«Ci ha lasciati il nostro caro MIRKO C*** di anni 45. Lo annunciano don dolore il marito DAVIDE, i fratelli, le sorelle, i suoceri, cognati, cognate, i nipoti, pronipoti amici e parenti tutti» (per rispetto della riservatezza delle persone coinvolte, abbiamo deciso di celare alcuni dati).Inizialmente abbiamo pensato ad un errore redazionale sfuggito al correttore di bozze o ad uno scherzo ai danni dell’Eco di Bergamo, a distanza di trentaquattro anni dalla clamorosa e ben più famosa beffa che fece il giro del mondo (QUI), ed invece abbiamo appurato che l’annuncio pubblicato sul giornale edito dalla Curia orobica è autentico, come purtroppo le tante notizie di cui abbiamo ampiamente dato conto negli ultimi tempi (QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI, QUI e QUI).Ma andiamo con ordine. Tutto comincia con un annuncio funebre pubblicato su detto giornale domenica scorsa, in cui – senza troppi giri di parole –i sé dicenti «marito e suoceri» (che tali non sono né possono essere per l’ordinamento italiano) rendevano nota la morte del cosiddetto «compagno», piegando il significato dei vocaboli e sfruttando un momento di intimo dolore familiare per una propaganda ideologica alla quale il giornale diocesano si è ben guardato di opporre resistenza, fosse solo per buon gusto: ma – si sa – pecunia non olet ed una testata in profonda crisi di lettori non può permettersi di incrinare la principale fonte delle sue entrate (ovvero le numerose «pagine dei morti», come abitualmente vengono chiamate a Bergamo).Passato il primo momento di stupore (se mai la lettura dell’Eco di Bergamo possa ancora stupirci), proseguiamo ed apprendiamo che «i funerali avranno luogo […] nella Parrocchiale di Albino», ovvero – senza batter ciglio né porsi alcun problema – l’autorità religiosa ha accordato le esequie ecclesiastiche. Tutto bene? Mica tanto.Ricordiamo che – secondo il n. 1684 del Catechismo della Chiesa cattolica – «le esequie cristiane sono una celebrazione liturgica della Chiesa. Il ministero della Chiesa in questo caso mira ad esprimere la comunione efficace con il defunto come pure a rendere partecipe la sua comunità riunita per le esequie e ad annunciarle la vita eterna» e «le esequie ecclesiastiche, con le quali la Chiesa impetra l’aiuto spirituale per i defunti e ne onora i corpi, e insieme arreca ai vivi il conforto della speranza, devono essere celebrate a norma delle leggi liturgiche» (can. 1176 § 2 c.d.c.).Appare del tutto evidente dall’annuncio funebre pubblicato che ci si trovi innanzi – da parte del defunto e dei suoi familiari (nonché da parte del cosiddetto «compagno») – ad una situazione di oggettiva adesione – anzi esaltazione e propaganda, che non si smorza neppure davanti alla morte, ed anzi la usa a fini ideologici – a valori incompatibili con la fede cattolica, sui quali la Chiesa si è definitivamente ed infallibilmente espressa nei nn. 2357-2359 del Catechismo.Il Codice di diritto canonico, quindi, disciplina con chiarezza «a chi si devono concedere o negare le esequie ecclesiastiche», come recita la rubrica del titolo III – capitolo II.Il primo paragrafo del canone 1184, puntualmente applicato anche in occasione di famosi defunti, dispone che «se prima della morte non diedero alcun segno di pentimento, devono essere privati delle esequie ecclesiastiche […] gli altri peccatori manifesti, ai quali non è possibile concedere le esequie senza pubblico scandalo dei fedeli», per poi aggiungere che «a chi è escluso dalle esequie ecclesiastiche, deve essere negata anche ogni Messa esequiale» (can. 1185). E, a meno che l’annuncio funebre sia stato pubblicato prima della morte (il che, ci sia permesso, lo riteniamo davvero poco credibile), ogni elemento porta convintamente a credere che nessun segno di pentimento sia stato espresso, escludendo anche «qualche dubbio» (can. 1184, §2, c.d.c.) che impone di consultare l’Ordinario del luogo.È del tutto evidente che la Chiesa cattolica, con tali norme, non intende punire alcuno dei suoi figli né dare alcun giudizio circa la sua salvezza eterna (la quale spetta solo a Dio), ma – come in tutti i suoi atti, che sono di una «mater et magistra» – si pone come unico fine l’esclusione del pubblico scandalo e la salvezza di tutte le anime affidate alla cura sua e dei suoi pastori, tra i quali vi è don Giuseppe Locatelli [foto sotto], classe 1950 e dal 2007 Parroco di Albino (uno dei Comuni bergamaschi più colpiti dall’epidemia di coronavirus…), il quale non pare essersi posto alcun problema circa l’esistenza del peccato, il rispetto e l’obbedienza alla Chiesa né la tutela della salute delle anime dei suoi parrocchiani.E così, dopo questa parata ideologica alla quale (ancora una volta, purtroppo) la Chiesa bergamasca non ha avuto il coraggio di sottrarsi (ed anzi offrendosi quale altoparlante), speriamo almeno che alle esequie, celebrate seppur vietate, seguano le Messe in suffragio per il defunto, queste sì non solo ammesse ma incoraggiate, affidando l’anima del peccatore manifesto e non pentito al Giudizio di Dio.L.V.
Tratto da: Messa in Latino