Tratto da Controrivoluzione
di Pucci Cipriani
“Ancora qualche settimana, e sarò commissario di pubblica sicurezza(…) sono affascinato dall’esperienza che può fare in polizia uno come me , che vuol vivere una vita profondamente, integralmente cristiana…un tempo il metro con cui si valutavano gli uomini era diverso. Si valutavano per ciò che erano, per ciò che rappresentavano, per la posizione e la stima di cui godevano, per il gradino che occupavano nella scala sociale, e così via. Oggi invece quello che conta è il successo, questa medaglia di basso conio che su una faccia porta stampato il denaro e sull’altra il sesso.
Se volessi intascare e magari spendere medaglie come questa non andrei in polizia, dove si resta poveri. Non andrei coltivando ideali di onestà e di purezza. Sono fatto in un certo modo, appartengo a un gruppo neanche tanto scarso di giovani che vuole andare controcorrente. Noi sentiamo forse più degli altri lo sfasamento, lo squilibrio, il turbamento, perché in ogni istante della giornata vediamo noi e vediamo gli altri, mettiamo noi stessi a confronto con gli altri; apparteniamo a due mondi che si scontrano, e perciò ci sentiamo in imbarazzo noi e si sentono in imbarazzo gli altri; in questo mondo neopagano il cristiano continua a dare scandalo , perché il fine che persegue, lo scopo che dà alla sua vita non coincide con quello dei più. Ecco il turbamento di cui parlavo: sentiamo di vivere, tutto sommato, in un mondo non nostro, che tende ad escluderci a sopprimerci (…) Fra i popoli nordici, che vengono additati a modello di civiltà e di democrazia, la situazione sociale dell’individuo è disastrosa, , come dimostrano le statistiche dei suicidi, e quelle belle case bianche e sterilizzate dove vengono chiusi i vecchi. Non ci sono più affetti, il nucleo familiare è disgregato, è lo Stato che pensa a tutto, all’assistenza, ai disoccupati, ai malati, ai figli delle ragazze madri. Forse pensa troppo. E così viene meno l’impegno individuale, e la gente fa fallimento (…) Il genitore deve fare il padre o la madre, quando vuole fare troppo l’amico o il fratello maggiore, sbaglia. Il figlio vuole avere un padre, cioè ben più di un amico. Vuole avere una guida che sappia pronunciare anche i suoi “no” , quando sono motivati.”
Venerabile Luigi Calabresi
Scrivendo questo articolo ( a cui ne seguiranno altri due) metto come un sigillo alla mia, ormai, non più breve vita : ricordo infatti i miei oltre cinquant’anni di battaglie e l’iter spedito con cui prende consistenza la “Beatificazione” del Venerabile Luigi e questa la considero la più bella dlle mie “vittorie”, un grande dono che il Signore ha voluto farci : un esempio che ci additi la via del cielo. Conviene giocare dunque a carte scoperte e, siccome sono un “povero peccatore”, a maggior ragione, porto ad esempio dei giovani d’oggi il Commissario Luigi Calabresi, una vittima del terrorismo rivoluzionario, un personaggio che si erge, in tutta la sua grandezza morale, in mezzo a un mondo alla deriva che aveva distrutto la società cristiana che – pur con i suoi limiti – è esistita fino agli anni Sessanta e che, con incredibile rapidità, scomparve dopo il Concilio Vaticano II (“Il vero Sessantotto della Chiesa è stato il Concilio Vaticano II” ebbe ad affermare il rosso cardinale Suanens) e la Rivoluzione del Sessantotto che non fu quella che, in un primo tempo, molti credettero, ovvero l’esplosione colorata dei capelloni e scioscioni vari, una rivoluzione da balera di terza categoria, una protesta di “piscialletto maleducati” (per dirla con il Generale Charle De Gaulle) o una protesta militante contro l’acqua, il sapone e il deodorante, ma una vera e propria rivoluzione, preparata e diretta – come tutte le rivoluzioni – da più o meno noti burattinai.
