di Cristina Siccardi
Tratto da Europa Cristiana
Amarezza, sdegno, dolore, smarrimento, angoscia… sono questi i sentimenti che si affastellano in migliaia e migliaia di fedeli in questi giorni, sia direttamente interessati sia indirettamente, di fronte alla decisione del vescovo di Novara, monsignor Franco Giulio Brambilla, di applicare in modo traumatico e cinico la lettera apostolica Traditionis Custodes del 16 luglio 2021, sospendendo il lecito e legittimo Rito tradizionale nella chiesa di Santa Caterina d’Alessandria di Vocogno e della cappella di San Biagio a Domodossola, entrambe nella Val d’Ossola, la bellissima valle dominata dal Monte Rosa, opera di Dio. Ed opera di Dio, miracolo quotidiano, è la Santa Messa, sublime mezzo d’Amore attraverso il quale Gesù Cristo ha scelto per stare con e in noi fino alla fine del mondo.
La questione della diocesi di Novara è diventata ormai un fatto mediatico, perché non si può rimanere in silenzio. Le catacombe dove si nascondevano i poveri e santi martiri sono finite da un pezzo, come pure le persecuzioni sovietiche ai danni della «Chiesa del silenzio»… e la circolazione delle informazioni oggi non è solo in tempo reale, ma è patrimonio del mondo intero, tenendo conto che la Chiesa (Sposa di Cristo e membra di Cristo) per prima è Universale, essendo cattolica fin dalla sua fondazione per volere del suo Capo, Cristo Re.
Il potere umano nella Chiesa utilizzato in questi termini offende i fedeli, ma anche l’Onnipotente, di cui i suoi figli sono a Sua immagine e somiglianza. Questa assurda persecuzione non rende certo onore all’episcopato novarese, anzi, da un lato sconcerta tutti e dall’altra scredita l’autorità ecclesiastica, che si distacca ostilmente dal credo dei fedeli, creando un’incredibile aporia.
Un esercito di persone, dunque di anime, si unisce strettamente alla giusta causa portata avanti con grande fede, zelo e amore da don Alberto Secci e don Stefano Coggiola. Sono i cari fedeli del loro numerosissimo gregge, che non sono presenti solo nella diocesi di Novara, non solo in Piemonte, non solo in Italia (per i pellegrinaggi annuali organizzati in questi anni in vista della V incoronazione – 2020 – della Madonna di Oropa sono partiti da tutta Italia e non solo), come dimostra la forte lettera che lo svedese Leif Sjöbacka, il quale ha abbracciato la fede cattolica proprio grazie alla Santa Messa della tradizione della Chiesa, indirizza a monsignor Brambilla e che viene pubblicata insieme ad altre toccanti e struggenti testimonianze in questo numero di «Europa Cristiana», fra cui le lettere dei bambini Milena e Marcello. Lacrime e sofferenza, come la signora Cinzia Ariola, che scrive al Vescovo: «Eccellenza Reverendissima, Le scrivo in uno stato di disperazione e sconforto al pensiero che tra pochi giorni la mia anima, quella di mio marito, delle mie figlie e di tutti i miei fratelli nella Fede che vengono a Vocogno, potrebbero essere private di tante Grazie che siamo sicuri vengano da Dio e non riusciamo a capirne il motivo. La Prego fin da subito di ritornare indietro sulla Sua decisione perché non ci credo che un uomo di Dio come Lei non si renda conto di cosa significhi questo per le nostre anime. Non avere più la guida di Don Alberto e Don Stefano che in questi anni hanno fatto un lavoro enorme per tutti e specialmente per i giovani (che sono seguiti come anche noi adulti anche con regolari incontri di dottrina)». Sono tutte lettere aperte per volontà dei protagonisti di questa mattanza ai danni di una legittima Santa Messa – che porta moltissimi frutti buoni nella vita di ciascuno, come dimostrano tutte queste realtà sparse nel mondo – e di chi l’amministra. L’inclusione è per tutti, l’accondiscendenza e il dialogo sono all’ordine del giorno, tranne per coloro che desiderano vivere secondo la tradizione.
