di Don Francesco Ricossa
Il “Centro librario Sodalitium” ha deciso di ristampare “Storia sociale della Chiesa”, la principale opera di Mons. Umberto Benigni. Si tratta, per i nostri limitatissimi mezzi, di un impegno gravoso, di cui andiamo però orgogliosi, e che speriamo di riuscire a portare a termine con il contributo e l’aiuto dei nostri lettori. Cominciamo a pubblicare infatti, per il momento, il primo dei sette volumi che compongono l’opera di una vita di Mons. Benigni, ovvero del principale collaboratore di Papa San Pio X nella lotta contro il Modernismo. “Storia sociale della Chiesa” fu pubblicata dall’editore milanese Vallardi dalla fine del 1906, quando il giovane prelato entrò a far parte della Congregazione per gli affari ecclesiastici straordinari, fino al 1933, interrotta solo dalla morte dell’autore, a Roma, il 27 febbraio 1934. Alla fine del nostro lavoro di riedizione, contiamo di pubblicare, come allora, sette tomi, così strutturati:
vol. 1: La preparazione. Dagli inizi a Costantino. (Edizione del 1906)
vol. 2: Da Costantino alla caduta dell’Impero romano. Tomo I (1912) e Tomo II (1915).
vol. 3: La Crisi della società antica. Dalla caduta alla rinascita dell’Impero romano (1922)
vol. 4: L’Apogeo. Tomo I (1922), Tomo II (1930)
vol. 5: La crisi medievale (1933).
Nel piano dell’opera, l’Autore si proponeva di trattare di sette periodi della storia della Chiesa; non ha avuto modo, pertanto, di pubblicare due volumi, quelli relativi al sesto periodo (epoca moderna, periodo dell’Antico Regime, dalla Riforma alla Rivoluzione 1517-1789) e al settimo periodo (epoca moderna, periodo della Rivoluzione, dalla rivoluzione francese a oggi).
Si chiederà allora il lettore che senso abbia ripubblicare oggi, nel XXI secolo, un’opera iniziata più di un secolo fa, e per giunta incompiuta, attinente a una materia, la storia, che al contrario della teologia o della filosofia, scienze speculative, è calata nel contingente, e nel continuo approfondimento delle fonti.
Il fatto è che la “Storia sociale della Chiesa”, come tutte le grandi opere, è ancora attuale ai nostri giorni. L’attualità di questa opera non è dovuta al ruolo, pur importante, svolto da Mons. Benigni nel mondo accademico (tenne la cattedra di Storia ecclesiastica nel Collegio Urbano di Propaganda fide, nel Seminario Vaticano, nella Pontificia Accademia dei Nobili Ecclesiastici e nel Collegio Romano o Apollinare, che diverrà la Pontificia Università Lateranense, contando tra i suoi allievi dei Papi e numerosi cardinali, e persino il Buonaiuti): quanti illustri docenti di ieri sono oggi totalmente dimenticati! Alla cultura universitaria e accademica, il nostro autore poteva unire, cosa non comune, l’esperienza dell’uomo di governo (avendo lavorato in segreteria di Stato), la verve del giornalista, la fede del sacerdote, l’acume poliziesco del creatore della moderna intelligence vaticana, e chi più ne ha, più ne metta: quante personalità in un sol uomo…
Mons. Benigni si proponeva di contribuire, nel campo della storia ecclesiastica, alla realizzazione del programma del pontificato di san Pio X: “restaurare tutto in Cristo”, e questo particolarmente nello studiare quello che egli chiama l’ “Impero della Chiesa”, ovverosia l’influenza della Chiesa nella vita sociale dell’umana civiltà. La sua era allora – e lo resta ancor oggi – un’opera estremamente moderna, cosa (apparentemente) paradossale in un dichiarato antimodernista. Moderna nel proporre non un manuale di storia ecclesiastica, come ve n’erano tanti, ma una storia “sociale” della Chiesa: dal punto di vista cioè dell’influenza della Chiesa nella vita politica, etico-giuridica ed economica della società. Moderna, nell’accogliere pienamente il metodo critico nella storia anche ecclesiastica, sicuro che una sana critica storica non sarebbe mai stata contro la Chiesa e la verità, ma a suo favore (seguendo così la linea tracciata dal suo Vescovo a Perugia, Gioachino Pecci, divenuto Pontefice col nome di Leone XIII: un giovane Umberto Benigni, fin dal 1888, auspicò e perorò presso Mons. Foschi, Vescovo