Vi fu una “contestazioine studentesca” contro la scuola, la figura dell’insegnante, la meritocrazia. Il vero “libretto rosso” della contestazione studentesca fu la “Lettera a una professoressa” di don Lorenzo Milani che contiene una impressionante carica di odio sociale; del resto :”Nella chiesa e nella società politica del tempo si erano affermate dottrine gnostiche (…il socialismo di Murri, il democraticismo di De Gasperi, ad esempio) don Milani ha semplicemente alimentato lo sviluppo di questo indirizzo di pensiero:il suo “radicalismo” infatti è liberalismo “avavanzato” non è “altro” ma la stessa cosa(Cfr. Daniele Mattiussi in “Instaurare” gennaio -aprile 2017);
La protesta operaia contro la potenza economica rappresentata dalla struttura della fabbrica e dalla figura del “padrone” (“padroni maiali -domani prosciutti” gridava la contestazione operaia);
La contestazione religiosa – nata dopo il Concilio – contro l’autorità della Chiesa, i vescovi, i parroci e la struttura “piramidale” della Santa Chiesa…abbiamo i “preti operai” (da notare le opere di un grande scrittore cattolico scomparso prematuramente : il Visconte Michel de Saint Pierre con “I Nuovi Preti” e “Collera Santa” le cui traduzioni in lingua italiana furono stampate dalle edizioni de “Il Borghese” nel 1965); si formarono allora le così dette “Comunità di base” come quella fiorentina dell’Isolotto capitanata dal prete rosso don Enzo Mazzi;
La Rivoluzione sessuale ovvero la “liberazione dell’uomo” facendo leva sugli istinti più bassi. Così scrive uno dei leader del Movimento Studentesco, Mauro Rostagno: “Vivevo con Renato Curcio e Mario Palmieri in una casa abbandonata…leggiamo Mao, Regis Debray, Che Guevara, la letteratura terzomondista…Le ragazze non amavano me ma il mio ruolo e la mia immagine…volevano scopare con il ruolo di capo e l’immagine della liberazione…di solito mi avvicinavo a un gruppo di donne, sceglievo e ne invitavo una a prendere un caffè, non dicevo “andiamo a scopare”.La cosa importante non era che ci scopassi ma che pubblicamente le dicessi andiamo io e te a prendere un caffè. Così scatenavo le altre contro di lei…” (Cfr. Aldo Cazzullo : “I ragazzi che volevano fare la rivoluzione”, Mondadori) e insieme alla “liberazione del sesso” – si formarono in quei tempi i primi gruppi omosex – la libera droga con i “provos” olandesi gli “Hippies, i figli dei fiori, gli iniziati della marijuana, gli esaltati psichedelici, la cultura underground, i seguaci di Leary, Ginsberg, Huxley per cui si “aprivano le botole segrete delle loro coscienze…e le droghe divenivano un mezzo per contestare”. In Italia Andrea Valcarenghi vuol “far capire al vecchio proletariato che la musica, l’erba, la comune…sono roba comunista…Noi dovremo diventare genitori che dovranno sentirsi in grado di prendere l’acido con i propri figli” E con Valcarenghi, seppur a livelli diversi, sono da citare anche anche : Francesco Cardella, Margherita Boniver, Franco Battiato, Giorgio Pietrostefani, Lidia Ravera, Domenico Contestabile, Marco Pannella…e poi i leader che si rifacevano a Kerouuac come Capanna e Cafiero;