A migliaia di fedeli sarà tolta per volontà del loro Vescovo, a partire dalla prima domenica di Avvento, ossia il 27 novembre, la Santa Messa liberalizzata il 7 luglio 2007 con il Motu proprio Summorum Pontificum, che li ha raccolti intorno ai loro pastori, don Alberto e don Stefano, sacerdoti di immensa fede e di totale abnegazione per Santa Madre Chiesa. Dopo 15 anni di un rito reso finalmente fruibile senza la paura di essere condannati e defenestrati, le persone non possono più farne a meno: la sfera religiosa è parte fondamentale di chi crede, la dimensione spirituale ha un rilievo più grande di quella materiale, non è possibile trascurarla, non è possibile soffocarla, sopprimerla, pestarla. I fedeli devono essere rispettati e tollerati nel voler continuare ad avere la Santa Messa che hanno finora avuto. Non può essere fatta discriminazione fra chi assiste alla Messa in Novus Ordo e chi assiste a quella in Vetus Ordo; non può esserci razzismo nei confronti della seconda perché non è nelle corde della Chiesa questo atteggiamento discriminatorio.
Non è possibile prima dare e poi togliere: non si scherza con le anime e non si scherza tanto meno con Gesù Cristo, Seconda Persona della Santissima Trinità. Sottrarre crudelmente i pastori che trasmettono la fede attraverso la Santa Messa è come rinnegare il Sommo Sacerdote, Nostro Signore Gesù, che ha istituito il Sacerdozio e la Comunione.
La Santa Messa non è un prodotto commerciale che oggi è sugli scaffali e domani non c’è più perché tolto dalla produzione… Nostro Signore pazienta, ma fino ad un certo punto… è misericordioso, ma fino ad un certo punto, perché Dio agisce secondo Giustizia e non secondo la “misericordia” di uomini di Chiesa che con le scarpe passano sopra ciò che è sacro. Il santo vescovo Carlo Borromeo ha perfettamente evidenziato il sacro valore di un’anima tanto che giunse ad affermare: «Un’anima è una diocesi abbastanza vasta per un vescovo»! Dunque, quanto peso ha la responsabilità episcopale su di un’anima? In più, bisogna considerare che si tratta di un carico più soprannaturale che terreno, anche perché ciò che è terreno è in scadenza e perisce, ciò che è soprannaturale è destinato all’eternità. Quale prezzo si dovrà pagare per un’anima trascurata? E per più anime?
Quando i vescovi non sono misericordiosi nel considerare la «dignità» e i «diritti» delle anime, la questione si fa molto, molto seria. Dare una casa ad esse e poi sottrargliela è un atto antiumano e tirannico. La Chiesa è Madre e non si possono abbandonare i propri figli nella fede, rendendoli orfani. Non si può uccidere la fede (la Santa Messa è il cuore della fede cattolica) dei propri figli, è compiere un crimine abortivo e la Chiesa non è stata chiamata ad esistere per abortire, ma per moltiplicarsi.
Mentre le chiese oggi si svuotano sempre più con percentuali impressionanti, la chiesa di Santa Caterina Caterina di Alessandria a Vocogno, nell’incantevole Val Vigezzo, come la cappella dell’Ospedale San Biagio a Domodossola, si sono riempite di anime di ogni età che hanno potuto essere alimentate dal Santo Sacrificio dell’altare, trovando certezze e sicurezze, conforto e balsamo, speranza e pace, fiducia e serenità nel Salvatore Immolato per ciascuno di noi. Tutte queste persone non possono, non vogliono, non devono lasciare i loro amati pastori, li difendono e li difenderanno perché insieme a loro difendono e difenderanno la Santa Messa che li ha maggiormente uniti a Nostro Signore. La Chiesa insegna a stare dalla parte dei poveri, ma non solo i poveri dal punto di vista economico… molto più i poveri in spirito: nelle Beatitudini Gesù Cristo non nomina i primi, bensì i secondi. Beati pauperes spiritu è la prima beatitudine rivelata da Nostro Signore nel decalogo pronunciato nel discorso della montagna: «Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli» (Mt. 5, 3).
Afferma la madre di famiglia Lorella di Lullo: «La reazione di noi fedeli è stata quella di scrivere a Sua Eccellenza chiedendo di rivedere le sue decisioni senza ricevere nessuna risposta». Non è forse tutto ciò un mendicare dell’anima?
I fedeli della chiesa di Santa Caterina di Vocogno e della Cappella di San Biagio sono proprio poveri in spirito, che mendicano dal loro Vescovo la “ricchezza” che era loro stata donata e che ora gli viene ingiustamente e brutalmente rubata.