di Perugia, lo svecchiamento degli studi ecclesiastici). Moderna, infine, nello stile inimitabile, ironico e arguto, dell’autore. Emile Poulat, storico e biografo di Mons. Benigni, qualificherà la sua storiografia come “critica”, “sociale” e “realista” (Catholicisme, démocratie et socialisme, Casterman, 1977, p. 184). Benigni non esitò a servirsi nella sua analisi storica di tre coefficienti presi in prestito a un avversario dichiarato, e riconosciuto come tale, Hippolyte Taine: la razza, l’ambiente e il momento, rifiutando ovviamente il razionalismo e il determinismo dell’autore francese. Il realismo pessimista sulla natura dell’uomo di Mons. Benigni, l’opposto delle utopie di Rousseau, scandalizzò lo studente Ernesto Buonaiuti, futuro capofila del modernismo italiano, come racconta lui stesso nell’autobiografico “Pellegrino di Roma. La generazione dell’esodo”: “C’era del nerissimo pessimismo nella concezione ecclesiastica di questo prelato che la curia avrebbe chiamato alla Segreteria di Stato proprio nel fitto più scuro e tragico della crisi modernistica. C’era forse da sperare qualche cosa di buono dal progresso della società umana e dalla evoluzione degli spiriti? Ricordo come ora. Un giorno che dopo la lezione io accompagnai, come mi era divenuto consueto di fare, il Benigni verso la sua dimora, e prendendo lo spunto dall’argomento che egli aveva poco prima trattato dalla cattedra, lo sviluppo cioè della letteratura apologetica nel secondo secolo cristiano, mi ero permesso di osservare come fosse necessario riprendere i vecchi motivi dell’apologetica cristiana, di fronte a un mondo che nella divulgazione dei principi democratici si accingeva ad aprire una nuova, luminosa epoca nella storia della civiltà mediterranea. Il Benigni, fissandomi in viso con le sue pupille nerissime, in atto di sarcastico disdegno per i miei voli di speranza e di ottimismo, scandì, con la sua lieve balbuzie, questo tremendo aforisma: ‘Mio buon amico, credete proprio voi che gli uomini siano capaci di qualche cosa di bene nel mondo? La storia è un continuo e disperato conato di vomito, e per questa umanità non ci vuol altro che l’Inquisizione!’. Rimasi esterrefatto. (…) questo fosco e macabro verdetto del mio professore ecclesiastico mi avrebbe dovuto trattenere dal procedere ulteriormente sul sentiero che conduceva all’ordinazione sacerdotale e al sacrificio dell’altare…”. Così commentò le parole del suo professore il Buonaiuti, che avrebbe fatto meglio – per sé, per la Chiesa e per il mondo – a seguire quell’ispirazione rinunciando all’ordinazione. Eppure Benigni, che non credeva nell’uomo, credeva in Dio, e la sua storia sociale della Chiesa lascia al lettore la ferma – e anche entusiasmante – convinzione del bene immenso che la religione cristiana e la Chiesa Cattolica, con tutte le sue solide istituzioni, hanno portato non solo alle anime e alla vita sovrannaturale (il ‘Regno della Chiesa’) ma anche a tutta l’umana società (l’‘Impero della Chiesa’) e a una vera civiltà. Forte di questa convinzione, Umberto Benigni, da tanti giudicato arido e cinico, seppe lottare tutta la vita per il Regno sociale di Cristo e della Sua Chiesa, rinunciando per questo ideale, lui che idealista non era, ma realista, a ogni bene terreno, agli onori e alla fama, a ogni stima, a ogni prospettiva mondana e di carriera, non solo presso il mondo ostile alla Chiesa (va da sé) ma anche e soprattutto, dopo la fine del pontificato di San Pio X, nello stesso mondo ecclesiastico.
In mezzo a mille occupazioni e mille battaglie, Mons. Benigni non dimenticò mai questa sua opera storiografica che ne illustra ancor oggi la vita e il pensiero: pensiamo di fare omaggio a lui, nel pubblicarne le pagine, e di fornire a tutti coloro che ancor oggi, seguendone le orme e quelle di San Pio X, vogliono restaurare ogni cosa in Cristo, uno strumento efficace di lavoro e di riforma intellettuale.
Don Francesco Ricossa
U. Begnini, Storia Sociale della Chiesa. Vol. 1 La preparazione dagli inizi a Costantino
Centro librario Sodalitium, 2016, pagg. 454, euro 20,00