La Guerriglia urbana : il sabato, ad esempio, a Milano, si viveva in uno stato di guerra a cominciare dal saccheggio dei negozi; la guerriglia contro l’ordine pubblico incarnato dalle figure del carabiniere e del poliziotto : “Uno – cento – mille Annarumma” grideranno in piazza, nella guerriglia contro la “celere”, le giovani canaglie sessantottine, alludendo all’agente di PS Antonio Annarumma ucciso a Milano negli scontri con i “contestatori”; “Uno – cento – mille Ramelli, con la sbarra tra i capelli” era il grido di battaglia dei Katanghesi che ricordavano il ragazzo missino assassinato a sprangate per il torto di avere condannato, in un tema – poi affisso alla bacheca della scuola – le violenze dei gruppettari. Infine il grido rivolto contro ragazzi del Battaglione Mobile dei Carabinieri (che portano il basco nero) : “Camerata, basco nero, il tuo posto è al cimitero”….Furono i tempi in cui si invitava anche i militari alla disobbedienza e, anche qui, il testo della contestazione fu il libello milaniano : “L’Obbedienza non è più una virtù”
La Rivoluzione contro l’istituzione della famiglia, ovvero l’uccisione del padre( che era stata preceduta, nella Rivoluzione francese, dal regicidio ovvero dall’uccisione del Re) che, porterà, poi, anche all’uccisione del figlio…la rottura con le strutture familiari, con il passato, con i “vecchi”: Il primo duro colpo alla famiglia fu dato, nel 1974, con l’introduzione, in Italia, della legge Baslini – Fortuna, sul divorzio…e si sono puntualmente avverate le previsioni di chi considerava lo stesso divorzio come il primo anello di una lunga catena. Ho qui sotto gli occhi una locandina del 1969 che annunzia una conferenza del sottoscritto, insieme a don Luigi Stefani, all’Avvocato Domenico Polito e alla dott.ssa Elvira Dupuis, dal titolo : “Divorzio, aborto, droga, pornografia, eutanasia : anelli di una stessa catena” . Ci accusarono, allora, di fare del “terrorismo culturale” e invece avevamo previsto quella che, oggi, è una vera e propria mutazione antropologica.
Il cantante rock (e con il rock avemmo anche una rivoluzione nel campo musicale) John Lennon, nella sua celeberrima canzone “Imagine”, esortava i giovani a realizzare un mondo senza proprietà privata, senza eserciti, senza Stato, senza Chiese.
Ci si rifaceva all’antica eresia dei Catari : l’uguaglianza sincretistica di tutte le religioni,la soppressione della famiglia e della proprietà privata e quindi la comunione delle donne e dei beni; la condanna della procreazione vista come il perpetuarsi dell’opera di un dio cattivo (aborto ed eutanasia) ammissione dei riti orgiastigi e della sodomia, dell’incesto del “libero amore”.
“Tappe significative di questo processo millenario sfociato nella ribellione di massa del Sessantotto, sono, per sommissimi capi: l’Utopia di Tommaso Moro, in cui si propongono l’abolizione della proprietà privata , l’eutansia, il divorzio, la libertà di religione, e quindi di morale, ben diversa dalla “tolleranza religiosa”; l’utopica “Città del Sole” di Tommaso Campanella, caratterizzata da comunione di beni, di donne, di figli e dal sincretismo religioso; quasi due secoli dopo il comunismo di donne e di beni, la liceità oltre che dell’adulterio, anche dell’incesto teorizzata da Diderot, dai rousseauiani Morelly e Dechamps, che insistono particolarmente sulla abolizione della morale e del concetto stesso di colpa; i falansteri di Fourier , dove la proprietà privata e la famiglia sono abolite e la prostituzione legittimata e lodata;la comunità di beni e di donne proposta da Marx nel manifesto del 1848; L’oltreuomo di Nietszche “al di là del bene e del male” , e cioè svincolato da ogni legge , da ogni comandamento; il tentativo di Freud e dei suoi epigoni Reich e Marcuse…, di liberare l’uomo dal senso del peccato …(Cfr Francesco Agnoli e Pucci Cipriani in “1968” con prefazione di Riccardo Mazzoni, Ed. Fede e Cultura – Verona 2008)
