di Roberto de Mattei
tratto da San Disma il buon Ladrone – radioromalibera.org
La liturgia latina della Chiesa ricorda il 25 marzo san Disma, il buon Ladrone, a cui Gesù disse sul Calvario: “Oggi sarai con me in Paradiso”. La scelta del 25 marzo non è casuale. Questa data non è solo quella dell’Annunciazione e dell’Incarnazione del Verbo ma secondo un’antica tradizione è anche il giorno in cui il Salvatore dell’Umanità consumò il suo supremo sacrificio. Il Vangelo ci dice che sul Calvario crocifissero Gesù con due Ladroni, mettendone uno alla sua destra e uno alla sua sinistra (Lc, 23, 39-42). Ne conosciamo il nome dai Vangeli apocrifi: Disma il buon Ladrone e Gisma, o Gesta il cattivo Ladrone.
La parola Ladrone non deve trarre in inganno. Il termine Latrones indicava i briganti da strada, non solo ladri, ma assassini e rapinatori, puniti di morte presso tutti i popoli dell’antichità. Per umiliare Gesù furono scelti i più scellerati tra i tanti che riempivano le prigioni di Pilato. Disma era un capo brigante, probabilmente egiziano, vissuto e invecchiato tra i delitti più gravi, tra i quali quello di fratricidio. Sulla sua croce era scritto: Hic est Dismas latronum Dux
La morte in croce era tra le più dolorose e il condannato soffriva terribilmente, sospeso a quattro chiodi. I due malfattori imprecavano tra gli spasimi, mentre Gesù sopportava i tormenti con pazienza inalterabile. Le sue prime parole sulla Croce furono di misericordia per i suoi carnefici: “Padre perdona loro perché non sanno quello che fanno” (Lc, 23, 24).
Entrambi i Ladroni ascoltarono queste parole, entrambi ricevettero la grazia sufficiente a riconoscere l’innocenza di Cristo, ma uno si convertì, l’altro continuò a bestemmiare. San Luca racconta che dei due ladri, appesi alla Croce accanto a Cristo, uno si beffava di lui dicendogli: “Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e anche noi!“. Ma l’altro lo rimproverava: “Neanche tu hai timore di Dio, benché condannato alla stessa pena? Noi giustamente siamo condannati alla Croce, perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male“. E aggiunse: “Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno”. Gesù gli rispose: “In verità io ti dico che oggi sarai con me in Paradiso” (Lc, 39-43).
Disma dunque insorge alle parole di oltraggio contro Gesù del suo compagno di rapine e lo corregge apertamente, in maniera severa, accusandolo di non capire che Gesù è innocente, mentre loro sono colpevoli e giustamente condannati. Il suo è un atto di pentimento, ma egli non si limita a riconoscere le proprie colpe, proclama l’innocenza di Cristo, dicendo: “Non ha fatto niente di male”. Lo proclama, quando tutto il mondo condanna Gesù e gli Apostoli tacciono. Disma rompe il silenzio, afferma pubblicamente la verità.
Per affermare l’innocenza di Gesù era sufficiente la luce della ragione, illuminata dalla grazia, per proclamarlo Dio era necessaria la grazia sfolgorante della fede. Dopo aver difeso Gesù contro il cattivo ladrone, Disma riceve la grazia della fede soprannaturale che esprime nelle parole: “Signore, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno“(Lc, 23, 42). Non era tra coloro che avevano seguito Gesù nella sua predicazione, nessun angelo glielo aveva suggerito. Non vedeva la Divinità di Cristo, ma un’umanità sfigurata dalle sofferenze. Eppure, pur vedendolo crocifisso, non dubitò che fosse Dio. San Roberto Bellarmino dice, “Chiama Signore uno che guarda nudo, ferito, sofferente, deriso e schernito pubblicamente, appeso con lui e afferma che dopo la morte andrà nel suo regno. Da ciò si comprende che egli non sognava un regno temporale di Cristo sulla terra, come aspettavano i Giudei, ma un regno eterno dopo la morte nel Cielo. Chi gli aveva insegnato misteri così alti? Nessuno certamente, se non lo spirito di verità” (Le Sette parole di Cristo, in Scritti spirituali, Morcelliana, Brescia 1997, pp. 556-557).
Gesù aveva detto: “Chi mi confesserà davanti agli uomini io lo confesserò ed onorerò dinnanzi al Padre Mio e ai suoi Angeli” (Mt, 10, 32). E mantiene la promessa. Disma otterrà la più preziosa delle ricompense.
