più dolorosa la nostra povertà.”Non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
E Mons. Livi ha davvero dato la vita per i cristiani, come sacerdote, come filosofo e come teologo. Non c’è mai stato rispetto umano o carità pelosa che lo abbia trattenuto nell’amore per la verità. Non le mandava a dire nemmeno ai suoi amici, nemmeno allo stesso Benedetto XVI, di cui con grande rispetto metteva in luce i limiti teologici legati al metodo ermeneutico.
Poi, in tempi più bui, questa sua veracità (toscana e cristiana) l’ha pagata tutta.
Oggi mi strugge il dolore di quell’incontro a Roma che non riuscimmo ad avere e che io non ho più tentato, preso dalle cose inutili di questo mondo. Il nostro è rimasto un rapporto epistolare, per il quale grande è il mio debito, e che valuterò di pubblicare come lui mi aveva proposto di fare per la parte di contenuto filosofico. Ma l’unico modo che mi rimane per ringraziarlo adeguatamente – come non ho fatto – è fare di tutto per andare in Cielo ad incontrarlo.
La sintesi di tutto è quella che mi ha detto ieri un comune amico sacerdote, suo figlio spirituale: “Grande dolore umano, profonda gioia religiosa: vede Cristo”. Ad-Dio, padre Antonio!