Ecco, in mezzo a questa società in decomposizione, guidata da politici pronti al compromesso, privi di “idee forti” e di coraggio,atei conclamati o cattolici all’acqua di rose, imbevuti di modernismo e adepti della setta democristiana, pronti a ogni calabrachismo, il Commissario Luigi Calabresi prende servizio presso la questura di Milano e lascia Roma dove aveva vissuto e aveva portato a termine i suoi studi universitari. C’è un episodio commuovente : l’ Università era, il più delle volte, occupata, i “contestatori” bivaccavano al suo interno e mettevano in pratica quel “libero amore” (Uomo donna, uomo- uomo, donna -. donna) portato sugli scudi dai teorici sessantottardi: molti studenti cattolici (non democristiani) amanti dell’ordine non possono passare; tra questi c’è Duilio Marchesini che frequenta la facoltà di lettere; quando va a lezione ( o tenta di andarci) o a fare un esame trascina dietro di se’ la zia, ha l’alzeimer e quando incontra l’amico Luigi Calabresi gli dice : “Lo vedi com’è ridotta? Mi ha cresciuto non posso lasciarla sola..” Calabresi è venuto per una breve licenza a Roma ed ha appena riscosso il suo primo stipendio, estrae dalla tasca interna una busta e, con il solito suo garbo e con quella sua gentile delicatezza, la consegna a Duilio : “Tieni, è il mio primo stipendio è per lei…avevo già deciso così…” Duilio cerca di tergiversare “ma no..non te ne privare…” Ma Luigi se n’è già andato, sorridente e raggiante : anche oggi ha fatto la sua opera di carità. Il Commissario Luigi Calabresi era anche questo….
Mi disse l’amico Valerio Riva, già Direttore della Feltrinelli, Biografo ufficiale di Fidel Castro : “Vedi, Pucci, Calabresi aveva un fiuto eccezionale…aveva capito subito la pista da seguire per la morte di Feltrinelli e aveva capito bene anche da dove venivano le “bombe”….” Lui doveva seguire i gruppi extraparlamentari di sinistra e gli anarchici : indaga sulle bombe del 25 aprile del 1969 e quindici personaggi della sinistra extraparlamentare vengono messi in carcere per sette mesi…ma scarcerati, poi, per cavilli giuridici, ovvero “per mancanza di indizi”; sempre nel 1969 sottrae all’ira della folla Mario Capanna, il caporione delle squadracce del Movimento Studentesco, che, provocatoriamente passò davanti al feretro dell’agente Antonio Annarumma caduto negli scontri con i “bravi ragazzi sessantottini”…e con la testa spaccata in due da un tubolare di ferro. Fu il “cattivo” commissario che evitò un linciaggio al provocatore meschino.
Il 12 dicembre 1979 scoppia la bomba in piazza Fontana, alla Banca dell’Agricoltura..Viene arrestato l’anarchico Valpreda e i sospetti cadono proprio sul gruppo di anarchici : Calabresi conosceva bene Giuseppe Pinelli, il ferroviere, si scambiavano libri, molte volte prendevano, insieme, il caffè…non lo fa trasportare in questura ma lo “invita” e, poi, lo interroga. Pinelli viene trattenuto in questura, quando Calabresi è, con il questore nell’altra stanza, Pinelli, accanto a una finestra, precipita di sotto…solo dopo tanto tempo il Giudice Gerardo D’Ambrosio, che poi diverrà senatore del PCI, emetterà una sentenza assolutamente assolutoria per Calabresi : La morte fu “accidentale” probabilmente dovuta a un “malore attivo”…e oltre tutto fu acceratato che in quel momento il Commissario non era neppure in quella stanza.
“Gigi” Calabresi fece querela per un articolo demenziale di Lotta Continua in cui si accusava di essere un agente della CIA – Calabresi non si era mai recato in USA – al soldo del Generale Edwuin Walker, uomo di Barry Goldwater.