La parola di Disma “Domine, memento mei, cum veneris in Regnum tuum” è una preghiera che va ripetuta con cuore umile e fiducioso. A questa preghiera Gesù risponde: “Amen dico tibi: hodie mecum eris in Paradiso”; “In verità io ti dico che oggi sarai con me in Paradiso”. E’ la seconda parola di Gesù in Croce. La parola Amen è quasi il giuramento di Cristo, che non dice a Disma, sarai con me in Paradiso nel giorno del Giudizio, e neppure tra qualche anno, mese o giorno, ma promette che quel giorno stesso si sarebbero aperte per lui le porte del Cielo.
“Oggi sarai con me in Paradiso”, sono le parole più angeliche e armoniose che possano risuonare ad un orecchio umano ed è per questo che tanti compositori, da Franz Joseph Haydn a Charles Gounod, a Théodor Dubois, le hanno messe in musica, con commoventi melodie che cantano la speranza della salvezza eterna (https://www.youtube.com/watch?v=P4OR4hVsqNM).
La ragione della conversione di Disma fu la grazia divina che ne inondò l’anima. I Padri attribuiscono la causa strumentale di questa conversione all’ombra che Cristo proiettava sul Ladrone, mentre pronunciava le sue prime parole in Croce. Il volto di Cristo, scrive mons. Jean-Joseph Gaume (1802-1879), era rivolto a Occidente, il sole era a mezzogiorno e l’ombra del Redentore si stese alla sua destra su Disma chiamando il buon Ladrone dal nulla del peccato alla vita della grazia (Storia del buon ladrone, Tip. Ranieri Guasti, Prato 1868, pp. 135-136). Ma se è vero che ogni grazia viene da Maria, come dubitare del ruolo primario della Madonna nella conversione di Disma? Ella si trovava in piedi, tra la Croce di Cristo e quella del buon Ladrone e pregò certamente per lui. Quando poi udì le parole di Disma ne ebbe un’immensa consolazione, perché queste parole proclamavano davanti al Cielo e alla terra le verità dell’innocenza del Figlio e della sua divinità. Nel Venerdì santo, nessuno, al di fuori di Disma, ebbe una fede simile a quella incrollabile di Maria.
Tre croci si innalzano sulla cima del Calvario. Alla destra l’umanità penitente che sta per salire in Cielo. Alla sinistra l’umanità impenitente che cade nell’inferno. Nel mezzo è l’Uomo-Dio Giudice supremo dei vivi e dei morti. Nel giorno del Giudizio, gli eletti saranno alla destra del divino giudice, ed alla sinistra i reprobi. Di due che staranno sul campo, dice il Vangelo, uno sarà preso e uno sarà lasciato (Lc, 17, 34). Il buon Ladrone è l’immagine degli eletti, il cattivo ladrone dei riprovati.
Tra gli straordinari miracoli che seguirono alla morte di Gesù ve ne fu uno impressionante, che san Matteo descrive con queste parole: “i sepolcri si aprirono e molti corpi di santi morti risuscitarono. E uscendo dai sepolcri, dopo la sua risurrezione, entrarono nella città santa e apparvero a molti” (Mt, 52-54). Profeti e Re di Israele furono tra coloro che apparvero per le vie di Gerusalemme convertendo alcuni, ma senza riuscire a scuotere l’incredulità dei molti. Quale stupore fu per gli abitanti della Città santa vedere tra questi risorti il vecchio brigante Disma proclamare la verità di Cristo, trasfigurato nell’anima e nel corpo. I risorti rimasero a Gerusalemme fino al momento dell’Ascensione quando Gesù li portò con sè in Cielo. La sentenza secondo cui i risorti del Calvario sono in Cielo anima e corpo è, secondo i teologi, la più sicura e tra questi risorti, bisogna annoverare san Disma, il buon Ladrone (Gaume, op. cit. pp. 278-288).
San Disma è il protettore dei peccatori che si trovano in punto di morte. Oggi il mondo oltraggia Cristo come il cattivo ladrone sul Calvario. Chiediamo al buon Ladrone di infondere il suo spirito penitente e fiducioso nell’Occidente che muore. La promessa di Fatima ha la stessa dolcezza delle seconde parole di Gesù in Croce. Il trionfo del Cuore Immacolato di Maria sarà il paradiso storico delle nazioni, cioè la restaurazione della civiltà cristiana che seguirà all’inferno storico del nostro tempo. (Roberto de Mattei)