Tratto da UnaVox
di Don Louis-Marie Carlhian, FSSPX
Le idee dei filosofi del XVIII secolo costituiscono l’ossatura della modernità. Noi abbiamo imparato a scuola che esse hanno fatto entrare l’umanità in un’era di progresso fantastico; che esse hanno liberato la ragione umana dalla cappa di piombo della religione; che esse ci hanno fatto passare dalle tenebre alla luce. Lo strumento politico dell’Illuminismo, la Rivoluzione, ha capovolto l’ordine stabilito per sostituirlo con la modernità.
Curiosamente, la vittoria della ragione sui dogmi è diventata una sorta di super-dogma.
Così, Macron, partigiano del progresso, ha dichiarato davanti al Congresso: «Io credo a questo spirito dell’Illuminismo, che fa sì che alla fine il nostro obiettivo è l’autonomia dell’uomo libero» (1).
Poiché il progressismo ama rimettere in discussione le certezze ricevute, perché non interrogarsi a sua volta sul suo preteso successo? E’ questo lo scopo del libro di Michel Geoffroy: proporre una critica razionale dell’Illuminismo.
Michel Geoffroy, Le crépuscule des Lumières, Via Romana, 2020. Pp. 307, € 14,00.
Reperibile nella versione francese su Amazon
https://www.amazon.fr/crépuscule-Lumières-Michel-Geoffroy/dp/2372711903
«Oggi, l’Illuminismo non fa più sognare: anzi provoca crescente indifferenza o addirittura avversione» (p. 12). Perché? Non che abbia fallito, anzi, ma perché c’è riuscito troppo bene. E perché oggi noi ne vediamo le conseguenze logiche: «Quasi a illustrare il crepuscolo del ciclo aperto nel Settecento, il nuovo Illuminismo del XXI secolo porta sinistramente all’estensione del «diritto» alla morte: la morte dei nascituri, l’eutanasia per gli anziani, la morte «autodeterminata» per gli Europei che restano» (p. 12).
I segni del declino appaiono sempre più numerosi e preoccupanti.
Innanzi tutto, l’Illuminismo si definisce come un’ideologia di battaglia, come rigetto delle tenebre del mondo di prima del Rinascimento. Lungi dall’essere basata su principi inconfutabili, questa ideologia si basa infatti su postulati filosofici che l’autore riassume in poche pagine e che nessuno oggi oserebbe mettere in discussione. Ma il processo rivoluzionario, per funzionare, ha bisogno di un’opposizione che il successo stesso della modernità ha puramente e semplicemente estirpato. L’avversario del progresso, il famoso «reazionario», è screditato in anticipo, eretico dei tempi moderni. Come può andare avanti la rivoluzione se non ha più niente da rivoluzionare?
Ma questa vittoria apparente lascia posto alla critica. Da una parte, l’eredità occidentale è ben più vasta delle sole idee nuove del XVIII secolo. Se queste hanno potuto imporsi in tutto il pianeta è perché si sono appoggiate su una civiltà preesistente di cui l’Illuminismo è solo una parte. La leggenda nera dell’Ancien Régime si basa su dei pregiudizi e delle calunnie: «L’Europa non ha aspettato l’Illuminismo per scoprire la democrazia elettiva, la libertà personale, la sovranità, la saggezza (la philo sofia, l’amore per la saggezza e la ricerca della verità) o la curiosità scientifica» (p. 53).
In più, la nostra epoca attraversa una grave crisi di fiducia nel sistema democratico, che tuttavia è il solo compatibile con la modernità politica. Si assiste ad uno scontro tra élite benestanti e classi lavoratrici attratte dagli «estremi» – le recenti elezioni presidenziali ne sono un esempio. Si è creato un divario tra la pretesa democratica di incarnare la “volontà generale” e il sentimento di impotenza dei cittadini di fronte alla politica. L’intrusione dei giudici nel campo esecutivo, il principio di non discriminazione verso le minoranze che limita l’influenza della maggioranza, l’onnipresenza dello Stato basata su tecnologie di controllo sempre più invadenti, il potere dei media, il crescente divario tra élite globalizzate e professioni sempre più precarie viene affrontato con esempi molto recenti e ben documentati.
E’ giocoforza constare che la modernità non ha mantenuto le sue promesse, in particolare quella di stabilire la pace e l’armonia tra i cittadini. La rivoluzione ha potuto prendere piede in molti paesi solo attraverso la violenza e la violenza sta guadagnando terreno nella maggior parte delle democrazie occidentali. L’Illuminismo, infatti, fa basare l’unità del corpo sociale sulla volontà individuale e non più su principi collettivi. Questi sono costantemente criticati dalle minoranze etniche, sociali e persino sessuali. La sostituzione della moralità con un sistema di “valori” fluttuanti distrugge il comune sentimento del bene e del male, invertendo spesso i poli. Ciò che un tempo era sacro diventa sospetto, persino nocivo: da qui il “diritto alla blasfemia” rivendicato in diversi casi recenti. Lungi dal reprimere il fanatismo, la modernità esige la sua esclusività proclamandosi “campo del Bene”, immediatamente autorizzata ad utilizzare i mezzi che rifiuta al “campo del Male”, cioè i controrivoluzionari. Pensiamo ovviamente al martirio della Vandea, ma anche ai climato-scettici, agli antivax, ai populisti di ogni tipo ai quali a malapena si concede la qualità di esseri umani…
Il problema è il contraccolpo di questa violenza sistemica. Anche i Diritti dell’Uomo devono far fronte alle rivendicazioni dei non occidentali, il che relativizza seriamente la loro universalità… A forza di “decostruire” tutte le certezze, la modernità non può impedire la messa in discussione dei propri principi. Anche la fede nel progresso e nella scienza ha sofferto gravemente dell’impotenza della medicina di fronte a un semplice virus… In Francia, la generazione del maggio 68 è accusata di aver lasciato ai propri figli un Paese culturalmente e socialmente impoverito. I risentimenti si accumulano, il progressismo sembra in panne, si moltiplicano i pensatori del declino che annunciano la fine della nostra civiltà…
L’ultimo capitolo si sforza di indicare dei percorsi per una ricostruzione della società: rifiutare lìidea di un progresso fatale, combattere l’individualismo e il multiculturalismo, rinunciare a cercare di costruire da zero una società ideale, aderire a un paradigma dell’identità che inizia a farsi strada, regolare il distruttivo liberalismo economico delle nazioni e degli individui. Geoffroy raccomanda di “ristabilire la democrazia”, il che non sfuggirà al rimprovero del populismo…
La sua conclusione apre prospettive più ampie. Le sue osservazioni rimangono una critica puramente naturale, e non si estendono al materialismo fondamentale dell’Illuminismo; egli conclude dichiarando che, per uscire dalla tirannia della ragione umana, sarà necessario restituire il suo posto al sacro, al mistero, a una “fede collettiva” capace di ristabilire l’unione dei cittadini.
Il lettore cattolico sa che solo Cristo Re può svolgere questo ruolo.
NOTA
1 – A Versailles, il 3 luglio 2017. Citazione a p. 19.