E la risposta di Lotta Continua non si fece attendere : nel numero del 14 maggio 1970 si poteva leggere :”Gli assassini di Pinelli escono allo scoperto -la querela del Commissario Finestra contro Lotta Continua- Calabresi sei tu l’accusato (…)dell’assassionio di Pinelli abbimo detto a chiare lettere che il proletariato sa chi sono i responsabili e saprà fare vendetta delle sua morte”
Il primo ottobre 1970 appare, sempre su LC, una vera e propria sentenza di morte con il titolo. ; Pinelli un rivoluzionario – Calabresi un assassino, in cui si affermava :”Siamo stati troppo teneri con il commissario di PS Luigi Calabresi. Egli si permette di continuare a vivere tranquillamente, di continuare a fare il suo mestiere di poliziotto , di continuare a perseguitare i compagni…E il proletariato ha già emesso la sua sentenza : Calabresi è responsabile dell’assassinio di Pinelli (…) E’ per questo motivo che nessuno, e tantomeno Calabresi può credere che quanto diciamo siano velleitarie minacce(…)Quando gli sfruttati rompono le catene dell’ideologia borghese la forza dell’esempio diventa dirompente; i proletari di Trento hanno già rifiutato la legalità borghese per assumere quella rivoluzionaria, hanno compiuto il primo processo e la prima esecuzione.L’imputato e vittima del secondo è già stato designato : un Commissario aggiunto di PS, torturatore e assassino : Luigi Calabresi”
Se questa di Lotta Continua non è una sentenza di morte….
Ma poi c’è la stampa, la grande stampa, l’editoria, la televisione…tutta gente, ieri come oggi, esperta nel leccaculismo…ieri come allora i “media” erano dalla parte della canaglia, contro le Forze dell’Ordine, a favore dei delinquenti, in nome della “tolleranza”, della “resistenza”, del “progresso” e anche quando dalla rivoluzione sessantottarda nasceranno le Brigate Rosse, il terrorismo e gli “anni di piombo” tutti continueranno, seppur ambiguamente, a stare dalla parte della “rivoluzione” contro lo Stato e la “società capitalistica”…e le brigate rosse per la televisione saranno “sedicenti” per altri, addirittura, saranno “nere”.
Ed eccoli i Quisling, i così detti “intellettuali” in servizio prmanente effettivo : Camilla Cederna che, contro Luigi Calabresi, intraprese una campagna di linciaggio micidiale scrisse un libro: “Pinelli : una finestra sulla strage” dove si legge : “…si vede Calabresi che ammicca dietro il davanzale di una finestra mentre il Pinelli precipita, oppure mentre da’ la spinta fatale a un uomo in bilico…”
Dario Fo, l’ex repubblichino, ora convertitosi al comunismo, scrive una “Pièce” teatrale che avrà grande successo tra la borghesia radical -chic : “Morte accidentale di un anarchico” in cui il povero Commissario Calabresi diviene il “dottor Cavalcioni”; il commento del quotidiano cattolico(si fa per dire!) “Avvenire” superò in cialtroneria le sbrodolate di Dario Fo e fu degno di quel cattolicesimo neomodernista che, con gli anni, si trasformò in “cattocomunismo” : “All’autore – attore tutto il consenso che gli è dovuto”. Ecco la viltà di questi invertebrati, veri pesci rossi dell’acquasantiera.
Ricorda con commozione lo storico Luciano Garibaldi, uno dei pochi giornalisti italiani che combatté realmente la camaglia sessantottarda di quanto, una volta, gli raccontò “Gigi” Calabresi al venerabile Commissario Calabresi : “Camminavo per strada con mio figlio per mano, c’erano scritte sui muri :”Calabresi boia”, “Calabresi assassino”, …meno male che lui non sapeva ancora leggere”
