di Gildo della Querce
A proposito della coppia Salvin-Verdini
Questo stilo con cui rendiamo in boutade le amenità di taluno o di talaltro, in questa fine di inverno pandemico, è costretto a consumarsi, dal momento che, forse per lo sbocciare in nuce della primavera, i pollini solfurei hanno confuso le menti di più d’uno. Non sembra infatti di rompere un salutare e austero digiuno, anche di inutili parole, postillando le uscite di coloro dai quali ci saremmo volentieri astenuti. E non solo per quaranta giorni.
Sta di fatto che è di qualche giorno fa l’intervista a Monna Verdin-Salvini, “produttrice cinematografica” (ça disent), nella quale la nubenda ha dichiarato: «Sono da sempre favorevole all’eutanasia: credo la vita sia nostra e che decidere di non essere condannati a soffrire per sempre sia un diritto. È compito dello Stato riconoscerlo e far sì che sia di tutti».
Orbene, ci spieghi l’imberbe cineasta se questa vita così “nostra” ella se la sia data da sé, pianificando quando, dove e come nascere, di talché ella potrebbe parimenti deliberare come, dove e quando porvi fine; anzi, ella richiede a gran voce, ciò dovrebbe accadere con l’aiuto e l’auspicio di uno Stato, che si è speso per farla permanere in salute, per istruirla, per concederle giorni di pace, e così via, ma che nulla potrebbe dinnanzi alla volontà del singolo sulla “propria” vita. Il pretesto è sempre lo stesso, ovviamente, e non potremmo aspettarci diversamente dalla signorina: prendere un caso limite, elevarlo a fattispecie generale ed ordinaria e, con mezzucci pietistici e sentimentali, evocare una (im)pietas tale da porre fine a indicibili sofferenze, destinate a durare “per sempre”.
Tutto ciò non avrebbe neppure il bisogno di essere rimenzionato da questa povera penna, grazie anche allo storico responso della Corte Costituzionale alla recente proposta di referendum sull’omicidio del consenziente (sic), non fosse altro che my lady è l’attuale concubina del segretario del partito di maggioranza relativa del centrodestra in Parlamento. Tra compare e “suocero”, auguriamoci che il segretario leghista non si lasci troppo influenzare, a meno che non aspiri anch’egli a folti carichi di arance al Pian de’ Giullari.