(in video l’ex Magistrato Edoardo Vitale, Direttore de L’Alfiere e Presidente di Sud e Civiltà)
17 marzo 2021: 160 anni da quella che chiamate unità d’Italia e che fu invece l’occupazione coloniale del Sud. Ma che cosa festeggiate? L’Italia affoga nelle sabbie mobili della crisi e voi festeggiate? Capisco che da allora parecchi di voi ci hanno guadagnato, ma voi non vi sentite nemmeno italiani, parlate quella specie di inglese burino che mettete perfino nelle leggi e avete consegnato il paese a gruppi di speculatori senza scrupoli! Festeggiate la conquista del sud con la banda coloniale che suona la stessa musica da 160 anni.
L’Italia è più disunita che mai.
Quanto al Sud, poi…
Già prima di questa crisi del virus era in agonia e avete costretto i nostri giovani a emigrare per servire i ricchi del mondo. Adesso lo avete spolpato fino all’osso. La gente non ha più i soldi per curarsi e molti sono alla fame.
E voi festeggiate! E lo fate senza rispetto. Negate con arroganza le ragioni dei vinti facendo tornare indietro di un secolo e mezzo la ricerca storica. Riproponete certe favolette zuccherose che danno la nausea e offendono l’intelligenza della gente. L’unità fatta con la violenza fu per noi l’inizio di una catastrofe.
Ci volevano civilizzare. Ecco qualche esempio della civiltà che ci portarono:
– tanto per gradire il furto di tutto il denaro dello stato, fatto da Garibaldi e dalla sua corte dei miracoli, come scrive lo stesso Vittorio Emanuele a Cavour.
– poi fanno stragi di civili e bruciano paesi: citiamo soltanto Casalduni, incendiato, e Pontelandolfo, dove bruciarono e fecero strage di persone inermi. Ce lo raccontano le stesse fonti sabaude, gli atti parlamentari. Ma voi cercate di negarlo. Eppure perfino il vostro Carmine Pinto riconosce che “i dati disponibili parlano di meno di una quindicina di vittime tra i civili”, però non esclude altri morti non registrati. Allora si metta d’accordo col suo maestro Barbero, secondo cui la burocrazia sabauda, come quella nazista, registrava tutto. Ma non solo, anche Auletta, nell’attuale parco del Cilento, dove non c’erano uccisioni da vendicare, ebbe un trattamento speciale: i rapporti piemontesi parlano di 60 fucilati inermi più molti altri presi con le armi. Ad Auletta furono mandati i mercenari ungheresi, famosi per la loro ferocia.
– A Pietrarsa, tra Napoli e Portici, fanno sparare dai soldati sugli operai in sciopero, facendo una strage.
– Arrestano per brigantaggio bambini di 7 e 11 anni. Caspita, e dicevano che i selvaggi eravamo noi. E di esempi simili ce ne sono tanti!
– Massacrano la guerrigliera delle Due Sicilie Michelina Di Cesare, non ancora ventisettenne, incinta di quattro mesi, e la spogliano, non si sa se prima o dopo averla ammazzata, ma questo i registri sabaudi non ce lo dicono, vero, professor Barbero?
– Fotografano i nostri guerriglieri da morti tenendoli per i capelli, come trofei di caccia da mostrare nei salotti liberali
– Deportano, cioè rapiscono senza processo molte migliaia di innocenti, comprese mamme coi bambini, per il solo fatto di essere amici o parenti dei guerriglieri, e quelli capaci di lavorare ai lavori forzati. Lo sappiamo grazie al lavoro di storici coraggiosi.
– Arruolano bambini poveri del sud da 7 a 10 anni per educarli alla disciplina militare e all’uso delle armi.
E mi fermo qua.
Voi volete che il Sud festeggi la vittoria ottenuta sul sangue del nostro popolo, quando ancora tenete esposte in quel museo dell’orrore a Torino le teste dei nostri contadini e dei nostri combattenti, anziché dare loro cristiana sepoltura. È uno scherzo che non fa ridere.
Lo stesso Garibaldi disse nella sua lettera del 7 luglio 1868 che «le popolazioni maledicevano quelli che le avevano gettate nelle braccia di un dispotismo più schifoso e degradante di quello di prima, che almeno non li faceva morire di fame» e che lui «non sarebbe tornato al Sud temendo d’essere preso a sassate». Perfino Garibaldi, quindi, pensava che non ci fosse niente da festeggiare. Del resto il fallimento della vostra impresa è sotto gli occhi di tutti. Dalla violenza non nasce niente di buono. Noi non conosciamo l’odio, la nostra è la civiltà dell’amore, ma pretendiamo rispetto. E ricordiamo con fierezza i nostri caduti che voi vorreste fare dimenticare. Rassegnatevi, il popolo li ama.