Ma la vera e definitiva condanna a morte o meglio il “placet” alla condanna già scritta dai delinquenti di Lotta Continua lo misero gli ottocento rappresentanti della cultura (della morte!) italiana, gente che in tutti questi anni – ne son trascorsi quarantacinque – non hanno avuto il pudore di rinnegare quel documento al quale apposero la loro firma e che, senza esitazione additarono nel Commisario Calabresi colui che “porta la responsabilità della sua fine”” (quella di Pinelli n.p.c.) Ma non si fermarono qui questi intellettuali dei miei stivali, questi cirlatani arroganti…andarono oltre e misero Luigi Calabresi nel novero dei “Commisari torturatori” e chiedevano, quindi “l’allontanamento dai loro uffici” affermando di e di “non riconoscere in loro qualsiasi rappresentanza della legge e dello Stato”
Ma eccolo qualche nome di quei signori che si ersero a giudici di un innocente, di un padre di famiglia, di un onesto e solerte servitore dello Stato, di un uomo integerrimo. Eccoli i nomi di questi “signori” che non hanno mai reso conto, ai giudici terreni, di quella loro sentenza di morte, di quel loro comportamento osceno, di quella loro complicità netta con gli assassini, ma che dovranno,render conto, un giorno, a un Tribunale , di fronte al quale ciascuno di noi comparirà. Eccoli alcuni degli “ottocento” che misero il sigillo alla condanna a morte del venerabile Luigi : Norberto Bobbio, Lucio Villari, Federico Fellini, Mario Soldati, Cesare Zavattini, Liliana Cavani, Giuliano Montaldo, Bernardo Bertolucci, Carlo Lizzani, i fratelli Taviani, Gillo Pontecorvo Duccio Tessari, Marco Bellocchio, Salvatore Samperi, Nanni Loy, Folco Quilici, Giovanni Raboni, Renato Gottuso, Carlo Levi, Emilio Vedova, Inge Feltrinelli, Vito Laterza, Giulio Einaudi, Paolo Spriano, Franco Antonicelli, Luigi Nono, Gae Aulenti, Giò Pomodoro, Margherita Hack, Paolo Portoghesi, Alberto Moravia,Umberto Eco, Domenico Porzio, Dacia Maraini,Alberto Bevilacqua, Franco Fortini,Enzo Enriques Agnoletti, Natalino Sapegno, Primo Levi, Pier Carniti, Toni Negri, Franco Basaglia, Paola Pitagora, Eugenio Scalfari (il fondatore del quotidiano “Repubblica” ora diretto – e mi viene il vomito a scriverlo – da Mario Calabresi, figlio del Commissario Martire!)Camilla Cederna, Andrea Barbato, Vittorio Gorresio, Giorgio Saviane,Giorgio Bocca…e mi fermo qui perché evocando certa gente mi vine il voltastomaco!
Ormai è tutto pronto, tutto approvato,
“Signora vada a casa, c’è confusione in giro, hanno ammazzato un Commissario di PS” dissero alla Signora Gemma Capra in Calabresi e lei capì e scoppio’ in lacrime mentre portava a casa i bambini che erano, con lei, a giocare in un giardinetto.
Erano le 9,15 del 17 maggio 1972 , quando un “commando” freddò, con un colpo di pistola alle spalle, il Commissario Calabresi che si stava recando in ufficio, al lavoro, presso la Questura.e Lotta Continua poteva festeggiare annunciando il giorno dopo a tutta pagina:
L’UCCISIONE DI CALABRESI : UN ATTO IN CUI GLI SFRUTTATI RICONOSCONO LA PROPRIA VOLONTA’ DI GIUSTIZIA.
Enzo Tortora lo ricorda così:
“Non l’ho mai visto una volta reagire. Se aveva un’amarezza, comune del resto a tanti funzionari di poolizia che sono lasciati al centro dell’uragano senza un cenno di solidarietà, era quella di vedere l’odio che trionfa sempre sul diritto, Il gangsterismo truccato da politica , che ha sempre la meglio sulla democrazia.(…)Avremmo dovuto vederci, una di queste sere, con altri colleghi, qui sul mio taccuino c’è scritto “Dopodomani, Calabresi”. Invece non c’è più. Guardo l’ultimo libro che mi ha prestato. Ogni tanto aveva in mente di cambiare le mie idee, che in fatto di fede non erano e non sono esattamente le sue.
E’ un libro che parla di un uomo che, nel deserto, colloquia con se stesso. “Vedrai”, mi dice qualche volta sorridendo , ma con garbo, un pudore che commuovevano infinitamente: “Vedrai che un giorno o l’altro ti capita di incontrarlo, Iddio”
Stamane lo ha forse incontrato, lui. L’ho visto poco fa, Luigi Calabresi. Ha le mani in croce. E’ così sereno come sempre”.
Pucci Cipriani